Articolo pubblicato il 1 Settembre 2022 da Andrea Barone
La sezione Orizzonti della 79° edizione del festival del cinema di Venezia ha aperto con “Princess”, opera che parla della vita di una prostituta nigeriana che, un giorno, vede un uomo interessarsi a lei in modo diverso rispetto a tutte le altre persone che appaiono semplicemente come clienti.
L’opera, diretta da Roberto De Paolis, riprende una delle caratteristiche più forti del neorealismo italiano, dal momento che la protagonista è interpretata da Glory Kevin, la quale nella vita compie lo stesso mestiere del suo personaggio insieme ad altri membri del cast. Questi ultimi, insieme alla Kevin, hanno persino contribuito alla scrittura del film.
La visione neorealista prosegue anche nell’impostazione narrativa, la quale si incentra su situazioni che mostrano la protagonista Princess svolgere nei modi più estremi la sua professione, mettendo in evidenza la difficoltà di vivere di stenti accettando qualsiasi umiliazione mentre ci sono anche clienti misogeni che guardano lei e le sue compagne dall’alto in basso, mentre Princess guarda in maniera sognante un futuro in cui prima o poi possa sentirsi una donna libera (molto bello il parallelismo con i piccioni che volano nel cielo)

Il difetto del film è principalmente la ridondanza di momenti dove Princess deve sempre arrangiarsi di fronte a clienti molto discutibili, ma l’opera si eleva quando viene sviluppato il rapporto tra lei e un uomo, interpretato da un ottimo Lino Musella, che la tratta in modo molto più umano. Tutti i momenti con lui elevano il progetto evidenziando l’umanita di una prostituta non più attraverso il dolore, ma attraverso la ricerca di amore, facendo capire che in un contesto diverso il volto di una prostituta nigeriana è esattamente lo stesso di qualunque donna che cerca dignità, creando situazioni cariche di dolcezza e rivelando l’innocenza di una bambina nascosta in ogni persona che vuole scappare dalla mancanza di empatia.
Mettete a nudo la protagonista Princess, il film dimostra che ogni essere umano ha ricerche che portano sempre allo stesso obiettivo: il bisogno di essere amati non ci rende diversi da nessuno. Tuttavia, proprio il nome “Princess” evidenzia come le situazioni più dolci siano viste come una gigantesca favola, poiché il continuo stupore e rigetto immerso negli occhi di Princess dimostrano la rarità per una persona immersa in quel contesto sociale di poter essere considerate. In questo modo l’opera riesce nel tentativo di denunciare la discriminazione di persone che ignoriamo continuamente e cerca di farci sperare, seppur con una nota di pessimismo, che tali sogni tanto inseguiti da Princess non siano più visti come una favola e, di conseguenza, un miraggio.