The Queen. La Regina: Una Figura Fuori Dal Tempo

Articolo pubblicato il 12 Settembre 2022 da Carmine Marzano

“Cinquantacinque anni fa ho avuto la fortuna di consegnare la Coppa del Mondo a Bobby Moore e ho visto cosa significasse per i giocatori, i tecnici e lo staff raggiungere e vincere la finale di un torneo così importante, voglio mandare le mie congratulazioni e quella della mia famiglia a tutti voi per essere arrivati alla finale degli Europei ed inviarvi i miei migliori auguri per domani nella speranza che la storia ricorderà non solo il vostro successo, ma anche lo spirito, l’impegno e l’orgoglio che avete dimostrato” (Elisabetta II messaggio indirizzato al ct Gareth Southgate alla vigilia della finale degli Europei 2021). 

 

Nonostante sia stata troppo precipitosa nel cantar vittoria, l’ex sovrana britannica, la cui morte si chiude definitivamente il secolo del 900′ dal punto di vista politico-istituzionale, con tali parole rivela sia come non si potesse sorridere innanzi alle sue previsioni errate sia su quali basi poggi l’istituto monarchico; non palazzi reali, corone sfavillanti o castelli secolari, ma un flusso storico millenario immanente a tale forma politica, un potere “fuori dal tempo” e “fuori tempo”, nella quintessenza di una modernità globalizzata, incarnata appieno dai media, l’informazione e le campagne ideologiche bipartisan, che vivono gli avvenimenti in tempo tale, con una tale velocità di elaborazione, che il riserbo ed i valori della monarchia, appaiono come ridicoli riti arcaici, che al meglio fanno sorridere, alla peggio un qualcosa da buttare nel secchio dell’umido. 

Dal punto di vista ideologico del sottoscritto, risulta essere l’analisi critica più difficile di tutta la carriera, perchè chi vi scrive, ha sempre odiato nel profondo la monarchia, in quanto di dichiarata fede repubblicana, vedendo nelle figure di re e regine, simboli di diseguaglianza sociale, in quanto massima espressione di un privilegio di nascita immotivato; quindi non ha stracciato le proprie vesti alla morte della regina Elisabetta II, però alla notizia della sua morte, comunque ha avuto la sensazione di aver vissuto in diretta la fine di un “concetto”, il trapasso definitivo di un’epoca.
Chissà come avrà reagito un regista di sinistra e di dichiarata visione repubblicana come Stephen Frears, che tra molti travagli produttivi, nonché ostacoli in patria – la corona inglese era ostile al film, tanto da mandare degli ispettori a Venezia all’anteprima per valutare eventuali esposti legali -, girò con The Queen. La Regina (2006), un film che all’epoca spiazzò i molti, che si aspettavano dal regista un attacco diretto all’istituzione monarchica, trovandosi innanzi ad un’opera ben più articolata e complessa.

Il film non è una mera opera anti-sistema, ma una satira su un potere assediato da una modernità prepotente ed arrembante, presentatasi tutta assieme a chiedere il conto; Tony Blair (Michael Sheen), primo ministro laburista dopo 18 anni (la regina era di note idee conservatrici), un uomo giovane, con tanto di maglietta di calcio mentre è intento in chiamate istituzionali, accompagnato da una moglie arrembante quanto radicale nelle idee anti-monarchiche (Helen McCroy), con tanto di porte del nuovo millennio che si avvicinano inesorabili ed infine lei; l’odiata Diana Spencer, il cui volto sorridente etereo, aleggia nei vari notiziari e fotografie di giornali, guadagnando sempre più stima ed affetto, finché un incidente a Parigi il 31 Agosto del 1997 la rese immortale nei cuori degli inglesi
Una morte come un’altra secondo la logica della sovrana, d’altronde Elisabetta II ne ha affrontate tante di avversità e lutti nel corso sia della sua vita sia del suo regno, eppure per la prima volta nella sua vita, rompe l’implicito patto immanente con il suo popolo, quest’ultimo confuso e spiazzato dalla mancanza di reazioni da parte della famiglia reale alla morte dell’amata principessa
Il peso della corona, induce l’individuo che la porta a dover dissimulare sé stesso, i primi pensieri e le proprie emozioni, ma dopo 45 anni di regno, Elisabetta è divenuta essa stessa la monarchia, perché due generazioni d’inglesi non hanno conosciuto altri regnanti al di fuori di lei stessa.
La regina assieme ai membri della famiglia reale, decide di proseguire la vacanza nella sua dimora estiva di Balmora, chiudendosi in un isolamento, che per lei è contegno austero, perché della morte non si vuole dare spettacolo, mentre per il popolo è segno di manifesta ostilità nei confronti della memoria di Diana, sulla cui figura molto la sovrana aveva scommesso, sentendosi poi tradita dai suoi atteggiamenti così poco consoni ad una “reale”, culminati con uno scandaloso divorzio, che ha sancito il fallimento totale della regina, che vorrebbe liquidare il tutto come un momento di “isteria popolare”, destinato a passare presto, rifiutando qualunque apparizione pubblica o segno tangibile di lutto, trincerandosi dietro il fatto che Diana non essendo più un componente della “royal family”, non poteva ricevere onori come un funerale di stato o una bandiera a mezz’asta. 

