Articolo pubblicato il 6 Aprile 2022 da wp_13928789
Il cinema di Mario Monicelli è uno dei tasselli più importanti del cinema italiano. Le sue commedie amare hanno raccontato un’epoca, scavando a fondo nella società del bel paese alternando momenti iconici e battute leggendarie ad un’aspra e tagliente critica sociale. Ed in questo il Marchese del Grillo è senza dubbio uno dei suoi film più rappresentativi.
Uscito nel 1981, trova la sua ambientazione nella Roma dei primi dell’ottocento. Alla corte il papa Pio VII, mentre alle porte, pronto a invadere, Napoleone Bonaparte. In questo periodo di tensione e tumulti seguiamo il bighellonare del marchese Onofrio Del Grillo, nobile romano sui generis poco incline ai dettami che la chiesa e la sua posizione gli impongono. Le sue giornate trascorrono nell’ozio più completo, tra bettole e osterie, come unica vera passione, gli scherzi, per i quali è ormai famoso in città.

Monicelli riprende molto di quella che era l’idea alla base di “Amici Miei” e la porta da Firenze a Roma, dalla borghesia italiana alla nobiltà papalina. Questa diventa ovviamente occasione per il regista di mettere in scena una pesante critica sociale che pur partendo da un’ambientazione storica ha un immediato riscontro nella realtà contemporanea. Le idee politiche di Monicelli sono ben chiare e tutto è volto a mettere alla berlina i potenti di turno, l’ingiustizia sociale alla base delle loro fortune, con la consapevolezza però che, per quanto si possa ridere di loro, loro saranno sempre lì, e noi qui!
Mi dispiace, ma io sono io… e voi non siete un cazzo!
Il marchese Onofrio del Grillo
Ogni battuta, ogni momento comico de Il Marchese del Grillo è ricco di sottotesti e anche nelle sequenze più demenziali e scanzonate è sempre nascosta una sferzata amara. Il film procede a blocchi, con una struttura quasi episodica, che però gira intorno ad una trama orizzontale ricca di evoluzioni che finiranno inevitabilmente per seguire il Dictat di Tomasi di Lampedusa: “Se vogliamo che tutto resti com’è, c’è bisogno che tutto cambi”.

Monicelli per raccontare la sua storia ne costruisce attorno un setting il più curato possibile. Una ricostruzione dettagliata, verosimile e mai parodistica. Raffinata e ricca la scelta dei costumi, delle scenografie e del trucco. Nonostante la natura di commedia “Il marchese del Grillo” si presenta come un film storico a tutti gli effetti. La colonna sonora del grande Nicola Piovani fa il resto con un motivo centrale leggero e scanzonato diventato subito iconico.
C’è però un grande mattatore su cui gira tutta la pellicola, Alberto Sordi, che, come sempre ma qui ancor di più, dimostra tutta la sua maestria nel destreggiarsi tra dramma e commedia. Narratore lui dell’Italia e dell’italiano come attore, tanto quanto Monicelli come autore. Non sono però da sottovalutare i comprimari, un cast ricco e talentuoso tra cui spiccano il grande Paolo Stoppa e l’indimenticabile Flavio Bucci. In due ruoli quasi antitetici: il papa bianco e il papa nero. E a quest’ultimo sarà affidato il monologo, forse, più significativo del film.

“Il marchese del Grillo” è un film a dir poco fondamentale, una pietra miliare del nostro cinema di cui andare fieri. L’apice autoriale della nostra commedia. Una perla da preservare e grazie alla quale riflettere. E ricordatevi sempre che: “quando si scherza, bisogna esse seri!” cit.
– Carlo Iarossi