Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789
Dopo l’introduzione al multiverso arrivata nella serie televisiva “Loki”, numerose linee temporali alternative si sono intrecciate… ed il primo assaggio di questo caos avviene con la serie televisiva “What If”, prima che le cose esplodano definitivamente con gli attesi film “Spider-Man: No Way Home” e “Doctor Strange: Multiverse of Madness”. Marvel Studios ha deciso quindi di iniziare creando la prima serie d’animazione ambientata nel MCU. L’opera mostra l’Osservatore, entità misteriosa a guardia delle regole dell’esistenza, che osserva (appunto) vari universi in cui, in ognuno di essi, è successo qualcosa che ha creato delle storie diverse da quello che abbiamo visto nella normale linea narrativa del Marvel Cinematic Universe conosciuta da tutti: magari in un universo Peggy Carter è diventata il super soldato al posto di Steve Rogers, mentre in altri Thor è cresciuto senza Loki… e via dicendo. L’Osservatore non può mai intervenire, ma un evento molto importante inevitabilmente porterà questi universi alternativi ad incontrarsi per forza.
Dal punto di vista dell’animazione, la serie ha davvero uno strano miscuglio: la maggior parte delle volte le scene d’azione sono molto interessanti, con un utilizzo dei colori che spesso brillano (anche giocando con le ombre) richiamando alle tavole dei fumetti con un ottimo uso del cel shading diretto in modo intelligente (notevole soprattutto il quarto episodio, in cui viene realizzata anche una sperimentazione mischiando animazione bidimensionale, ed l’ottavo episodio in cui c’è uno sbizzarimento forte con gli sfondi). La nota dolente, che rende appunto l’effetto strano, sono i volti dei personaggi, che a volte sono espressivi in modo realistico ed altre volte rendono le emozioni avvertibili quanto delle bambole di pezza, a prescindere dai toni del doppiaggio italiano che raggiungono la stessa ottima qualità delle altre produzioni. Non si comprende come mai ci sia questo dislivello nel settore visivo di un’opera prodotta dai Marvel Studios. Il risultato finale comunque è più che godibile.
In questa serie vediamo personaggi iconici entrare su nuove vie, attraverso scelte che hanno completamente rivoluzionato la loro vita forgiando nuove personalità. Un esempio è Doctor Strange, il quale, nell’episodio con lui da protagonista (ogni episodio mostra una nuova storia fino al crossover finale), c’è una rappresentazione del fallimento dell’uomo, il quale, privato di una persona a lui cara, non riesce a reggere il dolore e, pur di non provarlo, cade in una zona oscura che crea problemi al mondo intero perché lui è incapace di accettare ciò che inevitabilmente la vita riserva. Un lato profondamente umano che porta i toni su qualcosa di molto cattivo e coraggioso da mostrare al grande pubblico che solitamente vuole sempre sorridere ad opere del genere, specialmente se destinati ad un pubblico di famiglie come è solito vedere nelle serie animate.
Peccato che ciò che abbiamo appena raccontato sia solamente una bellissima parentesi in una serie che non sfrutta molto il suo potenziale. Non perché le altre storie debbano essere dark, anzi, è bella anche l’idea di variare i toni a seconda di ciò che le trame riservano, ma più delle volte non si da abbastanza spazio alle parti interiori dei personaggi per proseguire con la storia in più in fretta possibile, creando anche delle mancanze nelle scene. La durata di 35 minuti è stata vista come un limite da accettare, ma dopo che serie televisive animate come “Batman: La Serie Animata” e “Spectacular Spider-Man” hanno dimostrato che si può raccontare qualcosa di ben strutturato ed anche profondo in 20 minuti, non ci spieghiamo perché non possano farlo i creatori di questa serie… e se proprio non riuscivano a gestire la durata, non era comunque obbligatorio far durare gli episodi mezz’ora.
Nonostante il potenziale gigante raggiunto solo da un episodio, la serie parte comunque bene mostrando personaggi che conosciamo agire su contesti che non ci saremmo mai immaginati (il cameo di Thanos è divertentissimo) e ci sono alcune sperimentazioni interessanti, che portano nel MCU un tocco di noir ed anche di horror. Tuttavia, più la segue prosegue e più la sperimentazione viene messa da parte per inseguire delle storie che vadano su uno standard che, pur imitando toni tipici del cinema del MCU, rivela spesso momenti che richiamano alle serie animate supereroistiche moderne prodotte dalla Disney, le quali sono formate da superficialità appena abozzate dei personaggi trattati anche se si cerca di accontentare i fan dei fumetti.
Il problema è che la prosecuzione della serie evolve in storie che non solo non vengono approfondite, ma che non hanno delle basi interessanti per creare un evento che renda il what if stampato negli occhi dello spettatore, cercando o di fare remake di opere cinematografiche (che all’inizio funziona nelle variazioni ma che poi stanca) o di puntare su qualcosa di troppo semplice anche per un contesto di base supereroistico (Party Thor) che non sfrutta eventi che possono rendere il prodotto più avvincente, eventi che finiscono anche di avere difetti quando possono sembrare più forti (le pessime reazioni dei personaggi in varie scene della puntata sugli zombie per esempio).
Certo, la presenza di soggetti divertenti che rendono la serie piacevole da guardare ci sono, ma poi arriva il colpo di grazia: l’evento crossover degli universi è probabilmente il più forzato che si sia visto in un contesto supereroistico, attraverso dei buchi narrativi che non solo non fanno capire come mai dei personaggi siano lì, ma che sottolineano anche l’incampacità di non far pesare allo spettatore dei problemi produttivi legati al covid (la presenza di Gamora nella serie ha l’aria di una forte presa in giro). In tutto ciò in varie puntate ci sono numerose incongruenze con lo stesso Marvel Cinematic Universe: va bene che più l’universo si espande e più è difficile gestire le cose inventando soluzioni narrative su cui ci si può passare sopra, ma qui ci sono dei punti che davvero potevano essere evitati semplicemente guardandosi i film o dando un’occhiata maggiore alla gestione, roba da mettersi le mani sui capelli e che fanno desiderare subito la decanonicità della serie che è stata data invece a show molto più validi (vero Daredevil?).
“What If” ha dei difetti davvero pesanti, ma nonostante ciò riesce ad intrattenere grazie a diversi villain che, pur non avendo una straordinaria caratterizzazione (salvo il Dr. Strange alternativo), hanno carisma e la giusta presenza visiva che rendono determinati eventi abbastanza minacciosi da divertire lo spettatore, mentre i personaggi protagonisti che reagiscono a questi eventi (fatta eccezione di un Thor improponibile) reagiscono in modo da metterti curiosità di vedere come va avanti, con dei combattimenti davvero ben curati che divertiranno sia più piccoli che i più grandi. Inoltre le sperimentazioni, pur essendo poche, riescono a dare un minimo di boccata di aria fresca nonostante poi il risultato finale faccia pensare che, pur divertendo, questa serie potesse essere gestita molto meglio e dare molto di più invece di lasciare un prodotto spesso superficiale che a causa di troppe incongruenze diventa mediocre in più punti, con dei finali che vengono troncati in modo inutile tanto da non completare delle storie. Speriamo che nella seconda stagione le cose migliorino.
Voto: 5,5/10
Andrea Barone
Andrea Boggione: 7 |
Christian D’Avanzo: 5,5 |
Carlo Iarossi: |
Paolo Innocenti: 7 |
Giovanni Urgnani: |