Tramite una regia cronachistica, dal tono garbatamente satirico coadiuvata da una sceneggiatura intrinsecamente “british” come quella di Peter Morgan, il regista scolpisce il ritratto di una sovrana-istituto sostanzialmente sola e gravata personalmente dal peso delle proprie decisioni, modellandone i gesti e la voce sul corpo di Helen Mirren, eccellente nel ritrarre un personaggio “pubblico”, ma al contempo inafferrabile alla visione comune, dandoci la piena consapevolezza della donna dietro la regina, con un profondo scavo psicologico, atto a farne emergere le fragilità dietro lo smarrimento di quei giorni nefasti; una Coppa Volpi, l’Oscar miglior attrice protagonista e tutti i premi cinematografici dell’annata, furono una giusta ricompensa, per una delle interpretazioni chiavi del nuovo millennio.
Un personaggio così articolato, porta a semplificazioni caratteriali eccessive sugli altri membri della famiglia reale, che appaiono macchiette abbozzate: un marito arrogante, un figlio confuso, una sorella sciroccata ed una madre distaccata; figure oscurate dalla protagonista, ma il film denuncia questa situazione prendendola anche un po’ in giro, come una satira elegante che non usa l’accetta o lo scalpello ma preferisce il fioretto, con la deferenza che si deve a “sua Maestà”, pur senza fare troppi sconti nella sostanza. Se da un lato ci vengono mostrate tutte le pesantezze reazionarie di un sistema antico e ingombrante, dall’altro si ammira una Elisabetta-Queen in gamba, sempre sul pezzo, decisa e lucida su ciò che (non) si deve fare, capace di rappresentare quel che resta dell’Inghilterra, in modo fiero e nobile, come quel grande cervo dalle quattordici corna, la cui testa è appesa come trofeo, riceve l’unica lacrima di dolore della regina – una sequenza intrinsecamente british -.
E’ un film ben più complesso, sfumato ed articolato di quanto possa apparire alle prime visioni, in cui forse si può beccare accuse di cerchiobottismo, ma in realtà capace di leggere i fatti come pochi, cominciando con una Diana elevata a “principessa del popolo” da una stampa mitizzante, che l’ha de-privata di ogni difetto umano, passando poi per gli osanna intentati nei confronti di Tony Blair, capace di cavalcare i sondaggi e media, così che ebbro di gloria, prenderà decisioni nefaste per il destino del mondo, subendo anni dopo da quella stessa stampa, una tempesta negativa di ritorno.
Le novità vanno e vengono, Elisabetta Winsor rimane un simbolo eterno, la regina dei due secoli, la cui dipartita l’8 Settembre 2022 chiude un’era; mai come prima istituzione e corpo s’erano fatti un’unica cosa e il film The Queen. La Regina, riesce nel compito impossibile, di far scorgere lo spirito sfuggente di una personalità, divenuta la memoria umana di un’istituzione millenaria.

Voto:
4/5
Andrea Barone
0/5
Andrea Boggione
/5
Christian D'Avanzo
/5
Carlo Iarossi
/5
Paolo Innocenti
/5
Alessio Minorenti
/5
Paola Perri
/5
Giovanni Urgnani
/5