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“La Terra Dei Figli”- Quando il cinema post “Gomorra” continua a stupire!

Claudio Cupellini torna dietro la macchina da presa, per dirigere stavolta un film tratto da una Graphic Novel di Gipi, dal titolo “La Terra dei Figli”.
Il film omonimo racconta la storia di un mondo post apocalittico, devastato da veleni non meglio precisati, in cui un padre e un figlio si ritrovano a vivere, in un clima teso, e dove violenze e brutalità regnano sovrane.
I pochi superstiti vivono seguendo la regola “morte tua, vita mia”, mettendo in seria difficoltà un padre malato e impaurito che al figlio possa accadere qualcosa.
L’opera del regista italiano, oltre a colpire per la straordinaria messa in scena, ci mostra un racconto di formazione, in cui il nostro giovane protagonista, interpretato dal bravissimo Leon de La Vallée, si ritroverà a vagare per campi sterminati, a navigare sulle acque putride riempite di corpi di essere umani che sbucano dall’abisso, in cerca di risposte, in cerca di altri come lui, ma soprattutto in cerca di se stesso, e dei sentimenti che ha sempre represso.
Repressi però per egoismo?
No, per vivere!


Paolo Pierobon, nei panni del padre, è costretto a non manifestare amore o sentimenti al figlio, per paura che la gente, una volta morto, si approfittasse della bontà del ragazzo.
Aggiungiamo che, dopo questo disastro, tutti i padri avevano ucciso i propri figli neonati, per non far vivere loro in quel nuovo mondo senza un domani.
Un domani che, con determinazione, e incoscienza, il nostro protagonista vorrà vivere, per non rendere vano il gesto del padre che lo ha cresciuto e salvato, per tener fede alla speranza.
Un film del genere, così sperimentale, incisivo, forte, violento, e duro, è perfetto per un regista come Cupellini.


Matteo Garrone, con il suo film “Gomorra”del 2008, ha creato un nuovo modo di fare cinema, che tutt’oggi ha successo e vanta film su film.
Cupellini, così come Sollima, per citare un altro nome importante, fa parte di questa scuola di pensiero.
Un cinema che si impronta sul realismo puro, talvolta spietato e cinico.
Non c’è spazio per banalità o retoriche.
La fotografia di Gergely Pohárnok sa essere fredda come gli animi dei protagonisti, così come sa mutarsi in cupa, per mostrarci il buio della perdizione che ogni personaggio custodisce dentro, allo stesso tempo sapendo diventare più calorosa dal momento in cui il giovane “figlio” può comprendere cosa significhi la parola “amore”.
Il percorso del protagonista verso la scoperta di se stesso, lo porterà a incontrare quei personaggi da cui il padre, una volta, lo teneva alla larga.
Moderni “Gatto e Volpe”, pronti ad usare giovani adolescenti segregati in gabbie per altri fini, uomini desolati che han perso la speranza e che, come mercenari, si limitano ad ascoltare ordini di altri disperati e ad uccidere la carne fresca. Forse l’unica di cui ci si possa cibare di questi tempi grigi.
Menzione speciale va ad un immenso Valerio Mastandrea, in un ruolo decisamente iconico, e diverso dal solito.
Si lavora sul suo corpo, con dei ritocchi di CGI decisamente validi, che lo rendono quasi un personaggio burtoniano, uscito da un “Big Fish” dei nostri tempi.


In effetti “La terra dei figli” è una fiaba dark, che potremmo considerare il sequel spirituale de “Il racconto dei racconti” di Garrone.
Un cinema che vediamo di rado in Italia, che bisognerebbe sostenere ma che, ahimè, molto spesso passa in sordina.
Quando l’ho visto in sala, non c’era nessun altro.
Desolazione totale.
Ormai comincio a pensare che quei trailer che vediamo prima dei film, con la dicitura “Solo al Cinema”, abbiano un doppio significato!
Meglio sdrammatizzare!
Per concludere, non posso far altro che constatare quanto Cupellini sia tornato in grande stile, dopo “Alaska” del 2015, e attendendo di rivederlo con l’ultima imperdibile stagione di “Gomorra”, da lui diretta, assieme a Marco D’Amore.

“La Terra Dei Figli”, in tutti i cinema.
Da non perdere!

Paolo Innocenti