First Man – Il primo uomo: Il sacrificio per il successo

Articolo pubblicato il 26 Settembre 2023 da Bruno Santini

Damien Chazelle è, senza dubbio, uno dei registi emergenti più promettenti della Hollywood contemporanea. Uno di quelli di cui si attende sempre con ansia e alte aspettative il prossimo lavoro. Dopo essere salito alla ribalta con “Whiplash” e “La La Land”, film, entrambi ambientati nel mondo della musica, dal grande successo di critica e pubblico che si sono portati a casa anche molte statuette ai premi Oscar,  decide di staccarsi dalla sua comfort zone (dovuta al suo background da batterista Jazz) per dedicarsi ad un opera biografica sulla vita di Neil Armstrong e sul progetto spaziale NASA che ha portato alle missioni Apollo e allo sbarco sulla luna. Nel 2018 esce “First Man – Il primo uomo”, film che, come i suoi predecessori, sarà protagonista della successiva stagione dei premi, nonostante, a fine corsa, otterrà il solo premio Oscar per gli effetti speciali.

Malgrado il netto cambio di ambientazione rispetto ai precedenti lavori, la mano di Chazelle, sopratutto alla scrittura, è subito riconoscibile. Torna la tematica principale del regista, trait d’union di tutta la sua filmografia: il successo e gli immensi sacrifici che occorrono per raggiungerlo. Come i personaggi delle sue precedenti pellicole il Neil Armstrong di First Man è un uomo totalmente abnegato al proprio lavoro, distaccato dal mondo e dai suoi affetti, quasi folle, con la testa fissa sull’obiettivo da raggiungere e pronto a rischiare la vita per questo. D’altro canto non si diventa il primo uomo a mettere piede sulla luna per caso. 

Chazelle riesce a trasmetterci tutta l’inquietudine del protagonista con continue inquadrature strette, quasi soffocanti,  e una fotografia spenta e desaturata. Ryan Gosling, taciturno, ombroso, dal viso malinconico ma sempre determinato fa il suo. L’unico elemento familiare che di tanto in tanto riesce a irrompere nella bolla di vetro attorno alla sua vita è la moglie Janet, brillantemente interpretata da Clarke Foy, perfetta nell’esprimere le sensazioni, le emozioni e le difficolta di una donna forte al fianco di una figura con cui è così difficile relazionarsi. Prima che un racconto di Missioni Spaziali, che comunque non mancheranno e sapranno regalare la giusta dose di Pathos, tensione e spettacolarità, First Man è un dramma familiare, un viaggio introspettivo nella mente di Neil Armstrong, nel rapporto con la sua famiglia e con il suo lavoro. Ma è anche un racconto di pionieri, folli sognatori che contro tutto e tutti, pagando tanto, riuscirono in un impresa che aveva dell’incredibile. Il giovane regista di Providence confeziona il tutto con una regia raffinata ed elegante, fortemente espressiva, che si ripercuote su tutto il comparto tecnico, effetti speciali in primis. Non si punta alla spettacolarizzazione facile e patinata, non ci si concede nessun eccesso Hollywoodiano, eppure, le sequenze spaziali, sono tra le più immersive e potenti degli ultimi anni, complice anche il sapiente uso del sonoro di cui, forse, nessuno come Chazelle ne comprende l’importanza. Da quei rumori, dal tintinnio di ogni vite, dalla vibrazione di ogni lamiera si percepisce tutta la grandezza dell’impresa a cui stiamo assistendo e del rischio a cui si esponevano quegli uomini che vollero raggiungere la luna con una tecnologia, agli occhi di oggi, a dir poco antiquata. La stupenda colonna sonora del fedelissimo Justin Hurwitz fa il resto, malinconica e al tempo stesso sognatrice, fluttuante tra dramma e fiaba.

First Man è un viaggio, un viaggio introspettivo nella mente di un grande personaggio del novecento, un viaggio verso una meta infinitamente lontana. Un film sull’impegno e sui sacrifici che il raggiungimento di un tale obiettivo comportano. Un obiettivo che forse ha per il protagonista delle motivazioni in più, forse un trauma da risolvere, forse il voler cercare delle risposte lì dove nessuno è stato prima dal momento che nessuno finora è riuscito a dargliele. C’è qualcosa di più dietro tutto questo che non vi ho voluto svelare, un significato nascosto che Chazelle ha voluto dare a questo affannoso, forsennato e folle viaggio, una spiegazione a una tale abnegazione, un elemento sempre presente nel corso della pellicola ma che solo arrivati alla fine sarà ben chiaro, come il vetro in quella stupenda scena finale.