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“Luca”: un’estate libera contro la disuguaglianza

Nell’ultimo anno ci sono scelte abbastanza discutibili sulla destinazione di certe opere e probabilmente una delle peggiori è il fatto che la Disney abbia deciso di sacrificare l’ultimo film della Pixar per Disney Plus piuttosto che darlo alla sala nel momento in cui finalmente i cinema stanno riaprendo….. ma al di là di queste controversie, com’è la prima opera di questo importante studio ambientata in Italia e diretta dal nostrano Enrico Casarosa? Scopriamolo.

Siamo negli anni 60 e nel mare della Sicilia abitano delle creature acquatiche umanoidi che vivono in pace, ma che vengono visti con terrore dagli abitanti della superfice che spesso tentano di cacciarli. Luca è un abitante di questo mondo subacqueo all’inizio della sua pubertà… ed è tanto curioso di andare nel regno della superficie contro le raccomandazioni dei suoi genitori. Incontra un ragazzo della sua stessa specie di nome Alberto e stringono una forte amicizia prima di andare nel regno degli umani dove il loro modo di vedere le cose cambierà per sempre.

Dal punto di vista d’animazione era scontato che l’opera fosse semplicemente perfetta, con fondali marini che rievocano tutta la loro purezza, animazioni profondamente fluide e realistiche unite a personaggi che sembrano essere usciti da un film d’animazione tradizionale per il loro design buffo e gradevole. Splendidi i colori delle atmosfere notturne, senza contare la bellezza del cielo blu per cui puoi quasi sentire il calore del sole estivo che tocca la pelle dei ragazzi, ma la cosa che colpisce di più è la rappresentazione dei sogni che hanno l’aspetto di dipinti che richiamano alle creazioni della propria infanzia toccando però i vertici dell’eleganza. Le ambientazioni, che richiamano a paesini dell’Italia negli anni 60, sono ricreate in ogni singolo dettaglio e la colonna sonora curata da Dan Romer richiama a delle sensazioni davvero dolci, accompagnate anche da musica italiana del periodo.

A prescindere dalla bellezza visiva, una delle forze maggiori del film è il suo richiamo al respiro, evidenziato dalla voglia dei ragazzi di girare per ogni luogo amando ogni elemento dell’essere umano. Un inno alla semplicità che mostra non solo una voglia di vivere, ma anche una forte voglia di esplorare e buttarsi continuamente verso il mondo esterno, caratteristica che va in contrasto con l’essere apprensivi da parte dei genitori di Luca, i quali tengono alla sua sicurezza ma eccedono a tal punto da soffocarlo. Quest’ultima caratteristica da un lato fa sembrare questo film quasi un misto tra “Alla Ricerca di Nemo” e “Coco”, in cui viene messo in evidenza il lato genitoriale che non deve comprimere dei ragazzi che vogliono sapere e che si sentono sempre di più loro stessi contro la tradizione (qui travestita da sicurezza) che non permette loro un’evoluzione che possa far raggiungere un equilibrio.

Se la forte voglia di imparare dei ragazzi aumenta quella grandezza del gioco estivo che ha il sapore di libertà, dall’altro lato è forte il lato inclusivo: è palese che la caratteristica mostruosa dei protagonisti è un rimando agli immigrati o a qualunque altra persona straniera che difficilmente riesce ad integrarsi a causa delle ostilità del luogo che è superstizioso delle apparenze. La superstizione in questo film viene combattuta non solo con l’amicizia delle razze, ma con il sottile fatto che le persone accettano tranquillamente altri individui se il loro primo pensiero non è da quale mondo vengono: Giulia fa amicizia con i due protagonisti perché ha visto in loro una grandissima voglia di riscattarsi e si è concentrata sulle passioni che hanno loro in comune. Anche il suo stesso padre è una figura che sembra richiamare a qualcosa di più burbero a prima vista, ma appena si parla un minimo con lui subito si nota il suo animo buono e rispettoso, mentre la sua disabilità nell’essere senza braccio ma allo stesso tempo di essere un bravissimo padre e lavoratore mostra la grandiosità di riuscire a vivere senza limiti. Un altro ponte molto gradevole del film inoltre è questo inno alla libertà giovanile accompagnato alla saggezza delle persone più anziane, di cui l’unione generazionale crea un equilibrio positivo che può aiutare il mondo contro la disuguaglianza.

Certo, l’opera non è perfetta, perché i concetti espressi, seppur simbologicamente bellissimi, sono rappresentati con una forte semplicità accompagnata da un’atmosfera avventurosa che intrattiene tanto ma che non è di certo audace come altre opere della Pixar come “Soul” ed “Inside Out”. Il difetto principale è il villain Ercole, estremamente stereotipato e tipico bulletto senza una caratterizzazione particolarmente riuscita salvo il simbolismo che c’è verso la fine quando inquadra meglio i protagonisti. Ma per quanto sia un film semplice, “Luca” ha la forza di rappresentare bene una forte amicizia e di creare atmosfere che fanno rilassare e divertire il pubblico ricordando loro la bellezza della vita e della positività contro ogni forma di pregiudizio. Non sarà una delle più grandi opere della Pixar, ma nonostante ciò, la casa di produzione ancora una volta ha sfornato un film d’animazione che può tranquillamente essere selezionato tra le migliori opere occidentali… e dispiace tanto di non aver visto questa opera nelle sale, perché il pubblico sarebbe uscito fuori dai cinema con un grosso sorriso.

Andrea Barone