Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789

Dopo aver trionfato al 74°Festival di Cannes, aggiudicandosi la Palma d’Oro, è arrivata nelle nostre sale (purtroppo in poche), la seconda opera di Julia Decournau, dal titolo “Titane”.
La talentuosissima regista, cresciuta col cinema di Fellini e di Pasolini, continua la sua esplorazione del corpo umano, sviscerandolo (in tutti i sensi), come già aveva fatto nel precedente “Raw – Una Cruda Verità”.
Strizzando l’occhio al primo Cronenberg, si racconta una storia talmente assurda e folle che mai avremmo pensato potesse essere concepita.
Alexia, interpretata dalla bravissima Agatha Rousselle, ha avuto un incidente da bambina, e le è stata inserita una placca di titanio nella testa, che le conferirà una passione sfrenata, morbosa, e malata, verso le automobili. Come ballerina, così sensuale ed erotica, viene desiderata da tutti, ma sembra che solo con la sua Cadillac lei riesca a lasciarsi andare, arrivando ad uccidere qualsiasi essere umano la importuni.

Da qui la storia si sviluppa, provocazione dopo provocazione, giocando con i corpi, con i non detti, con la trasformazione fisica, e accompagnandoci, stordendoci volutamente, verso la nascita di quel che sarà “nuova vita e nuova forma”, forse ibrido macchina/uomo.
Un racconto del genere, dove un corpo femminile si lascia possedere e dominare da un’automobile, fino alla nascita di un ibrido, si potrebbe non prendere sul serio, giudicandolo assurdo, eppure la regista qualcosa voleva comunicare. Nemmeno troppo cripticamente si desume che sia importante accettare quello che, non conoscendo, verrebbe da definire “diverso”, qua metaforicamente espresso attraverso un neonato letteralmente cromato. Non da meno la volontà di raccontare, attraverso la vita della protagonista, che per fuggire dalla giustizia dovrà fingersi uomo, la difficile esistenza di chi, per un motivo o per un altro, non sappia ancora capire quale sesso gli appartenga di più, e quindi la propria identità di genere. I temi che possono scaturire dalla visione sono molteplici, e sicuramente non tutti trattati nel migliore dei modi (la religione lievemente abbozzata con una battuta dimenticabile), con provocazioni continue che, alla lunga, potrebbero risultare estenuanti.
Non certo un cinema per tutti, ma anzi, un film che già ha diviso e che continuerà a farlo, che riflette sulle pulsioni corporali, sul corpo che si sfalda, e in cui non ci si riconosce a fondo, capace di riportare in sala il “body horror”, tra scene che tendono a voler scioccare, erotismo, e ironia cinica. Se a livello concettuale si pensa a Cronenberg, alcune scene visivamente ricordano Carpenter, su tutte la bellissima inquadratura della Cadillac che sprigiona la sua possanza durante l’atto sessuale con la nostra Alexie, con i fari che si illuminano e che non possono che farci tornare in mente “Christine – La Macchina infernale”.
Il contrasto non è associabile solamente all’unione “donna – automobile”, ma è anche presente nella colonna sonora, con una bellissima “Nessuno mi può giudicare”, di Caterina Caselli, che accompagna un massacro vero e proprio, senza esclusione di disturbanti sequenze.
Percepiamo quanto il lavoro esistenziale sul corpo umano per la regista sia ancora fondamentale, ma anche quanto alla lunga possa diventare ridondante, da portarmi a considerare il film un passo indietro rispetto alla sua bellissima opera prima. In “Raw” già ci si nutriva di una carna ampiamente conosciuta, mentre qua la si deve ancora vivere, scoprire e plasmare.
Sicuramente il talento e la bravura dell’autrice meritano il plauso in questo periodo importante per le cineaste, sperando che possa essere monito di un futuro prosperoso, in cui magari continuare l’analisi umana, ma con un piglio diverso e altre idee vincenti. Un film che parlasse dei bambini, dopo questo finale, potrei aspettarmelo, alle prese con la scoperta del proprio corpo.
Importante da vedere che piaccia o no, per capire quanto ancora oggi sia importante il linguaggio del corpo, che subisce un rinnovamento nel cinema della regista e sceneggiatrice francese.
Paolo Innocenti
7/10
Christian D’Avanzo: 4 |
Andrea Barone: 5 |
Giovanni Urgnani: |
Andrea Boggione: |
Carlo Iarossi: |