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“QUAL E’ IL TUO FILM HORROR PREFERITO?” L’importanza della saga di “Scream”

Cari lettori, quando il mio collega e amico Andrea Barone, in privato, mi ha suggerito di parlare della saga di “Scream”, in vista del quinto capitolo, in arrivo dal 13’Gennaio 2022 nelle sale, non potevo che accettare al volo la proposta.

C’è poco da fare : quando affronto questi film la passione divampa, alla mente mi si imbizzarriscono mille pensieri e idee, in quanto essa, per chi non lo sapesse, è stata da sempre la mia saga preferita.

Certo, sul mio canale Youtube ne ho già parlato in lungo e in largo, ma adesso ho la possibilità di trattare l’argomento su un sito internet che trasudi amore per il cinema e per l’arte come “Quart4Parete”.

Iniziamo!

Era il 1996′ quando lo sceneggiatore Kevin Williamson, e il compianto Wes Craven, alla regia, diedero vita ad un film, che si sarebbe rivelato di gran successo, dal titolo “Scream”. La sfida, per il team creativo, era quella di rispolverare, far riemergere, e modernizzare il genere dello “slasher” (in voga negli anni 70′ e 80′), che ormai da diversi anni si era perso di vista nel panorama cinematografico horror. Come fare per tornare alle origini e dar risalto a quel tipo di prodotto che, da Carpenter specialmente in poi, avesse spaventato, appassionato e angosciato milioni di spettatori nel mondo? Dopo Michael Myers, Jason Voorhees, e Freddy Kruger, chi poteva immaginare che una nuova icona del terrore, sarebbe nata da lì a poco? Grazie a “Scream”, questo fu possibile, e Ghostface, ancora oggi, è tra i più amati serial killer cinematografici di sempre.

La storia si rifà tra l’altro agli omicidi di Danny Rolling, definito “Lo squartatore di Gainesville”, che negli anni Novanta, quasi trentenne, uccise cinque studenti dell’università del posto, creando il panico nel camping, soprattutto per l’efferatezza delle morti. Venne poi incarcerato, fino ad essere sottoposto all’iniezione letale nel 2006′.

Tornando al film, dopo questa doverosa precisazione, non possiamo che iniziare dall’inizio splendido del capostipite della serie.

Ci troviamo nella dimora Becker, dove la giovane Casey (Drew Barrymore), tutta sola, è pronta a gustarsi un film in videocassetta, quando il telefono suona, e una voce ammaliante, ma inquietante, per la prima volta esclamerà la fatidica frase “Quel è il tuo horror preferito?”. Chi avrebbe mai pensato che questa semplice domanda sarebbe rimasta nell’immaginario collettivo, ma che, soprattutto, sarebbe stata il filo conduttore di tutta la saga? Ebbene sì, non potrebbe esistere “Scream” se non esistesse il cinema dell’orrore, perché di esso il franchise si nutre, lo elabora, lo prende in giro, lo rimodernizza, lo cita, lo studia, ne capovolge la struttura e lo spirito, fino a creare delle nuove regole, fondamentali per tutto il filone, in cui si aggiornano, si intrecciano, si ampliano, senza mai risultare ridondanti.

Insieme a Casey, anche noi spettatori vediamo per la prima volta il killer, e non può che turbarci, incuriosirci, e sadicamente attrarci.

“L’Urlo” di Munch, su di un “casper” umano, con una maschera diabolica ectoplasmica, cappuccio nero in testa, così come è nera la sottoveste, con tanto di mantello e guanti, ed un coltello affilato in mano, pronto per mietere vittime. Ecco, bastano quindici minuti iniziali e lo slasher rinasce, come se mai fosse morto.

Conosceremo poi i nostri protagonisti : ragazzi che vanno a scuola, e che potrebbero essere i perfetti amici che tutti abbiamo, o perché no, proprio noi stessi. Come fare a sospettare che qualcuno di loro possa essere uno spietato assassino? Eppure è così : unendo il thriller all’horror, il giallo alla commedia nera e sarcasticamente metacinematografica, la pellicola ci rivelerà ogni soluzione pian piano, fino al finale inaspettato e limpidamente scritto.

