Il massacro di Fort Apache

Articolo pubblicato il 5 Agosto 2023 da Giovanni Urgnani

Diretto dal Maestro John Ford, distribuito nelle sale americane nel 1948, è il primo tassello di quella che in seguito verrà etichettata come la trilogia dei cavalieri, in cui vengono raccontate le gesta della cavalleria americana nel “Far West”. Il resto della trilogia è composto da “I Cavalieri del Nord-Ovest” (1949) e “Rio Bravo” (1950). Tratto dal romanzo di James Warner Bellah “Massacro” (1937) la vicenda è liberamente ispirata alla vita del generale Custer impersonificato labilmente dal colonnello Owen Thursday, interpretato da Henry Fonda.

 

 

Il colonnello è stato appena trasferito al Fort Apache, percepiamo tutta la sua frustrazione nell’eseguire questo ordine, per lui è un vero e proprio affronto nonostante le sue vittorie durate la Guerra di Secessione. Il malessere che si porta dietro lo sfogherà direttamente sui suoi sottoposti, adottando un sistema rigido, intransigente e autoritario. La delusione è accompagnata da un desideroso sentimento di rivincita personale, ha bisogno di una vittoria schiacciante contro i nativi per recuperare quel prestigio, a detta sua perduto. Ma l’orgoglio non porterà altro che dolore e morte, la morte di tanti giovani sacrificati per i propri orizzonti di gloria, ci si renderà conto forse troppo tardi dell’errore commesso perciò non resta che andare incontro al fatale destino insieme al resto del reggimento. A fare da contraltare è il capitano Kirby York, interpretato da John Wayne.

 

 

Rappresenta a pieno l’anima nobile della cavalleria. Militare navigato del posto, cerca inutilmente in più occasioni di obiettare gli ordini spesso repentini del colonnello, rimanendo comunque sempre rispettoso e fedele sia al grado del superiore sia alla divisa che indossa. Il punto di rottura verrà raggiunto quando la faccenda diventerà sempre più personale, quando in gioco ci sono l’onore, l’integrità morale dell’individuo. Sarà protagonista di un finale che funge da antipasto a quello de “L’uomo che uccise Liberty Valance” (1962), infatti difronte ai giornalisti il nuovo colonnello York, promosso a seguito della dipartita di Thursday, dovrà sacrificare la verità degli eventi, almeno in parte, per lasciare spazio al mito che tiene in vita il sistema di cui fa parte da tutta una vita, un mito costruito sulla lealtà e il senso del dovere di ogni singolo soldato. Le interpretazioni di entrambi i personaggi sono lodevoli. La pellicola ci mostra altri due personaggi protagonisti essenziali per comprendere il contesto in cui stiamo vivendo: il forte e il deserto. La vita di frontiera è ostile e isolata, si è completamente in disparte rispetto al resto della civiltà. Nel forte quindi si forma una vera e propria comunità, un microcosmo in cui tutti insieme condividono gioie e dolori, sorrisi e lacrime, l’amalgama permette di raggiungere un legame ed una compattezza per affrontare la solitudine e la desolazione del deserto. Sono fondamentali le sequenze di ballo, di canto e di spensieratezza perché in tal modo riusciamo a respirare quel clima tipico del focolare domestico messo in serio pericolo dall’ostilità dell’ambiente circostante.

A rischio di essere banale, il comparto tecnico di questo lungometraggio è sopraffino, non può mancare la sequenza d’azione “alla John Ford” di cui abbiamo tutti goduto nel capolavoro antecedente “Ombre Rosse”, sempre coinvolgente, carica di pathos e adrenalinica, aggiungiamo anche il modo in cui viene inquadrato l’ambiente circostante con panoramiche e campi lunghi facendoci percepire la figura destabilizzante del panorama desertico. Giunti alla conclusione, bisogna assolutamente accendere il focus su un personaggio che ricorre molto frequentemente nella filmografia del regista. In questa specifica situazione il personaggio si chiama Silas Meacham (Grant Whiters) rappresenta quello che per Ford è il vero male della società, individui che sono mossi dal mero senso egoistico contribuiscono a rovinare gli equilibri della pace. Tale equilibrio viene spezzato dalla vendita di alcol e armi in territorio nativo violando le norme di cui egli stesso dovrebbe esserne rappresentante.