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Recensione – Rebel Moon: Parte 2 – La Sfregiatrice: l’antiblockbuster di Zack Snyder

Zack Snyder conclude il costoso dittico prodotto da Netflix con il colossal Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice avente come protagonista Sofia Boutella.
Rebel Moon - Parte 2: la recensione del film di Zack Snyder

Dopo il controverso Rebel Moon – Parte 1: La Figlia Del Fuoco, il regista Zack Snyder completa il suo dittico attraverso il colossal Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice, il quale conlcude la storia di uno dei colossal più costosi mai realizzati da Netflix. Il film, attualmente disponibile sull’omonima piattaforma streaming, sarà riuscito ad evolvere il worldbuilding tanto ambizioso del regista?

La trama di Rebel Moon: Parte 2 – La Sfregiatrice

Gli eventi del sequel di Zack Snyder sono ambientati subito dopo la fine della prima parte, essendo il capitolo di un’unica opera girata contemporaneamente. Il film presenta infatti la seguente trama:

Kora è tornata sul villaggio di Veldt insieme ai guerrieri Nemesis, Tarak Decimus, Titus, Milius e Darrian Bloodaxe, pronti per avere una nuova vita. Tuttavia vengono presto a scoprire che, nonostante la dipartita dell’ammiraglio Atticus Noble, la legione militare di Mondo Madre tornerà comunque a riscuotere il grano tra 5 giorni. I guerrieri ed i contadini del villaggio sono quindi pronti a preparare una trappola per difendere la loro terra. Tuttavia Kora non sa che Atticus Boble è ancora vivo ed è pronto a vendicarsi.”

Rebel Moon: Parte 2 - la Sfregiatrice: il film di Zack Snyder con Sofia Boutella

La recensione di Rebel Moon: Parte 2 – La Sfregiatrice

Bisogna parlare subito dell’elefante della stanza: la fotografia di Rebel Moon: Parte 2, curata ancora una volta dallo stesso Snyder, è un pugno in un occhio. Passino i colori che vengono privati di qualsiasi sfumatura accesa per evidenziare lo sporco e la polvere, ma qual’è l’obiettivo di tale scelta se la messa a fuoco non c’entra mai l’ambiente che c’è attorno? Se si considera la luce sui personaggi è ancora peggio, perché l’ottica è talmente deformata da alterare i loro volti, relegandoli a figure di cui è davvero difficile capire le espressioni facciali persino nei primi piani. Inoltre durante diverse scene d’azione, se non fosse per la corporatura ed i vestiti, sarebbe impossibile distinguere le figure che lottano tra loro, poiché il dolore della battaglia non si sente a causa dei visi che diventano praticamente invisibili a causa della già citata messa a fuoco. Zack Snyder è diventato direttore della fotografia perché le sue richieste sono risultate così difficili da ottenere il rifiuto di diversi professionisti del settore che hanno reputato l’obiettivo impartito dal regista inapplicabile, così l’autore ha deciso di lavorarci lui stesso, ma, se questo deve essere il risultato, si spera che il cineasta abbandoni la mansione il prima possibile e si limiti semplicemente a girare.

Tuttavia anche la parte registica è discutibile, perché si è lontani dai momenti che hanno permesso a Snyder di distinguersi dagli altri cineasti. Ci sono alcuni punti in cui si può riconoscere un autore con l’intento di immergere lo spettatore nell’anima dei personaggi, in particolare la scena di una donna che cade da un dirupo nella stessa inquadratura in cui un palazzo reale crolla di fronte a lei, segno di una civiltà spazzata via dalla dittatura che crea un parallelismo con la speranza che muore. Il duello finale, realizzato a colpi di spade laser all’interno di un’astronave che crolla sotto il peso della gravità, si lascia andare a movimenti di macchina in cui i rallenty e la CGI avvolgono i protagonisti della battaglia con il giusto dinamismo, percependo la stessa creatività che era presente nel tridimensionalismo di Sucker Punch, dando epicità. Purtroppo le parti citate si riassumono in 5 minuti su almeno 45 di battaglie piatte e monotone, con piani sequenza banali e momenti in cui il regista si limita semplicemente ad alternare campo e controcampo. Come mai un blockbuster in cui l’autore ha avuto completa carta bianca appare così spento? La risposta arriva quando si notano omaggi non solo a Star Wars ed a I Sette Samurai, ma anche a I Magnifici 7 (remake americano del film di Kurosawa): Snyder cerca di omaggiare il cinema classico puntando su inquadrature più “semplici” e meno ricercate, in modo da rendere le sequenze più dirette, ma questo miscuglio trasforma il classicismo ricercato in completa piattezza. L’autore riprova ad inserire la slow motion in alcune scene d’azione, ma ha di nuovo la folle idea di svolgere l’action soltanto attraverso tale tecnica, rendendo tutto eccessivamente lento e rovinando delle belle coereografie perché ogni cosa appare finta e preparata. Fortunatamente non è come la prima parte in cui tutte le sequenze action sono così, ma quando non viene usata la slow motion ritorna la piattezza senza guizzi citata in precedenza.