Skeet Ulrich, Neve Campbell, Matthew Lillard, Rose McGowan, Jamie Kennedy

Una panoramica dall’alto ci mostra il centro di “Woodsboro” : la celebre cittadina dove si svolgono i fatti. Nel giro di poco tempo conosceremo i protagonisti, e sin da subito percepiamo che “Billy, Sidney, Stuart, Tatum, e Randy” siano personaggi destinati a fare la storia di questa saga.

Il Killer inizierà a palesarsi sempre più, seminando il terrore e lo sgomento sul posto, a distanza di un anno da un terribile omicidio che vide la madre di Sidney perdere la vita, per mano, almeno apparentemente, di Cotton Weary : regolarmente condannato in carcere. La spirale di terrore crescerà sino a divampare, con il vicesceriffo Linus, fratello di Tatum, pronto a mettersi in gioco per frenare la mattanza, con al suo fianco la giornalista d’inchiesta Gale Weathers, con le sue idee, ipotesi, e il desiderio di speculare sull’accaduto, ma con in fondo una sensibilità nascosta da scovare.

Tutto questo con, in sottofondo, la mitica e iconica musica dei “Nick Cave and the Bad Seeds“, con la loro “Red Right Hand”.

Descrivere “Scream” vorrebbe dire parlare della rivoluzione dell’horror degli anni 90′, capace di dar vita a prodotti derivativi, ovviamente inferiori, e a seguiti dello stesso, sempre diretti dal maestro Craven, fino al quarto capitolo del 2011′.

Il successo del capostipite diede subito il via libera a “Scream 2”, uscito nel 1997′, e ancora una volta pronto a spaventare, colpire, stupire, e a giocare con le regole dell’horror : precise e scrupolose.

I vari faccia a faccia tra Sid e l’assassino sono fra i pezzi forti dell’intera saga. Negli anni 70′ e 80′ ci insegnavano che solo le vergini si salvassero, ma adesso le regole sono cambiate, e la nostra protagonista, che si è concessa al suo Billy, riuscirà sempre a dar del filo da torcere al killer.

L’aspetto meta cinematografico continua a prendere piede con questo seguito, dove si ha l’idea geniale di criticare i sequels in un sequel, ma soprattutto si dà vita a “Stab” : il film nel film, che rifacendosi al romanzo di Gale, racconti la storia degli omicidi di “Woodsboro”. Per un appassionato sguazzare nei rimandi ad altri film, nelle citazioni, e negli omaggi, non può che essere una costante goduria, ben osservando lo studio sugli effetti del cinema nella vita vera, già affrontati da Wes Craven nel suo bellissimo “Nightmare – Nuovo Incubo”.

I colpi di scena sono sempre ben congegnati, e mai è banale il movente dell’assassino di turno.

Con il terzo capitolo, del 2000′, si inizia il nuovo millennio con le regole che si associno al film più importante : l’ultimo (apparentemente) di una trilogia. Qua l’assassino è invincibile, possono morire i protagonisti, ma soprattutto, tutto ciò che sembrasse risolto dal passato, può tornare a imporsi e a cambiare la storia. Randy, deceduto nel film precedente, ce lo spiega, in una videocassetta che sua sorella dà ai nostri sopravvissuti, intitolata “Scary Movie”.

Sapevate che, inizialmente, “Scream” avrebbe dovuto chiamarsi proprio “Scary Movie”, poi diventato una celebre parodia? Piccola curiosità.

Ed allora tutto torna alle origini : i collegamenti con i primi due killer originali sono lampanti, così come la storia di Morine Prescott, la madre di Sidney, che avrà un ruolo decisamente importante nella pellicola, visto che il suo passato risulterà al centro di tutto. Seppur manchi Williamson alla sceneggiatura del terzo, che lascia spazio a Ehren Kruger (curioso il cognome no?), questo capitolo è da vedere con molta attenzione, in quanto, purtroppo, risulta rivelatorio di un mondo malato hollywoodiano, in cui un produttore famoso manipolasse giovani ragazze aspiranti attrici, in queste feste dove accadesse di tutto, nell’omertà totale, e nel silenzio, per non compromettere carriere. John Milton, interpretato da Lance Henriksen, era un moderno Weinstein, in un film, pensate un po’, prodotto dallo stesso con la sua “Miramax”. Raccapricciante vero?

