Cerca
Close this search box.

Padre Pio: il peso del peccato politico

Tra i film selezionati al festival di Venezia 2022 per le Giornate degli Autori abbiamo “Padre Pio”, nuova opera del maestro Abel Ferrara e primo film cinematografico dedicato alla figura dell’omonimo Santo. Il film è ambientato a San Giovanni Rotondo dopo la fine della prima guerra mondiale e, mentre Padre Pio è da poco arrivato in paese, i contadini cercano di far valere i propri diritti per non essere sfruttati, ma i grandi proprietari terrieri non accettano che ci siano delle proteste e sono disposti anche ad usare dei metodi violenti per calmare le acque.

Stando al titolo, ci si aspetterebbe che il film racconti un tratto della vita di Padre Pio come diversi biopic che sono stati realizzati negli ultimi anni, ma il regista decide di andare in una direzione completamente inaspettata. Il lungometraggio è letteralmente diviso in due parti che si alternano: da un lato vediamo il Santo che cerca di risolvere l’oscurità che alberga nel suo cuore mentre cerca di lottare contro i suoi dubbi interiori, mentre dall’altra vediamo le vicende dei cittadini paesani che combattono contro la violenza sociale che subiscono da parte dei ceti alti.

L’obiettivo di Abel Ferrara è infatti rappresentare l’anima dell’uomo che si fa carico del peccato: Padre Pio è colui che fa penitenze e soffre per cercare di espiare le colpe e raggiungere la forza per affrontare il mondo, mentre il peccato è simboleggiare dalla violenza fascista che subiscono gli innocenti. Il frate viene mostrato mentre subisce le provocazioni di Satana o mentre la Madonna gli appare, attraverso visioni oniriche che ci fanno avvertire la sua paura ma anche la sua forza davanti alle diverse sfumature di violenza e perversione che cercano di fondersi con la sua anima che non sempre riesce a capire la visione di Dio e della speranza che lentamente deve emergere.

Se quindi l’animo dilaniato di Padre Pio è ben reso, la stessa cosa vale per la lotta politica, con persone povere e umili che sperano in un futuro migliore per la loro condizione sociale mentre gli uomini ricchi, compresi sindaci e persino preti corrotti (in contrasto con i frati del convento), fanno di tutto per togliere diritto di parola seminando la cattiveria fascista di cui seme era già fortemente impiantato. La speranza contro le violenze della discriminazione sociale vuole emergere ma è spesso molto bassa, a tal punto che spesso è lo spettatore che deve decidere se può ancora sentire una luce per il futuro del mondo, proprio come Padre Pio cerca di avvertire la mano di Gesù sul suo animo mentre avverte tanta sofferenza provocata dal male.

Nel film Padre Pio è rinchiuso nel suo guscio e non esce mai dal convento, così narrativamente lui è estraneo agli eventi che accadono al popolo, in modo che possiamo ottenere un parallelismo tra l’uomo ed il peccato che sia interamente simbolico. Sicuramente questa decisione dell’autore è sperimentale ed audace e potrebbe attrarre molto grazie all’originalità, ma allo stesso tempo è frustrante che il film abbia il nome del santo e tale santo non entri mai in contatto con nessun personaggio che appaia importante per la storia, sia per la scelta narrativa che temporale.

La regia di Abel Ferrara presenta dei primi piani che ci immergono nell’animo dei personaggi, che spesso confrontano le loro idee anche solo con gli sguardi, specialmente nelle figure oniriche accompagnate anche da movimenti di macchina da presa che seguono la delicatezza del Santo. Appaiono invece davvero scomodi i frame che vengono rallentati fin troppo spesso e che sono efficaci solo quando sono usati per farci avvertire il peso di Padre Pio.

La fotografia di Alessandro Abate è il mistero più grande: da un lato ci sono colori splendidi in cui il lume della candela nelle case assume un’intimità che fa avvertire il proprio calore, dall’altro le scene esterne ambientate di giorno mostrano colori in cui la fotografia è inspiegabilmente assente ed assume un grigio utilizzato tipicamente nelle produzioni amatoriali. Tale problema tecnico rovina anche delle scene potenti come il piano sequenza della città che riflette lo sguardo di Padre Pio.

Nonostante l’opera sia girata in inglese, gli attori del film sono tutti italiani fatta eccezione proprio di Padre Pio che è interpretato da Shia Labeouf: è straordinario il modo in cui l’attore alterna espressioni compassionevoli e pieni di amore con altri in cui tutta la sua frustrazione e rabbia nei confronti del male lo fanno sembrare quasi un bambino spaventato che però riesce ad avere grinta. Labeouf aggiunge nel frate anche una svogliatezza scorbutica durante la scena di una confessione, ma proprio tale svogliatezza tira fuori tutta la sua umanità e fragilità. Tale interpretazione è probabilmente destinata ad essere una delle più intense che siano state fatte in opere religiose, senza togliere nulla al resto del cast che appare più che convincente, specialmente la bravissima Christina Chiriac.

In conclusione “Padre Pio” è una rappresentazione cinematografica della selva oscura dantesca che evidenzia i nostri problemi sociali e spirituali. La sperimentazione che Abel Ferrara inserisce con i suoi parallelismi forse potrebbe essere vista come non necessaria, perché nonostante le visioni narrative ed oniriche funzionino da separate, non è altrettanto così quando si intrecciano e lo spettatore rischierebbe di vedere la ricerca di calore diventare fredda proprio per la mancata interazione già citata. Ma nonostante questo limite, accompagnato da inaspettati problemi tecnici, l’opera rimane comunque un esperimento audace e probabilmente unico nel suo lato estremo per il genere a cui appartiene… e tanto coraggio da parte di Abel Ferrara rende la cosa assolutamente degna di una visione.

Voto:
3/5
Andrea Boggione
0/5
Christian D'Avanzo
2.5/5
Carlo Iarossi
0/5
Paolo Innocenti
0/5
Carmine Marzano
0/5
Alessio Minorenti
0/5
Paola Perri
0/5
Giovanni Urgnani
0/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

PRO