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L’antica Roma al cinema: Giulio Cesare (1953)

Trasposizione cinematografica della nota tragedia di William Shakespeare riguardante il dittatore romano e il suo assassinio durante le idi di marzo. Nell’articolo l’analisi del film.

Distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 4 giugno 1953, è la trasposizione cinematografica dell’omonima tragedia di William Shakespeare. Scritto e diretto da Joseph Leo Mankiewicz mentre il cast è composto da: Marlon Brando, James Mason, John Gielgud, Louis Calhern, Deborah Kerr, Greer Garson e Edmond O’Brein. Candidato a cinque premi Oscar, tra cui miglior film e miglior attore protagonista (Brando), vinse la statuetta per le migliori scenografie.

Gaio Giulio Cesare è indubbiamente una delle figure storiche che più hanno segnato l’immaginario collettivo, consacrandosi come vera e propria icona mainstream dell’intera antichità, con molta probabilità anche grazie alle dinamiche responsabili della sua dipartita. Ma con probabile sorpresa di molti egli non è il protagonista della storia, nonostante sia il perno su cui ruotano tutti i personaggi, perché si sceglie sotto quale punto di vista gli eventi vadano raccontati. Bruto e Cassio riuniscono un gruppo di congiurati, i “Cesaricidi”, ma più che cospiratori sono un gruppo clandestino che non può esercitare la propria opposizione alla luce del sole, opposizione ad una figura che pare incontrastabile nella sua ascesa e nel suo raggiungimento del potere assoluto. In particolare, il personaggio di Bruto racchiude dentro di sé una sofisticata tridimensionalità: egli è costernato da un immenso conflitto interiore, il suo animo è diviso tra l’amore personale nei confronti del suo padre adottivo e l’amore per la res publica, si sente in dovere di salvaguardare la propria nazione da una deriva monarchica ormai alle porte come i suoi antenati fecero secoli prima di lui cacciando l’ultimo re: Tarquinio il Superbo, ed è lui stesso a voler frenare le intenzioni dello stesso Cassio di allargare la cospirazione ad altri soggetti. I suoi tormenti lo accompagneranno fino alla fine, è lui l’uomo designato a dare il colpo di grazia al dittatore in carica e percepiamo tutta la difficoltà di un gesto simile, in cui non mancano i naturali cenni d’esitazione. Ciò si prolungherà fino alla battaglia di Filippi, dove poco prima cadrà vittima della visione del fantasma di Cesare, prova che, nonostante la missione per Roma abbia preso il sopravvento, i dubbi più intimi non sono mai stati risolti definitivamente. Questo gli varrà un elogio, non privo di ipocrisia, da parte dei “Cesariani” vincitori dinanzi al suo corpo.

Dall’altra parte invece si respira un’aria completamente diversa, Cesare è caratterizzato con particolare ambiguità, amato dal popolo e protagonista di numerose conquiste militari, ostenta numerose volte un atteggiamento di falsa umiltà, sospettoso di imminenti complotti come ogni tiranno della storia umana. Ciò nonostante, si sente in grado di sfidare persino gli “avvertimenti divini”, ammonitori di un losco avvenire durante le divenute celeberrime idi di marzo del 44 a.C. L’arringa di Marco Antonio, dopo aver trasportato il cadavere avvolto in piazza, mostra cosa si è in grado di ottenere quando si ha la piena padronanza dell’arte oratoria: la commemorazione è accantonata per far spazio alla propaganda e alla demagogia, mostrando la verità per come la si vuole far intendere e non per come in realtà sia, facendo appositamente leva sulla vulnerabilità della folla si gettano le basi per quella che sarà una nuova guerra civile. Immagine altrettanto significativa riguarda lo stesso Antonio, intento a fissare il busto di Cesare specchiandosi nella sua rappresentazione raccogliendo idealmente il testimone dinastico, forse con l’intenzione di portare a compimento quel disegno che la sua guida aveva progettato: diventare il primo imperatore!

La riuscita di questo lungometraggio non poteva risultare possibile senza la straordinaria interpretazione di ogni attore coinvolto, il linguaggio aulico e la struttura ricca di monologhi, colonna portante per una trasposizione di questo tipo, garantiscono piena fluidità. La regia è si asciutta ma perfettamente funzionale, la colonna sonora accompagna le vicende nei tempi giusti o assente quando deve, ad esempio nella sequenza dell’assassinio. Ad essere molto puntigliosi, si può notare che le scenografie possono risultare non molto sofisticate o comunque decisamente basic rispetto ad esempio ai kolossal contemporanei. Stratosferico.

Voto:
4.5/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Alessio Minorenti
4/5