Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789
Dopo i successi di pubblico e di critica avuti con “The Boy and The Beast” e “Mirai”, l’acclamato autore Mamoru Hosoda torna con “Belle”, una rivisitazione della storia sulla Bella e la Bestia presentata al Festival di Cannes 2021 e primo anime non appartenente ad un franchise che finalmente ha una buona distribuzione cinematografica in Italia che non sia relegata a soli tre giorni dopo tanto tempo. Il film parla di Suzu, una liceale che ha perso la madre ed ha serie difficoltà ad accettare sé stessa. L’unico momento in cui si sente di esprimere esteriormente ciò che ha dentro è attraverso il suo avatar Belle che ha creato nel social U, ma accade quello che per lei è l’impensabile: il suo avatar diventa seguito da milioni di follower nonostante nessuno conosca la sua identità. Tuttavia, in questo social praticamente simile ad un mondo virtuale, appare anche un avatar dall’aspetto di un drago, perseguitato da tutti per essere particolarmente aggressivo oltre che spaventoso e nessuno sa chi si nasconde dietro. Tuttavia Suzu vede in questa persona qualcuno che abbia una ferita profonda da nascondere, ma riuscirà a comunicare con lui?
La particolarità visiva dell’opera che subito risalta ai nostri occhi è l’utilizzo di due tecniche di animazione: quella tradizionale per rappresentare il mondo reale e quella tridimensionale (attraverso l’uso del cel-shading) per rappresentare il mondo virtuale. Il secondo elemento è davvero uno spettacolo straordinario che fa risaltare numerose sequenze spettacolari ma che allo stesso tempo evidenziano la delicatezza dei corpi nonostante siano formati da avatar digitali, sottolineando come il dolore ricevuto in quel mondo possa essere molto sentito nonostante si tratti appunto di una realtà relegata al mondo dei social, insieme alle scenografie dei luoghi che si trasformano in continuazione e mostrano la grandezza della creatività. Dall’altra parte la tecnica tradizionale crea contrasto con i colori del mondo virtuale che rispecchiano una forte dose di iperattività attraverso un’apparenza continuamente accesa e mai ferma, mentre invece i colori del mondo reale accolgono totalmente il tempo in cui è immersa la protagonista, evidenziando calore e freddezza (gli acquerelli che ritraggono le nuvole sono immensi per esempio), mentre poi anche il più piccolo taglio fisico che avviene nella realtà si sente più di qualunque super colpo che avviene in U (e qui bisogna lodare enormemente anche il sonoro). La colonna sonora cattura benissimo gli animi dei personaggi, specialmente le canzoni di cui l’emozione è talmente immensa che ad un certo punto vi verrà voglia anche di non leggere il testo perché forse capirete che cosa vuole esprimere chi canta anche senza conoscere le parole.
Se il film è un grande spettacolo per gli occhi, l’opera è estremamente interessante e travolgente per un’umanità che tuttavia non appare scontata soprattutto nella rappresentazione dei social. Da un soggetto del genere ci si aspetta l’importanza della semplicità e della verità rispetto alle apparenze spietate dell’internet ed in parte, senza banalizzare, è assolutamente vero, ma il mondo del web non viene realmente demonizzato: c’è assolutamente l’eccesso nel giudicare una cosa in base alle apparenze (eccesso in parallelo con i comportamenti che i ragazzi hanno anche al liceo attraverso inutili giochi sulla popolarità), tanto che delle persone sono quasi costrette a mettere a nudo un loro punto personale sui social a causa di shitstorm e sospetti gratuiti basati quasi sul fanatismo. C’è la caccia alle streghe, rappresentata dalla Bestia (a tal proposito, il film prende delle bellissime ispirazioni dal classico di Walt Disney del 92) messa sotto i riflettori per il suo aspetto e per la sua ferocia nei combattimenti di ruolo, contrapposta alla bellissima ma eccentrica polizia dei social, che finisce per essere una satira che critica la ricerca di supremazia ed attenzione basata sull’ipocrisia (la parola giustizia pronunciata dal leader è spesso accompagnata dagli sponsor che pubblicizzano quest’ultimo).
