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L’antica Roma Al Cinema: Ben-Hur (1959)

Uno dei film hollywoodiani più celebrati di sempre, conquistando record agli Academy Awards, vincendo undici premi Oscar. Nell’articolo l’analisi del film.
la recensione di Ben-Hur, diretto da William Wyler

Primo film a vincere 11 Oscar, secondo incasso della storia al tempo della sua uscita dietro solo a “Via col vento”, in grado con il suo successo di salvare la MGM dal dissesto finanziario, opera di uno dei più grandi maestri della storia del cinema (William Wyler), “Ben-Hur” rientra di diritto nel novero delle opere più rilevanti di sempre della Settima Arte.

Ciò che lascia a bocca aperta ancora oggi a più di 60 anni dalla sua uscita sono le dimensioni produttive e cinematografiche: “Ben-Hur” è forse il colossal per antonomasia, in grado di incidere indelebilmente nella mente dello spettatore di ogni epoca una serie di immagini dalla straordinaria potenza evocativa. Girato per lo più negli studi di Cinecittà il film sprigiona un’esuberanza artistica senza eguali, non ricorre a trucchi o stratagemmi per mascherare eventuali mancanze ma mette in bella mostra tutto il suo armamentario, ricostruendo a grandezza 1:1 mastodontiche statue, creando laghi artificiali nei quali svolgere battaglie navali e edificando scenografie imponenti.

Questa prima notazione è assolutamente d’obbligo in quanto dimostra eloquentemente come il potere evocativo del cinema, o dell’arte più in generale, non sia sottoposto a una data di scadenza ma che queste creazioni ambiziose e magistralmente architettate, ricreanti quasi dalle fondamenta epoche passate, non perdono nemmeno un’unghia del loro smalto originale ma anzi sono in grado di affascinare e colpire l’occhio dello spettatore moderno in modi nuovi e inaspettati. Si è infatti abituati, senza che questa sia una critica, ad assistere a film nei quali la maggior parte del budget è speso per ricreare sinteticamente la realtà, cercando cioè di rendere il più realistico possibile ciò che in verità è completamente intangibile. Comporta quindi una non indifferente dose di stupore la vista di questi set di dimensioni ciclopiche che sono il teatro dell’azione dei protagonisti. La forte impressione che si ha è che questa enormità compia quasi un processo introiettivo nei confronti dei personaggi che, quasi di conseguenza, vedono assurgere il rango delle loro storie direttamente sul piano dell’immortalità. Ecco che allora la storia di vendetta di Judah Ben-Hur nei confronti del suo amico di infanzia Messala assume i contorni dell’epica o della leggenda, tanto da rendere assolutamente plausibile che questi eventi si verifichino in parallelo e si incrocino con la parabola di Gesù Cristo.

Il film inoltre è perfettamente calato nella contemporaneità nella quale viene rilasciato in sala. Non è arduo scorgere nell’atto di Ben-Hur di non rivelare i nomi dei potenziali rivoltosi una dura critica al maccartismo e ai sistemi da esso adottati per stanare gli oppositori. Il tutto è ovviamente perfettamente diretto da Wyler che, come si addice a tutti i grandi registi della Hollywood classica, è dotato di una mirabile capacità di sintesi visiva tramite la quale soltanto attraverso di singole ma immortali inquadrature segna il senso di intere sequenze e sublima in breve lo spessore umano e filosofico di complessi archi narrativi. La “censura” del volto di Gesù e la sua iconicità creata tramite un perfetto utilizzo degli elementi naturali che lo contornano (come nel sublime finale) o mediante la numerosità delle folle che si accalcano intorno alla sua persona evitano inutili lungaggini e sottraggono qualsivoglia forma di inutile retorica dalla narrazione.

A completare l’opera poi contribuiscono le fantastiche interpretazioni degli attori che, con un’intensità di sguardo che sembra essere svanita tra i loro epigoni, bucano lo schermo e arrivano diritti al cuore dello spettatore. Il giuramento di vendetta compiuto da Ben-Hur nei confronti di Messala all’inizio della pellicola riecheggerà per sempre nella mente di tutti coloro vedranno questo immenso capolavoro.

Voto:
4.5/5
Christian D'Avanzo
4.5/5
Giovanni Urgnani
5/5