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“Judas and the Black Messiah”: storia di un’ideologia rivoluzionaria!

“Judas and the Black Messiah” è un film del 2021 diretto da Shaka King, qui al suo secondo film. Il probabile vincitore dell’Oscar per il miglior attore non protagonista, Daniel Kaluuya (“Scappa – Get Out”), interpreta il carismatico leader delle Pantere Nere, Fred Hampton. Ma non è tutto, il film conta altre 5 nomination agli Oscar di quest’anno (Miglior Film, Miglior attore non protagonista per Lakeith Stanfield, Miglior sceneggiatura originale, Miglior fotografia e Miglior canzone). Per quanto riguarda la distribuzione, è uscito nelle sale cinematografiche statunitensi, ed in contemporanea su HBO Max, a partire dal 12 febbraio 2021; in Italia è arrivato direttamente in streaming il 9 aprile dello stesso anno.

Ispirato a eventi realmente accaduti, “Judas and the Black Messiah” è la storia raccontataci dal “giuda” in questione, l’informatore dell’FBI William O’Neal (Lakeith Stanfield), infiltrato nel partito delle Black Panther dell’Illinois con l’incarico di tenere d’occhio il Presidente Fred Hampton (Daniel Kaluuya).

Piccola curiosità, i due attori si sono già incontrati in “Get Out – Scappa”. Detto questo, il cast è corposo e avrebbe sicuramente potuto meritare una considerazione maggiore da parte dei Sag Awards per inserirlo tra i film del miglior cast, appunto. Abbiamo Jesse Plemons (“Sto Pensando di Finirla Qui”) che interpreta l’agente federale Roy Mitchell, Dominique Fishback nel ruolo di Deborah Johnson e Martin Sheen (“Apocalypse Now”) che qui impersona il direttore dell’FBI dell’epoca, J. Edgar Hoover. Quest’anno il black cinema ci ha regalato opere non indifferenti, da “Da 5 Bloods” passando per “Quella Notte a Miami…” e finendo con questo “Judas and the Black Messiah”, film che ci racconta un’epoca e un’ideologia rivoluzionaria mescolando la narrazione tipica del cinema di genere con una sceneggiatura impegnata nel farci comprendere in 2 ore cosa effettivamente rappresentasse il partito delle Pantere Nere e il suo presidente Fred Hampton. Daniel Kaluuya sforna una prestazione ad hoc per l’occasione e si conferma un attore di spessore in ascesa: il suo Fred Hampton è poetico nei suoi discorsi, mette il cuore in quello che fa e in quello che dice perché ama la gente, diventa un vero e proprio messia come ci suggerisce il titolo, portando avanti i suoi ideali anticapitalisti e socialisti. La storia d’amore tra lui e Deborah non risulta mai essere ingombrante, anzi, aggiunge attimi di tenerezza ad un film in continua tensione per la battaglia che tutta la popolazione nera combatteva in quel periodo storico (e non solo, purtroppo).

“I’m a revolutionary”

Grida Hamtpon, facendosi scuola anche con i meravigliosi discorsi di Malcolm X
Lakeith Stanfield (William O’Neal) in una scena del film

All’opposto, William O’Neal si lascia facilmente coinvolgere dall’FBI dopo essere stato beccato mentre fingeva di essere un federale per rubare un’auto ad un membro dei Crowns, e diventa il nostro giuda in questa storia. William, chiamato quasi sempre Bill, si fa strada nel partito e diventa una colonna portante per le Pantere Nere, fino a diventare il capo della sicurezza. Durante tutto il film ci viene mostrato in eterno conflitto con sè stesso per le quello che sta compiendo: annullare tutto il lavoro di Fred Hampton, Bobby Seale e delle Pantere Nere, ritenute troppo pericolose dal governo americano. Tra la paura di essere scovato come “ratto” (spia) e i rimorsi per le sue azioni, crede in quello che fanno le Pantere e si affeziona ai suoi membri, soprattutto al Presidente Hampton; eppure, nonostante possa sembrare barcollante ogni tanto, fa tutto quello che l’agente Mitchell gli chiede e accetta ben volentieri ricompense corpose. Insomma O’Neal è il giuda perfetto: un uomo del popolo dilaniato dai sensi di colpa ma alla fine pronto a vendere la causa rivoluzionaria per 200.000 dollari e un’attività. Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, viviamo la storia dal suo punto di vista perché è il vero protagonista del film; anche la narrazione ce lo fa presente e alterna, con il montaggio, video reali e le ricostruzioni dell’intervista “Eyes On The Prize 2”, andata in onda il 15 gennaio 1990 in occasione del Martin Luther King Day (il film ci mostra anche uno scorcio del vero William O’Neal proprio durante quell’intervista). La caratterizzazione di Bill è volutamente sfuggente, viene usato come gli occhi del pubblico all’interno del partito delle Pantere Nere mentre si ammira la figura quasi mitologica di Fred Hampton, e delle volte sentiamo anche questo continuo dilemma tra convenienza personale e ideologia. Ottima anche la caratterizzazione velata costruita attorno al personaggio di Roy Mitchell: non perde mai occasione di ricordare a Bill che lo ha reclutato, che gli sta “grattando la schiena” per esserla “grattata” a sua volta, sempre con tutta l’arroganza del white power afferma di non vedere differenze tra il Klu Klux Klan e le Pantere; eppure nonostante questo, ogni qual volta lo vediamo interagire con colleghi e superiori, con i suoi sguardi e i suoi movimenti Jesse Plemons comunica tantissimo (in realtà anche in degli attimi con Bill), lasciando intendere che sotto le convenzioni del suo lavoro c’è tanto altro.

La fotografia di Sean Bobbitt è sempre molto fredda, saturata, sia in esterni che in interni, però in quest’ultimi gioca molto con i contrasti portati dalle luci artificiali, sfruttandole al meglio. Il risultato è sorprendente, tanto da guadagnarsi una nomination agli Oscar. Perfette per le atmosfere tese del film anche le musiche firmate da Mark Isham e Craig Harris. Il montaggio curato da Kristan Sprague fa bene il suo lavoro, e come detto anche prima, alterna alcuni momenti del film con video reali per dare una spinta semi documentaristica, e scorci dell’intervista da cui prende le mosse il tutto. La regia di Shaka King è ottima per quanto riguarda la direzione degli attori, mentre per quanto riguarda le inquadrature è un po’ più standard, non ha particolarità e non risulta certo memorabile, però come abbiamo detto per il montaggio qui vale la stessa cosa, fa il suo lavoro.

“Judas and the Black Messiah” è un film che mescola perfettamente il cinema mainstream con l’impegno civile, presentando un contenuto complesso ricco di sfumature ma perfettamente fruibile al pubblico generale. Un grido contro le ingiustizie, al di là del colore della pelle, il capitalismo viene raccontato come una brutta bestia che colpisce tutti senza distinzioni, e solo il popolo unito può rovesciarne il marcio. Tanta sofferenza, un ritmo serrato per le varie tensioni interne ed esterne, una sceneggiatura tagliente e potente, un’ottima aderenza storica: una formula che dà vita ad un film bellissimo con un messaggio ricco di forza.

Daniel Kaluuya nei panni di Fred Hampton durante una scena del film

“Puoi uccidere un rivoluzionario, ma non una rivoluzione!”

Fred Hampton

– Christian D’Avanzo