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“Madres Paralelas”: Almodòvar colpisce al cuore!

“Madres Paralelas” è il nuovo film del regista spagnolo Pedro Almodòvar, distribuito in Italia dalla Warner Bros. a partire dal 28 ottobre e presentato nel frattempo alla 78esima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (in concorso).

Il film si apre con l’incontro tra Janis (Penélope Cruz) e Arturo (Israel Elealde), antropologo forense che si deve occupare dell’apertura della tomba dove è stato sepolto il bisnonno assassinato durante la guerra civile spagnola; progetto messo in attesa aspettando conferme, e culminando con un incontro di passione tra i due amanti. Parallelamente abbiamo poi l’incontro tra Janis e l’adolescente Ana (Milena Smit) in ospedale, poiché entrambe dovranno diventare madri di una bambina e saranno madri single. Dopo le rispettive nascite, le loro storie si intrecceranno sempre di più.

Pedro Almodòvar con il cast del film

Almodòvar torna in grande stile a trattare uno dei temi più cari e presenti nella sua filmografia: il ruolo della madre. Dopo averci regalato scorci autobiografici in “Dolor y Gloria”, precedente film (e che film!) del regista presente anche agli Oscar del 2020 (Miglior Film Straniero, Miglior Attore Protagonista per Antonio Banderas), lo spagnolo qui con una messa in scena degna di essere ricordata, emoziona il pubblico raccontando la storia di due donne inizialmente diverse tra loro ma che si ritroveranno legate dal gioco del destino.  Janis e Ana sono le due luci del film, illuminano le scenografie già di loro curate, geometriche, e soprattutto abilmente sposate alla fotografia (che sa bene quando brillare e quando affievolirsi) e ai costumi indossati dai personaggi, state certi che non vedrete un solo colore fuori posto. Per di più è quasi tutto girato in interni, e si nota che parliamo di un regista super esperto e consapevole del dove posizionare al meglio la cinepresa fosse anche solo per inquadrature i numeri da comporre sul telefono. Urge far notare tra l’altro come abbia abbandonato il grottesco delle prime fasi del suo cinema per rinnovarsi e presentarsi nel 2021 con una tecnica sublime nonché maniacale per la perfezione a cui vuole ambire (ogni elemento cromatico e non, è al posto giusto al momento giusto). Ma torniamo a parlare delle attrici, Penèlope Cruz, vincitrice della Coppa Volpi, si prende inizialmente da sola la scena per poi essere spalleggiata da una bravissima Milena Smit, mettendo in gioco un susseguirsi di scambi di sguardi, di lacrime, sorrisi, cenni, abbracci e sensualità: passione allo stato puro.

Janis (Penelope Cruz) in una scena del film

Le due madri, il cui passato pesa, vivono per la prima volta la maternità nello stesso momento e non possono che condividerne pregi e limiti; proprio i limiti saranno gli elementi messi saggiamente sotto la lente analitica della camera da presa, cercando di evidenziare a chi guarda le ombre più che la luce (non a caso si è citata la fotografia che brilla e poi si affievolisce). La narrazione non è mai in sofferenza, accompagnata da una colonna sonora sempre sul pezzo, ed è per questo che non sentiamo il bisogno di dover staccare e tanto meno proviamo noia, al contrario ogni qual volta la storia tenta di stabilizzarsi ecco un turning point (svolte di trama poco prima del passaggio ad un altro atto) che riaccende la miccia. Le madri parallele di Almodòvar finiscono per incrociarsi: una sfortunata fatalità sarà incontrovertibile e per questo Janis e Ana riscopriranno sé stesse condividendo il cammino, con un ineluttabile passato alle spalle che torna sempre con i suoi spettri. Infatti le due protagoniste mostrano più volte i segni di un parto inaspettato, di cui una conosce il padre ma è cosciente di non poterlo avere al proprio fianco per poter crescere la bambina, e l’altra invece è stata una vittima di un gruppo incommentabile di ragazzi e non sa di chi è rimasta incinta; allo stesso tempo viene fatto più volte presente da entrambe la mancanza di una famiglia, sono due donne sole che devono farsi da sé, con le proprie forze, e non vogliono per l’appunto rinunciare ad una carriera pur essendo diventate madri. Proprio la madre di Ana è l’esempio quasi perfetto poiché non ha rinunciato ad una carriera teatrale che prende nuovamente piede (sta volta col botto) e che la porterà lontana da lei e la sua nipotina, lasciando comunque un vuoto. Personaggio molto interessante ai fini contenutistici proprio perché la sua storia si intreccia inevitabilmente con quella delle due protagoniste, lei si racconta e noi dobbiamo comprenderla, dato che sono tutte accomunate dall’essersi trovate ad essere madre inaspettatamente, lei si è trovata al punto di dover\voler scegliere tra carriera e famiglia.

Il finale del film fa contenti tutti, o quasi: i personaggi sicuramente, forse il pubblico potrebbe non apprezzare un “felici e contenti” dopo tanta sofferenza risultando a tratti fiabesco. Eppure è funzionale al discorso di una famiglia “senza genere” e senza limiti da porsi quando c’è un amore così puro come quello genitoriale, ed ecco che il parallelismo che sembrava persosi tra le madri, torna in forza con la storia delle tombe dimenticate con il quale si era aperto il film: la storia, personale o collettiva che sia, è fondamentale. Le radici sono fondamentali, il nostro passato è essenziale per farci riflettere sempre su noi stessi, per permetterci di migliorare e non commettere più volte un errore che può risultare fatale. Mai dimenticare sé stessi o quello che ci ha segnato, quello che facciamo, diciamo e viviamo, tutto fa brodo nel grande insieme dell’esperienza. L’oblio può far ancora più male del ricordo, lo stesso oblio che per buona parte della narrazione il personaggio della Cruz cerca disperatamente per via di un evento che la sconvolgerà. Ogni passo viene compiuto per un motivo, questo dobbiamo tenerlo sempre a mente. D’altronde il film si apre con una frase ben specifica dell’intellettuale uruguayano Eduardo Galeano: “È la disuguaglianza di fronte alla legge che ha fatto, e continua a fare, la storia reale, ma la storia ufficiale non la scrive la memoria, bensì l’oblio”. E già… la storia è ricca di contraddizioni!

La locandina ufficiale

“Madres Paralelas” segna la grandezza di Almodòvar, già appurata con il suo testamento in “Dolor y Gloria”, e qui riconfermata con tecnica e contenuto appassionanti dal primo all’ultimo minuto. Il regista che incarna l’ideale libertario della Spagna post-franchista partendo dalla movida madrilena grottesca degli anni ’70, arriva oggi a mettere al servizio di questo film la sua poetica e la sua genialità che prendono vita sin dalla locandina: un seno che perde una goccia di latte come se fosse un occhio in procinto di lacrimare (vita o morte? Felicità o tristezza?). Segno profetico di quello che sarà questa magnifica opera, sincera e diretta, ma non per questo priva di sfumature. La frase che cita il regista alla fine è inequivocabile, presa nuovamente da Eduardo Galeano: “Per quanto si tenti di zittirla, la Storia non è muta”.

Voto: 9\10

– Christian D’Avanzo

Andrea Barone: 9,5
Andrea Boggione: 8
Carlo Iarossi: 7,5
Paolo Innocenti: 9
Giovanni Urgnani: 9
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