White Noise: la grande apertura di Venezia 79

Articolo pubblicato il 8 Maggio 2023 da Andrea Barone

Il film d’apertura della 79esima edizione della Mostra Internazionale del cinema di Venezia è White Noise di Noah Bumbach. Cast importante in cui figurano come protagonisti Greta Gerwig e Adam Driver, spalleggiati dai giovani interpreti nel ruolo di figli e da un memorabile Don Cheadle. Dopo Storia di un matrimonio, Baumbach si distacca dai canoni delle opere precedenti per dedicarsi alla trasposizione dell’omonimo romanzo scritto da Don DeLillo (che, premessa, chi scrive non ha letto). La maturità acquisita dal regista è tale dal poter definire la pellicola come la più originale presente nella sua filmografia. White Noise è una visione satirica della vita familiare e del mondo accademico. Jack Gladney (Driver) è un professore di studi hitleriani che vive in una città del Midwest con la sua quarta moglie, Babette (Gerwig) e i suoi numerosi figli. Sia Jack che Babette hanno una grande paura della morte e sono costretti a confrontarsi con la loro mortalità quando un evento tossico aereo colpisce la loro zona.

 

Il film è compatto, curato, ricco di sfaccettature: ragiona sul senso della morte, la paura che causa, e come riesce a essere un impeto sempre presente nella nostra quotidianità; senza il confine che crea, la vita non potrebbe essere ugualmente considerata, privata del “rumore bianco” a cui si riferisce il titolo. Messa in scena convincente per tener testa ad una sceneggiatura impavida: il bianco è inserito brevemente in poche inquadrature sempre molto suggestive, sovrapponendosi all’immagine e talvolta squarciandola con i fari di un treno, ad esempio.

Baumbach, come i recenti Cronenberg e Peele, mescola generi, riflette sullo sguardo schiavo delle immagini, subdolamente persuaso. Proprio la persuasione è un concetto espresso magnificamente durante tutto l’arco narrativo, poiché abbiamo proiezioni mentali, riflessi adagiati su vetri, dettagli su tocchi corporali concreti per comunicare emozioni, il vedere con occhi propri i video d’archivio di Hitler a quelli di Elvis Presley, due figure contrapposte ma che hanno in comune proprio l’arte persuasiva; il primo è con i propri discorsi che sprigiona energia nel popolo tedesco, inneggiando alla superiorità e in un certo qual senso avvolgendolo in una sicurezza tale da sentire di poter evitare la morte dell’individuo inteso come singolo, in favore della collettività (bene superiore); il secondo persuade tramite l’immagine che da di sé al suo pubblico, letteralmente vendendo il suo corpo e i suoi movimenti grotteschi, sensuali. Da un lato la dittatura, dall’altro il capitalismo. Germania e America. Due estremi che si sono somigliati sempre più con il passare del tempo? La persuasione delle immagini e social, i media, che ci allontanano sempre più dalla famiglia e dal contatto umano, quasi come se ci fosse ormai difficoltà a mantenere un proprio segreto personale senza che qualcuno lo venga a sapere, persino la violenza risulta un intrattenimento per l’umanità.

 

Da qui partono diverse trame principali che si ingarbugliano brillantemente senza mai confondere pur dotate di una certa complessità. Da una satira familiare, si passa per la fantascienza apocalittica portata dalla nube tossica la cui conseguenza e inizio fortuito ci parlano indirettamente della pandemia (soprattutto il primo periodo dopo lo scoppio), finendo per disturbare con elementi horror, thriller e addirittura noir con una folgorante fotografia che nel cinema contemporaneo si presenta a colori piuttosto che col bianco e nero tipico del genere, ma ciò non ne depotenzia l’espressività sui volti dei personaggi. Gli attori si sono sottoposti ad un ottimo lavoro di trucco ricreante gli anni ’80, nonché un fisico che rende i rispettivi ruoli davvero memorabili con i sottofondo le musiche di Danny Elfman. La loro performance avvalora il discorso sullo sguardo, la persuasione e lo spettacolo siccome c’è una minuziosa attenzione ai dettagli (non solo registici, quindi), ai dialoghi performativi, in alcune occasioni.

 

Come l’anno scorso fece Madres Paralelas di Almodovar, l’attuale edizione si apre al meglio con un film formidabile sotto tutti i punti di vista. Sarà distribuito su Netflix, e sicuramente se ne parlerà tanto dell’originalità cucita da Baumbach attorno alla narrazione, ai personaggi e alle loro relazioni, ai contesti e sottocontesti. Un’opera a cui possiamo già asserire l’aggettivo di “importante”.

Voto:
4/5
Andrea Barone
4.5/5
Bruno Santini
3.5/5
Gabriele Maccauro
2.5/5
Vittorio Pigini
3/5
Alessio Minorenti
4.5/5
Paola Perri
4/5
Giovanni Urgnani
2.5/5
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