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“Sognando a New York – In the Heights”: da Broadway al cinema il fallimento è dietro l’angolo

“Sognando a New York – In the Heights” è un film musical del 2021 diretto da John M. Chu, la cui esperienza in questo campo è stata già segnata con i sequel di “Step Up”, ma ha anche diretto una commedia intitolata “Crazy & Rich” (candidata ai Golden Globe 2019). Le musiche sono state firmate invece da quella grande mano di Lin-Manuel Miranda, autore dell’immenso “Hamilton”, vincitori di numerosi Tony Awards e nominato agli scorsi Golden Globe.

La trama è incentrata su Usnavi (Anthony Ramos), figlio di dominicani immigrati a New York e che gestisce una bodega a Washington Heights, il quartiere a nord di Manhattan abitato da una popolazione prevalentemente ispanica. Usnavi ha un sueñito, un piccolo (grande) sogno: restaurare il chiringuito che il padre possedeva a Santo Domingo e abbandonare la vita di fatica della bodega. Ma il ragazzo appartiene al quartiere, che è come una seconda famiglia: dalla “nonnina” Claudia che ha adottato tutto il barrio al cugino Sonny a Vanessa, l’estetista con il sueñito di diventare stilista di moda, di cui Usnavi è da sempre innamorato. E abbandonare le Heights non sarà per lui così facile.

“Sognando a New York” è l’adattamento cinematografico dello show di Broadway “In The Heights” che ha conquistato quattro Tony, fra cui quello per il miglior musical. Il problema è che da Broadway al cinema il fallimento è dietro l’angolo e purtroppo per noi, questa volta è andata decisamente storto l’adattamento. Partendo dal presupposto che le basi per far bene c’erano tutte, dalle musiche di Lin-Manuel Miranda distinguibili per il suo stile a dir poco calzante, in modo da mescolare parlato e canzoni nei dialoghi, a un regista, John M. Chu, che ha già la sua esperienza nel mondo del cinema e nel mondo dei musical nello specifico. Nonostante queste belle premesse, il risultato come già anticipato, è un fallimento abbastanza netto. Se ci si informa sul musical si potrà notare che per quanto riguarda l’adattamento cinematografico sono stati fatti cambiamenti anche abbastanza netti, perdendo il cuore dell’opera e dando vita ad una serie di personaggi che raccontano sé stessi scadendo però in archetipi triti e ritriti. Già, perché l’obiettivo del film è narrare i sueñiti degli abitanti del barrio dominicano a New York, ogni persona con il suo piccolo sogno da coltivare e realizzare ci racconta sé stessa cantando. In realtà però avrebbe dovuto contenere messaggi di forte identità culturale e di coesione popolare, avrebbe dovuto narrare una storia d’impatto per un ampio pubblico, ed invece si limita a dare spazio a tanti personaggi diversi e non lo fa nemmeno molto bene perdendo il focus. Altro problema è sicuramente una direzione non particolarmente brillante, dato che la musicalità delle canzoni va più forte delle coreografie eccessivamente statiche la maggior parte delle volte, e i movimenti di macchina raramente hanno dei guizzi interessanti (per il resto piattezza assoluta). La postproduzione si fa sentire pesantemente, è un film inutilmente ritoccato ed urla a squarciagola la propria artificialità, perdendo il suo possibile ruolo da specchio del vero. Persino Lin-Manuel Miranda è racchiuso nella staticità di un personaggio, un venditore di granite che canticchia una canzoncina per far piacere lo spettatore e nulla di più. Incredibile come la narrazione di questo film divaghi e faccia perdere di concentrazione chi lo sta guardando, rendendo le 2h23 di durata davvero ardue da superare. Per di più aggiungici che nessuno degli espedienti narrativi è meritevole di lode o quanto meno riesce a sorprendere, sono tutti amaramente prevedibili e il più delle volte banalizzano il tutto. L’abuela Claudia è legata al Blackout, c’è un prima e dopo di lei, altrimenti non si spiegherebbero nemmeno le scritte che precedono e postcedono questo evento, enfatizzandone l’importanza ai fini della storia (e nemmeno ci sono riusciti più di tanto). Usnavi (nome datogli dalla nave americana U.S. Navy) assomiglia molto ad un adolescente piuttosto che ad un quasi trentenne, si limita a sbavare dietro a Vanessa e ad essere un sognatore che vorrebbe tornare in patria vittorioso, non scava mai oltre la superficie e la monodimensionalità è dietro l’angolo (per tutti i personaggi in realtà). Nina (Leslie Grace) è la classica ragazza in crisi che vuole lasciare gli studi dopo che tutti avevano ripiegato grandi speranze su di lei, mente spudoratamente al padre sull’università e cerca di capire cosa vuole dalla vita; Vanessa (Melissa Barrera) è una ragazza che ama farsi notare ma al contempo ha occhi solo su Usnavi, solo che come due adolescenti fanno fatica a dirsi che si vogliono. Ha il sogno della moda e vorrebbe abbandonare il suo barrio per qualcosa di più, non si rispecchia molto nella vita da pettegole delle sue amiche e colleghe del salone di bellezza, le definisce quasi povere di contenuto. Sono personaggi che non riescono ad uscire dalla gabbia, sia della vita vista nel film, sia dalla banalità degli archetipi narrativi di quest’ultimo (anche l’happy ending finale è telefonatissimo).

In conclusione, “Sognando a New York – In the Heights” è un film mal riuscito, intrappolato in superficie insieme ai suoi personaggi, eccessivamente ritoccato al montaggio, ridondante e vuoto di contenuto. Probabilmente uno dei film più noiosi che potete trovare in sala, poco spettacolare e decisamente poco chiaro, nemmeno le canzoni di Lin-Manuel Miranda hanno potuto salvare l’insalvabile. A proposito di Miranda, è palese il tentativo di richiamare molto il successo di “Hamilton”, richiamando qualcuno del cast (il protagonista del film, il proprietario del furgoncino dei gelati con cui si scontra il venditore di granite interpretato da Miranda stesso). Ma insomma… tutto troppo fuori fuoco!

– Christian D’Avanzo