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L’antica Roma al cinema: La caduta dell’impero romano (1964)

Con un cast di primordine, il kolossal firmato da Anthony Mann racconta le vicende dell’Impero ai tempi di Commodo e Marco Aurelio. Nell’articolo l’analisi del film.

E’ una profonda ingiustizia e parzialmente una sconfitta per il dibattito critico cinematografico che “La caduta dell’Impero romano” sia finito nel dimenticatoio della storia della Settima Arte e questo è sorprendente per una lunga sequela di ragione molto evidenti anche a uno spettatore del 2022.

Innanzitutto come per tutti i colossal ambientati nell’antica Roma le dimensioni di questo film sono mastodontiche, eppure lo sono ancora di più di quelle degli altri analizzati in questa rubrica: con i suoi 92mila metri quadrati il Foro Romano ricostruito all’interno della pellicola è uno dei più strabilianti e maestosi esempi di architettura applicati al cinema mai visti. Le ricostruzioni pur bellissime di “Ben Hur” quasi impallidiscono di fronte allo sfarzo della Roma imperiale messa in scena dalla sublime regia di Anthony Mann. Il film inoltre nasconde, come facilmente intuibile per gli appassionati di cinema, una storia nella storia: Anthony Mann fu il regista licenziato da Kirk Douglas su set di “Spartacus” dopo appena una settimana di riprese. Sfortunatamente però le storie di rivalsa non sempre conducono al migliore dei finali, mentre infatti il film poi diretto da Stanley Kubrick sarebbe diventato un campione d’incassi premiato agli oscar e successivamente un classico del cinema tout-court, “La caduta dell’Impero romano” si sarebbe rivelato (nonostante un cast composto da Sophia Loren, Alec Guinnes, Christopher Plummer e James Mason) un flop al botteghino, una delusione per la critica e sarebbe stato presto obliato.

 

Le ragioni alla base di queste differenti riuscite possono essere rintracciate nello spirito assolutamente peculiare con il quale il leggendario regista western approccia il peplum al massimo del suo splendore. Il film infatti compie quasi un lavoro storiografico cercando di rintracciare, pur tenendo in considerazione che il declino prende forma a seguito di una complessa e lunga serie di eventi, il momento nel quale è avvenuta la finale e irreversibile degenerazione dell’Impero Romano, che lo ha poi condotto alla sua rovina (procedimento peraltro spesso utilizzato dagli stessi storici romani, sempre alla ricerca del frangente in cui i costumi dell’Impero hanno cominciato la loro perniciosa mutazione). Questo momento è individuato nella successione di Commodo a Marco Aurelio, entrambi superbamente interpretati da Christopher Plummer e Alec Guinnes rispettivamente. La soluzione presentata dal film è però tutt’altro che banale, infatti vengono analizzati i valori e le usanze della Roma imperiale di quel momento, i diversi rapporti di forza tra consiglieri, pretoriani, esercito, barbari, imperatore e governatori delle province sono messi in campo ed esplicati con una cura quasi chirurgica del dettaglio. Quello su cui si concentra l’opera non sono tanto le battaglie o la rivalità personale tra i due protagonisti, come avveniva invece in “Ben Hur”, quanto più il vero e proprio scontro ideologico tra le fazioni in campo. Nelle diatribe al senato ogni personaggio esprime la sua visione di Roma e di quale sia il suo futuro, intrecciando interessi personali e comuni senza che sia sempre facilmente individuabile la linea di demarcazione tra i due. Lo scontro tra Livius e Commodo diventa lo scontro tra due visioni opposte del Mondo e di gestione del potere, assolutamente avvincente e intrigante.

A rifinire il tutto è la capacità assolutamente indimenticabile che ha Anthony Mann di mettere in scena i momenti cardine del film: la sequenza della morte e del funerale di Marco Aurelio sarebbe da mostrare nelle scuole di cinema, il duello finale è meraviglioso e tutte le volte in cui gli interni e gli esterni della Roma Imperiale sono mostrati si ha la netta sensazione di essere catapultati a decine di secoli di distanza ad assistere a uno dei momenti cruciali della storia del più grande Impero mai esistito.

Voto:
4/5
Andrea Boggione
0/5
Andrea Barone
0/5
Christian D'Avanzo
0/5
Paola Perri
0/5
Giovanni Urgnani
3.5/5
Carmine Marzano
0/5
Carlo Iarossi
0/5
Paolo Innocenti
0/5