Ma nonostante le più che giuste critiche a piattaforme del genere, è interessante e sorprendente come Hosoda evidenzi anche quanto internet possa invece essere un forte toccasana per la creatività e non solo: al di là del fatto che venga evidenziata l’importanza della comunicazione e come il web permetta di scoprire cose che possono essere raggiungibili ed aiutare comunque le persone, è estremamente delicato come venga messa in evidenza l’importanza di mettersi a nudo anche nel mondo virtuale, dimostrando che a volte i nostri avatar possono essere ciò in cui noi ci nascondiamo, ma anche ciò attraverso cui noi possiamo esprimerci meglio. L’espressione del sentimento nell’opera ha una potenza molto forte e dimostra che lo sfogo, fatto con consuetudine e delicatezza, può creare un forte senso di unione e non di separazione, trovando un equilibrio molto importante. L’autore non condanna l’esposizione della propria anima al mondo e crea un rapporto di intimità in una comunità, che sia virtuale o reale, non sottovalutando il fatto che parlare nel web e comunicare nel web possa essere anche una fonte di salvezza, purché l’intimità non sia accolta o mostrata con superficialità o leggerezza se quest’ultima viene davvero mostrata con spontaneità, senza considerare le denunce all’ipocrisia già descritta. Una cosa del genere non è così scontata se si pensa ad attuali opere come “Ready Player One” di Spielberg in cui si denuncia, giustamente, l’alienazione del virtuale.
Ed in questo splendido affresco di virtuale sincerità viene anche evidenziata l’importanza di andare oltre, che non si collega al semplice fatto di amare un individuo basandosi solamente sul suo aspetto, ma si affronta l’osservare un individuo e non semplicemente guardarlo: Belle non viene attratta dalla Bestia in quanto misteriosa e temibile come molti, ma viene incuriosita perché ha notato nei suoi approcci quelli di un volto che soffre. Il distacco, l’aggressività, la rabbia gratuita non sono cose da condannare a priori perché sono al di fuori del nostro contesto, ma sono cose che possono essere create da ferite aperte, da una situazione di profonda sofferenza interna, la stessa sofferenza che può affrontare ognuno di noi, così come Belle sente tutto il suo dolore dettato dalla solitudine, solitudine che la accomuna con la Bestia (o il Drago, come viene chiamato nel film) che però reagisce in maniera diversa. E tale ricerca dell’essere che ha bisogno di amore non è semplicemente un atto sessuale, perché l’opera ti dimostra come l’importanza di un semplice abbraccio dettato da un atto di aiuto e di amore può essere esteso ad ogni uomo e ad ogni ricerca di aiuto. Tali apparenze superficiali vengono totalmente distrutte anche negli individui che sono reputati perfetti nella società, ma che invece nascondono dentro una timidezza o insicurezza che le rendono molto più umane della continua ed ossessiva ricerca della perfezione, così come la protagonista è una ragazza profondamente normale dietro la grande bellezza del suo avatar nei social.
“Belle” è un film visivamente eccelso, pieno di incredibili sequenze cartoonesche ma perfettamente equilibrate con i sentimenti reali dei protagonisti che si sentono abbandonati dal mondo ma allo stesso tempo anche accolti in una bolla tanto controversa ma anche straordinariamente affascinante. Le simbologie (la scena del ballo è destinata a rimanere impressa nell’immaginario se questo film verrà mai scoperto dalle masse) ed il cuore inserito in questa lettera d’amore alla forza dell’espressione confermano ancora una volta il grande talento di Mamoru Hosoda e dispiace enormemente che sia stato snobbato agli oscar del 2022. Rimediate andando in sala a vederlo!
Voto: 9,5
Andrea Barone
Andrea Boggione | |
Christian D’Avanzo | 8 |
Carlo Iarossi | |
Paolo Innocenti | |
Alessio Minorenti | |
Paola Perri | |
Giovanni Urgnani | 7,5 |