In questa mancata ricerca del classicismo che ha fatto grande il cinema, Zack Snyder vuole nuovamente rifarsi anche a Terrence Malick, autore che è stato già sua grande fonte di ispirazione. Durante la raccolta del grano le inquadrature si soffermano sul tocco dell’erba, sugli insetti che camminano su di essa e persino sull’acqua che fornisce ristoro ad uno dei guerrieri, quest’ultimo un elemento molto caro a Malick: il tutto è accompagnato da rallenty per far sentire ancora di più il suono del grano tagliato ed il sudore della fatica dei contadini. L’intento di Snyder è quello di evidenziare la grandezza degli sforzi umani a contatto con la natura che crea la base della prosperità di un popolo. Tale elemento sarebbe molto apprezzabile nei primi due minuti… che però poi diventano dieci. Non sarebbe la prima volta che un regista focalizza una grande fetta del suo racconto su un unico momento apparentemente inutile che invece è fondamentale per caratterizzare i personaggi anche solo attraverso simbologie, con la macchina da presa che parla al posto dei dialoghi. Il problema è che, fatta eccezione della bella scena con Nemesis, non ci sono sguardi tra i protagonisti che facciano comprendere la loro crecita o il loro legame, perché Snyder si focalizza sul grano, sulle mani e sugli attrezzi da lavoro, ma non sui loro volti. Quello che vuole essere un momento coraggioso per mostrare al pubblico un cinema più particolare serve in realtà solo a rallentare ed appesantire la narrazione.

Recensione - Rebel Moon Parte 2 - La Sfregiatrice l'antiblockbuster di Zack Snyder

La crisi d’identità di Zack Snyder in Rebel Moon: Parte 2 – La Sfregiatrice

L’intento di raccontare una storia classica con temi umanamente profondi si avverte e non è disprezzabile alla base, anzi, si può dire che tutti i personaggi proposti nel film presentano un soggetto che funziona e rispecchia a pieno quello che l’autore ha sempre raccontato: il racconto di Titus, il quale viene tradito dalla sua fiducia nell’onore, è toccante, così come è bella la storia di Magnus, una donna che vede la lotta alla libertà come unico modo per riempire il vuoto che ha perso. Tutti i personaggi del film hanno alle spalle una storia tragica che mostra la loro umanità emergere fuori anche quando sono soffocati dalla cattiveria del mondo: per Snyder il valore di una persona si misura spesso in base a ciò che dimostra di essere dopo aver sofferto. Kora, donna che ha sacrificato la sua gentilezza per inseguire una famiglia militare, scoprendo poi che non c’è posto per lei nella dittatura dell’impero, è una guerriero addestrata da tutta la vita come arma vivente che però diventa padrona del proprio destino per migliorarsi, mettendo al primo posto l’affetto per gli altri e combattere non per uccidere, ma per difendere. Anche in questo caso si tratta di una bella storia, così come altri elementi cari a Zack Snyder: basti pensare a Sam una ragazza che nel primo film era quasi stata stuprata, ma tale donna apparentemente indifesa diventa, nella seconda parte, una combattente in grado di difendere lei ed il popolo. Un altro elemento interessantissimo è Jimmy, un robot che ha perso la famiglia reale incaricato di proteggere, ma il ricordo di essa mantiene ancora i valori con cui è stato programmato e che può usare come esempio per credere in un futuro senza oppressione.

