Articolo pubblicato il 19 Marzo 2022 da wp_13928789
Le vette raggiunte dalla sesta e dalla settima puntata di Euphoria fungono da meraviglioso overture per quello che sarà sicuramente un finale ricco di pathos. Difficile se non impossibile, anche per i non amanti dello stile di Levison, non entusiasmarsi o provare un senso di ammirazione di fronte alla compiutezza artistica e al rigore stilistico con cui è condotta la narrazione di questi due straordinari episodi. Come un cerchio che si chiude perfettamente Rue ritenta una (definitiva?) disintossicazione e di conseguenza dopo l’anarchia della quinta puntata di reimpossessa del voice-over e riprende l’esposizione della storia accentuando, fino a raggiungere la rottura della quarta parete (il filone narrativo di Jules e Elliot viene troncato con deliberato compiacimento), ancor di più la parzialità della sua esposizione e gettando il nostro sguardo spettatoriale in una profonda crisi, dopo aver avuto l’illusione di poter approdare ad una anche minima conoscibilità della realtà nel corso della fuga a perdifiato di Rue nella scorsa iterazione della serie.

La sesta puntata è solo apparentemente di stallo, infatti rientra perfettamente nel novero, sempre più folto, di episodi nei quali Levinson mette quasi del tutto in pausa la progressione della storia per dedicare tempo all’esplorazione dell’interiorità dei personaggi, che proprio in questi frangenti maturano convinzioni, abbattono pregiudizi e si evolvono sia attraverso la riflessione che il sempre fondamentale confronto con il prossimo. La schiettezza e l’onestà con cui viene affrontata la riabilitazione di Rue sono illuminanti e testimoniano come le tematiche trattate in questa serie non siano semplicemente, come troppo spesso accade nelle opere audiovisive contemporanee, uno specchietto per le allodole o un riempitivo di facciata per giustificare il lento incedere della narrazione ma anzi fungano da vero motore emotivo. Basti pensare alla risolutezza con la quale Nate riprende le fila della sua vita e con metodi immorali cerca tuttavia di riposizionarsi su un sentiero da troppo tempo smarrito e che viene rievocato intensamente da un racconto di sua madre riguardo la sua infanzia. La memoria e l’elaborazione del ricordo sono tematiche che accomunano entrambi questi episodi ma che trovano in particolare nel settimo una meravigliosa fioritura. Nella sesta puntata invece i primi piani di stampo quasi Dreyeriano utilizzati di Levinson esaltano e pennellano la solitudine e l’incompiutezza di tutti i protagonisti della serie che si trovano a dover fare i conti con tutte le difficoltà affrontate e le delusioni subite senza però che questa esposizione scada mai nel patetismo, riuscendo dunque come sempre fa la serie a mantenersi abilmente in bilico sulla sottile linea che separa il dramma dalla farsa. In particolare in questo episodio poi sono da lodare senza riserva le interpretazioni degli attori, con Zendaya che rifulge al di sopra di tutti donando a Rue una variegata gamma di espressioni, senza mai scadere nel manierismo, e a più riprese riuscendo a toccare profondamente lo spettatore più emotivamente coinvolto.
Il settimo episodio invece, forse esagerando, può essere definito sicuramente essere definito il capolavoro di Levison sul fronte televisivo fino ad ora. La messa in scena dello spettacolo di Lexi è magistrale fino all’ultimo dettaglio ed è una sfavillante dimostrazione di come realtà, rielaborazione artistica, finzione e impianto metaforico siano elementi inscindibili ai fini del raggiungimento di una compiutezza espressiva. Impossibile rintracciare fino a che punto in questa puntata il vissuto dell’autore di fonda con quello di Lexi e quanto il lavoro di quest’ultima renda giustizia a ciò che è realmente accaduto, tuttavia con grande sapienza Levison ci rende edotti dell’effetto che lo spettacolo sta provocando nei protagonisti inquadrandone gesti, espressioni, occhiate, risa e talvolta lacrime, valutando cioè quello che accade sul palco attraverso l’efficacia che la messa in scena ha nei confronti degli in-diretti interessati. All’interno di questo ricchissimo calderone l’autore della serie poi aggiunge una fondamentale ramificazione che darà i suoi attesi frutti nell’ultima puntata, la mancanza di Fezco nel teatro infatti è dovuta ad una situazione che è sull’orlo della detonazione.
L’attesa dell’ultima puntata è spasmodica e la sua messa in onda ci permetterà di tirare le file di questa straordinaria stagione.
P.S. Come anche specificato da Zendaya sui suoi social la visione di questa serie è consigliata ad un pubblico adulto e in grado di sostenere la trattazione cruda di tematiche quali la dipendenza da stupefacenti e la depressione, il consiglio è di tenersene alla larga se si è particolarmente suscettibili in tal senso.
-Alessio Minorenti