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Una vita in fuga: quando l’idea buona non basta!

Sean Penn, acclamato attore, è tornato dietro la macchina da presa per dirigere “Una vita in fuga” : adattamento cinematografico del libro di memorie “Flim-Flam Man: The True Story Of My Father’s Counterfeit Life“, di Jennifer Vogel, del 2005.

La pellicola è stata presentata in concorso al 74°Festival di Cannes, ed è approdata nelle sale italiane nel Marzo del 2022.

La storia in sé sarebbe stata molto interessante, in quanto si voleva raccontare il legame difficile e tormentato tra un padre ed una figlia, dagli anni Settanta, fino al 1992, dopo che l’uomo abbandonò moglie e bambina piccola per intraprendere la strada del falsario e del rapinatore. Se nei panni dell’uomo avremmo trovato il nostro Sean Penn, ecco che nel ruolo della ragazza la scelta era ricaduta su Dylan Penn, la vera figlia dell’attore.

Nonostante il potenziale di una trama accattivante e sicuramente valida da raccontare, accaduta realmente, il film riesce solo a disorientare e a non far comprendere allo spettatore dove voglia andare a parare, quale sia il suo scopo, tantomeno quale stile registico utilizzare. Il prologo è un concentrato di immagini in sequenza senza una linearità apparente, con continua camera a mano che, freneticamente e in maniera ridondante, stringe i volti dei protagonisti in primi piani mossi, per poi muoversi negli spazi circostanti, senza che questo serva a delineare il temperamento dei personaggi, la loro caratterizzazione, o il loro stile di vita. Percepisci che in questo “Zibaldone” di frame poco comprensibili ci fosse forse il desiderio del regista, nonché attore, di immortalare momenti di vita difficili, pericolosi, accentuando il rimorso del protagonista per essersi allontanato dalla sua famiglia, dalla sua vita di un tempo, ritagliandosi il ruolo del disonesto, ormai braccato dalle autorità, con difficoltà a redimersi, se non illudendo il prossimo. 

Questo però lo ipotizziamo e basta, perché la pellicola non ha la forza di dare un’identità alla storia che vorrebbe raccontare, anzi, il tutto risulta ancora più complicato da seguire dal momento in cui si opta per flashback continui, talvolta più lunghi, altre volte talmente veloci che quasi non ci si rende conto che fosse passato del tempo, se non per le date che appaiono sullo schermo che, forzatamente, ci introducono il periodo.

Non si capisce perché poi, improvvisamente, l’inquadratura diventi più statica, tutto rallenti, andando in totale contrasto con lo stile registico adoperato inizialmente. Se la regia fosse mutata in base al cambiamento dei personaggi, al loro modo di vivere, o comunque per un motivo di senso compiuto, avrei gradito anche il diverso metodo di girare, solo che così non è. Sean Penn, quasi in modo narcisistico, si ritaglia il ruolo del padre duro, ma che in realtà ha un cuore, che farebbe di tutto per chi ama, a costo di rimetterci. Sarebbe stato così interessante vedere meglio approfondito il rapporto “padre/figlia” cinematografico e metacinematografico. Quante cose avrebbero potuto spiegare? Quanto quella disonestà dell’uomo ha ferito l’animo della figlia, e di una famiglia abbandonata? Tutte domande che ci poniamo, ma che restano senza risposta, in quanto la pellicola si rifiuta di esplorare un passato, un presente, un futuro, insomma un tempo capace di allontanare, ma forse anche di far accettare, di guarire le ferite, di redimere, o di portare alla morte. A noi ribadiscono che l’uomo fosse un delinquente e che la famiglia ne soffrisse, ma un background dei diretti interessati ce lo possiamo solo immaginare perché sembra non essere fondamentale, senza capire che invece, così facendo, venga meno tutto lo spessore del racconto. La durata contenuta di un’ora e quaranta circa si fa sentire: la pesantezza è in agguato sin dall’inizio. “Una vita in fuga” vorrebbe parlare di rapporti di famiglia, di politica americana, di tradizioni, di vita e di morte, ma risulta solamente incapace di esprimere qualsiasi concetto anche solo immaginato. Dispiace vedere un film che è stato in concorso ad uno dei Festival più importanti cinematografici essere così privo di animo e di carattere, anonimo nella sua mediocrità. Un passo falso che un grande come Penn può permettersi, ma che avrebbe senz’altro brillato se diretto da qualcun altro capace di prendere in mano una storia vera, rendendola vincente e concreta. 

 

P.S. Provaci ancora Sean…

Voto:
1.5/5
Christian D'Avanzo
0/5
Andrea Barone
0/5
Paola Perri
0/5
Giovanni Urgnani
0/5
Andrea Boggione
0/5
Carlo Iarossi
0/5
Alessio Minorenti
0/5
0,0
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Cast:
Genere:

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