Il problema dei personaggi è la mancanza di approfondimento, perché l’autore si limita a raccontare la loro storia attraverso un flashback di pochi minuti ciascuno, per poi gettare tutti quanti in pasto al combattimento. Al di fuori di questi flashback ci sono pochissimi dialoghi che espandono i loro rapporti, per questo i racconti non sembrano più caratterizzazioni, bensì riassunti. La guerriera Nemesis (interpretata da una bravissima Donna Bae) è l’unico personaggio che ha un inizio, un centro ed una fine: tutto viene raccontato attraverso i suoi sguardi e le sue azioni, arrivando ad un momento anche molto commovente. Il già citato Jimmy è un altro esempio di buona scrittura, perché è uno dei pochissimi personaggi ad avere un reale confronto con Kora. Anche la stessa Kora è salvabile, ma rimane schiacciata dai rapporti mancanti con gli altri guerrieri che fanno sentire un vuoto percepibile durante il film, perché tutti gli altri sono delle figure senza una giusta caratterizzazione. A che cosa serve riunire così tanti personaggi protagonisti se poi non c’è un intreccio tra essi? Paradossalmente è l’impero ad uscire meglio di tutti: l’ammiraglio Noble è ben evidenziato sia nel suo sadismo che nel suo unico interesse di avere una poltrona accanto ai senatori, mostrando come spesso la dittatura non sia altro che un pretesto violento per arrivare più velocemente al potere. Interessante anche la messinscena del suo egocentrismo, mostrato attraverso la sua postura militare che mostra tranquillamente sul campo di battaglia, non curante dei proiettili che schiva camminando senza fretta, poiché pensa che il suo esercito sia invincibile di fronte ai contadini. Un buon villain tuttavia non può salvare un film se la maggior parte dei suoi protagonisti sono totalmente vuoti, anche quando si avvertono le ottime performance del cast.

Oltre alla problematica legata allo sviluppo dei personaggi, è anche fastidioso quando il generale Titus dice ai contadini di non avere mai pietà: avendo lui un passato da gladiatore, Snyder vuole unire Star Wars con la mitologia romana, mischiando un ribelle come Magnus alla mentalità di un guerriero antico come Titus. Tuttavia non è bello sentire un personaggio buono che si avventa in modo così feroce contro i suoi nemici, soprattutto quando tutti gli altri parlano dell’importanza del difendere gli altri e persino della bellezza di vivere. Ancora una volta Snyder vuole mischiare così tante cose che finisce per creare un contrasto sbagliato che causa una crisi d’identità nella sua messinscena. La battaglia finale, che occupa mezzo lungometraggio, non è quindi controbilanciata da un approfondimento e, dal momento che manca l’epicità visiva per realizzare un blockbuster potente, non ha una durata giustificata e fa pensare che l’autore avrebbe potuto benissimo unire la prima parte con la seconda in un unico film da 3 ore.

Recensione: Rebel Moon Parte 2 di Zack Snyder

Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice è la conferma di un progetto completamente sbagliato che, nonostante il buon soggetto, non solo non fa percepire i muscoli del budget, ma mostra la confusione di Zack Snyder che, per essere fedele sia al cinema classico che al proprio stile registico, finisce per non raggiungere nessuno dei due creando un piatto minestrone che lo rendono irriconoscibile.

1,0
Rated 1,0 out of 5
1,0 su 5 stelle (basato su 2 recensioni)
Recensione - Rebel Moon Parte 2: La Sfregiatrice di Zack Snyder
Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice
Rebel Moon – Parte 2: La Sfregiatrice

Rebel Moon - Parte 2: La Sfregiatrice è il secondo capitolo del colossal sci-fi di Zack Snyder. Nel film Kora ed i suoi compagni tornano su Veldt per difendere il villaggio dalla Madre Terra che sta per invaderlo chiedendo vendetta.

Voto del redattore:

4.5 / 10

Data di rilascio:

19/04/2024

Regia:

Zack Snyder

Cast:

Sofia Boutella, Ed Skrein, Djimon Hounsou, Doona Bae, Anthony Hopkins, Michiel Huisman, Staz Nair

Genere:

Sci-fi, action, fantasy

PRO

Le interpretazioni del cast
Le scenografie
La colonna sonora di Junkie XL
Il soggetto
La pessima fotografia
La regia piatta
La mancanza di approfondimento dei temi
La caratterizzazione dei personaggi