Articolo pubblicato il 13 Aprile 2022 da wp_13928789
Gianni (Pierfrancesco Favino) è un dirigente d’azienda che vende scarpe sportive, nonché un uomo cinico ed egoista sulla soglia dei cinquant’anni, ma sempre pronto a corteggiare e portarsi a letto qualsiasi giovane ragazza, fingendo identità diverse, lavori mai fatti prima, e provando piacere nell’illudere e persuadere queste tante donne che, giorno dopo giorno, riesce a sedurre.
Destino vuole che la sua bassezza lo porti a fingersi paraplegico per far colpo sulla vicina di casa della madre, Alessia, che fa assistenza alle persone più bisognose, per poi scoprire che questo gesto gli costerà caro, visto che la ragazza, prendendo a cuore il nostro protagonista, deciderà di presentargli sua sorella, realmente sulla sedia a rotelle (per colpa di un incidente automobilistico), sperando che fra i due potesse nascere qualcosa.
Gianni, all’inizio spavaldo, scommettendo con gli amici che sarebbe riuscito a portarsela a letto lo stesso, comincerà a provare un sentimento, chiamato amore, mai percepito prima.
Come fare però a rivelare la verità ad una persona che ormai crede alle tue parole, che si è aperta con te, a cui potresti letteralmente spezzare il cuore?

Queste sono le premesse di base del film “Corro da te”, di Riccardo Milani, remake della pellicola francese “Tutti in piedi” di Franck Dubosc.
Milani, dopo “Come un gatto in tangenziale : Ritorno a Coccia di Morto”, seguito a mio parere non all’altezza, torna sugli schermi con una commedia sentimentale capace di far ridere di gusto, ma anche emozionare, trattando il tema delicato e sensibile della disabilità, senza mai scendere nel patetico o nella retorica.
Non ha paura di mostrare il cinismo, l’egoismo e la cattiveria del protagonista, interpretato da un Favino versatile ed in splendida forma, che chiama i disabili “hendicappati”, sminuendoli e ritenendoli inferiori, per poi procedere verso il mutamento, che inizierà ad avvenire grazie all’incontro tra Gianni e Chiara (una bravissima Miriam Leone), capace di far redimere e riflettere il nostro falso invalido.
Il film, oltre a farci divertire, ci insegna quanto, molto spesso, i veri disabili possiamo essere noi stessi : incapaci di comunicare, di essere sinceri, e sempre pronti a giudicare gli altri.
In quasi due ore di durata riusciamo ad appassionarci alla storia efficace, scritta da Riccardo Milani, Furio Andreotti, Giulia Calenda, che il film ci presenta. Il primo atto gioca molto sulle dinamiche comiche che scaturiscono dai tentativi goffi e assurdi di Gianni nel farsi credere disabile, facendo scatenare risate di pancia. Nel secondo ecco che comincia ad accendersi questa “spia” all’interno del protagonista, che lo porti sempre più a considerare che tutto ciò che stia facendo sia ignobile e spietato, alternando momenti felici con Chiara, che finalmente si sente apprezzata, fino al terzo atto risolutivo in cui, prima del lieto fine, tutti i nodi verranno al pettine, tra bugie e non detti, gioie e dolori.

Nel cast, oltre ai già citati Favino e Leone, tra cui si instaura una complicità molto intensa, abbiamo dei comprimari come Pietro Sermonti, medico e migliore amico di Gianni, Giulio Base, Vanessa Scalera, ma anche Carlo De Ruggieri, nei panni del fratello del protagonista, Michele Placido, il padre, senza dimenticarci la compianta Piera Degli Esposti, qua alla sua ultima interpretazione.
C’è un grande lavoro sui personaggi da parte dei due attori protagonisti. La Leone, di film in film, sta dimostrando sempre più la sua bravura, e questa volta non è da meno, visto quanto riesca a farci credere alla disabilità senza mai risultare poco credibile o sminuendo cosa significhi vivere su una sedia a rotelle.
La cosa che più dispiace, nonostante il film lo ritenga una bella commedia per grandi e piccoli, capace di scaldare il cuore, ma anche di far ridere di gusto, è attribuibile al fatto che, in Italia, ormai sempre più, i rifacimenti prendano sempre il sopravvento rispetto alle idee originali. Nulla contro i remakes, ma sarebbe decisamente giusto che ci fosse un equilibrio, per non ritrovarsi sempre a palesare una mancanza di inventiva, specialmente per quanto riguarda le commedie.
Nel complesso questi film sono i classici prodotti per famiglie, molto importanti nell’industria cinematografica, che ti fanno uscire dalla sala col sorriso stampato, ma anche riflettendo su ciò che si è visto. Un lungometraggio garbato e vero, con una regia che sappia seguire bene i protagonisti e le dinamiche narrative.
P.S. Un plauso a Favino che, senza alcun pregiudizio effimero, passa dai film più autoriali a lungometraggi commerciali che sappiano abbracciare tutto il pubblico, confermando la sua versatilità a 360°, senza mai sentirsi sul piedistallo, o sminuendo un certo tipo di cinema.
Paolo Innocenti
7.5/10