Tra fratellastri ritrovati, legami di sangue impensabili, e litri di sangue persi soprattutto, sembrava che “Scream 3” potesse essere decisamente la conclusione della storia.

Fu una grande sorpresa per gli estimatori come me, scoprire che nel 2011′, con il cast originale pronto a tornare, così come Craven dietro la macchina da presa, sarebbe uscito un quarto capitolo.

L’emozione in sala fu fortissima : del resto era il mio primo “Scream” visto al cinema. Subito capii quanto il lungometraggio in questione risultasse importante e decisamente unico nel suo genere. Si ebbe la sensatissima idea di far passare undici anni dal precedente, proprio per studiare e capire le nuove regole che nell’horror si fossero imposte, in questi lunghi periodi in cui “Ghostaface” attendesse di tornare. Ecco che quindi non si può che restare stupiti di fronte ad uno degli inizi più belli per un film dell’orrore, in cui si critica la voglia spasmodica di sfruttare un brand fino all’eccesso, andando a snaturare l’originalità e l’identità dei capostipiti. Si parla di uno “Stab” con i viaggi nel tempo addirittura. Craven e Williamson, ancora una volta, avevano osservato, imparato, quale fosse l’andazzo dell’horror contemporaneo, per poi, riuscendoci, affondare le lame del killer nella modernità, in cui le regole debbano incessantemente essere aggiornate, modificate, e plasmate. Ormai non esiste più la pura e semplice vendetta come movente per l’assassino : siamo negli anni dei “reality”, del mostrarsi sui “social”, della ricerca spasmodica di attenzioni, quindi perché non mettersi in mostra, come vittime, di una strage da noi creata, e astutamente nascosta? Solo Sid deve essere la sopravvisuta?

“Scream”, con i suoi quattro capitoli, ha giocato con le citazioni, ci ha fatto venire voglia di recuperare i film di cui si parlasse; ci ha messi alla prova sulla nostra conoscenza cinematografica con : indovinelli (Attenti a rispondere Jason se ci chiedono come si chiami l’assassino di “Venerdì 13′), con la voglia di citare e omaggiare, ma soprattutto di sottolineare le ingenuità di quei film di un tempo, che per quanto belli, non potevano esistere senza quelle forzature che li rendessero funzionali narrativamente, e giustamente quindi parodiabili.

Bisogna rendersi conto che ogni aspetto sopra le righe della saga fosse volutamente inserito, e se uno criticasse l’inverosimiglianza di un “Ghostface” riflesso in un vetro al supermercato, o dello stesso che, come un fantasma, riesca a sparire da una macchina, quasi dissolvendosi, vorrebbe dire che forse non conoscesse il cinema di genere anni 70′ e 80′ ; che non avesse mai visto un certo capolavoro del 78′ di John Carpenter, in cui un uomo, scappato da un manicomio criminale, dopo essere stato rinchiuso da bambino, riesca a guidare una macchina per centinaia di miglia, prima di arrivare nella sua “Haddonfield”. Forzature certo, ma indispensabili per creare momenti indelebili ed efficaci. “Scream” con questo ci vive, si estende, si fa avanti, e ci ricorda tempi ormai andati.

Dove possiamo trovare un altro film, come quello del 96′, che per far capire che lo “slasher” possa rinascere, lo faccia sviluppando un finale che vada di pari passo con “Halloween” citato prima, che ha dato vita proprio, in un certo senso, al genere in questione? I due film si intrecciano in quanto, se non ci fosse stato Michael, sarebbe stato difficile vedere un “Ghostface”, o forse sarebbe stato diverso.

Adesso non ci resta che attendere il lavoro dei “Radio Silence” : Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, che dopo “Finché morte non ci separi”, potrebbero dimostrarsi i degni eredi di Wes. L’attesa è alle stelle.

Grazie per avermi seguito in questo zibaldone di pensieri e idee su una delle saghe più vere e intelligenti di sempre.

Un caro saluto, e ricordate : “non chiedete mai chi è, perché è come chiedere di morire” .

Paolo Innocenti