L’Immensità: l’unico aspetto degno di tale definizione è Penélope Cruz

Articolo pubblicato il 19 Settembre 2022 da Andrea Barone

L’immensità, il nuovo film del regista Emanuele Crialese con protagonista il Premio Oscar Penélope Cruz presentato in concorso in anteprima mondiale a Venezia79. Ambientato a Roma, anni Settanta: un mondo sospeso tra quartieri in costruzione e varietà televisivi ancora in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli, su cui Clara riversa tutto il proprio desiderio di libertà. Adriana, la più grande, ha appena compiuto dodici anni ed è la testimone attentissima degli stati d’animo di Clara e delle tensioni crescenti tra i genitori. La ragazza rifiuta il suo nome, la sua identità, vuole convincere tutti di essere un maschio e questa ostinazione porta il già fragile equilibrio familiare a un punto di rottura. Mentre i bambini aspettano un segno che li guidi, che sia una voce dall’alto o una canzone in tv, intorno e dentro di loro tutto cambia.

Ahimè, il titolo della recensione è esplicativo: Penèlope Cruz vale l’ora e trentasette di visione, ma il film in sé è di un vuoto sconcertante. Il regista non riesce mai a proporre allo spettatore elementi propositivi restando piatto e insignificante nel veicolare un messaggio potenzialmente importante ma che qui si dissolve. Non abbiamo possibilità di renderci conto di dove ci troviamo e quando; pressapochista il tentativo di proiettare i personaggi sullo schermo televisivo nella musica italiana storica, tra la Carrà, Mina e Celentano (Prisencolinensinainciusol del ‘73). La Cruz è una madre probabilmente sposata perché trasferitasi dall’America Latina, possiamo presupporlo senza averne mai certezza, eppure non trova la felicità siccome il marito (che guarda caso si chiama Felice) è un uomo freddo e prepotente sia con lei che con i figli. Tra l’altro, ad eccezione di lei, però, gli altri attori non sono nemmeno lontanamente all’altezza del ruolo richiesto. La trama che vede protagonista la bambina Adriana/Andrea, desiderosa per l’appunto di esser considerata maschio, gratta appena in superficie quasi come per timore di raccontare; sullo stesso tema è doveroso consigliare allora Tomboy di Céline Sciamma. Le altre situazioni quali la malattia mentale di Clara e la relazione extraconiugale di Felice, sono accennate e buttate subito via, un riempitivo incomprensibile che non adempie nessuno scopo. Sempre la Cruz riesce a dare quel quid che all’intero film manca, attraverso la relazione con i figli: è talmente coinvolgente che anche i giovani attori sembrano divertirsi con lei (vedasi l’incipit), pur non essendo ben diretti in altri momenti. Si vede che il ruolo della madre le viene sempre bene, e quel capolavoro di Madres Paralelas presentato l’anno scorso a Venezia conferma.

 

Un titolo in concorso davvero deludente, per niente concreto, nemmeno lontanamente sincero. Il risultato è l’incomprensibile salto nel vuoto di Crialese, posticcio, con qualche bella inquadratura di cui ce ne facciamo ben poco, tutto molto sciapo.

Voto:
2/5
Andrea Barone
2/5
Andrea Boggione
0/5
Carlo Iarossi
0/5
Paolo Innocenti
3/5
Carmine Marzano
0/5
Alessio Minorenti
1.5/5
Paola Perri
0/5
Giovanni Urgnani
0/5
0,0
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Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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