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Gli Anelli del Potere: da 1×01 a 1×04 (SPOILER)

Gli Anelli del Potere, recensione del finale di stagione

Il 2 settembre dell’anno corrente approda su Amazon Prime Video, una serie originale prodotta da quest’ultima, il prodotto televisivo più costoso – 465 milioni circa – di sempre: Gli Anelli del Potere. Inizialmente sono stati rilasciati i primi due episodi del kolossal, ed ogni venerdì ce ne sarà un altro (8 episodi in totale). Sviluppando il vasto mondo creato dalla mente di J.R.R. Tolkien e, partendo da un momento di relativa pace, la serie segue un gruppo di personaggi, alcuni già noti, altri nuovi, mentre si apprestano a fronteggiare il lungamente temuto ritorno del male nella Terra di Mezzo. Dalle più oscure profondità delle Montagne Nebbiose, alle maestose foreste della capitale elfica di Lindon, all’isola mozzafiato del regno di Numènor, fino agli angoli più remoti della mappa, questi regni e personaggi costruiranno un’eredità che sopravvivrà ben oltre il loro tempo. Gli Anelli del Potere è la serie che porterà per la prima volta sugli schermi le eroiche leggende della mitica Seconda Era della storia della Terra di Mezzo in un’era lontana in cui furono forgiati grandi poteri, regni ascesero alla gloria e caddero in rovina, improbabili eroi furono messi alla prova, la speranza appesa al più esile dei fili, e uno dei più grandi cattivi usciti dalla penna di Tolkien minacciò di far sprofondare tutto il mondo nell’oscurità.

Il primo episodio è diretto da J.A. Bayona, e si apre seguendo le vicende Galadriel, in un flashback la vediamo intenta a giocare con gli amici nell’utopica Valinor, per assistere poi all’arrivo dell’oscurità per mano di Morgoth. Ma gli Elfi non si danno per vinti e scendono in guerra. Lasciano Valinor e partono per la Terra di Mezzo, dove lottano fino alla morte contro il male per secoli. Alla fine Morgoth viene sconfitto, ma non senza generare distruzione nel mentre, per mano dei suoi orchi guidati dal suo fedele servo, Sauron. Il fratello di Galadriel fa voto di stanarlo e distruggerlo, ma lo stregone lo trova per primo. Così, la giovane accoglie la missione del fratello. Da qui in avanti parte il viaggio fisico e morale dell’Elfa, che si pone l’obiettivo di mettere a tacere per sempre le ombre maligne portate da Sauron e il suo esercito di orchi. Il bene e il male sono in continuo contrasto tra di loro, perché la luce che prima sovrastava l’oscurità qui viene minacciata dalla ribellione del basso, dell’inconsapevolezza di una potenza e di un marcio maturato nell’ombra. Il male si instaura nelle creature, in particolare nella tormentata protagonista, dando anche l’illusione di aver terminato e di giacere nei ricordi, eppure per tutto l’episodio incombe la paura dell’inevitabile. Ciononostante gli Elfi accolgono questa speranza come una vittoria non trovando tracce recenti di Sauron, con tanto di dono da parte del re Gil-galad che decide di premiare Galadriel e i suoi soldati con un biglietto di sola andata per le Terre Immortali di Valinor. La decisione del re è spinta anche dalla convinzione che la spasmodica ricerca di Sauron intrapresa dalla giovane, rischi solo di rafforzare lo stregone, invece che eliminarlo per sempre. Come il vento che nel tentativo di spegnere le fiamme contribuisce ad espanderle. Nel frattempo che le metafore naturali si sposano perfettamente con la narrazione, contribuendo a rendere ancor più eloquenti le scenografie mostrateci, con riprese zoom-out a dare ampio respiro a quanto si vede, il montaggio interseca altre due storie oltre la principale. Infatti ci addentriamo nelle Terre degli Uomini, dove è di istanza un gruppo di Elfi ranger, tra cui Arondir. Il suo compito e quello dei suoi compagni è quello di pattugliare quei luoghi, un tempo leali a Morgoth. Non è esattamente il migliore dei lavori, anche perché gli Uomini non li vedono di buon occhio; ma sarà l’amore per una donna, Bronwyn, a catturare l’attenzione dello spettatore nei confronti di questi personaggi e della loro relazione proibita. Dopo Arondir, facciamo la conoscenza dei Pelopiedi, i predecessori degli Hobbit, ma a differenza loro sono una popolazione nomade, sempre in movimento, che fa affidamento sullo stare uniti. Ovviamente, c’è sempre qualcuno che sogna l’avventura. Questo è il caso di Nori, che si diverte a superare i limiti delle aree occupate dai Pelopiedi. Questo suo spirito curioso la porta ad essere l’unica testimone di un evento incredibile: l’arrivo dai cieli dello Straniero. La circolarità dell’episodio termina con un lucente e avvolgente primissimo piano di Galadriel che, tornando al flashback dell’incipit in cui il fratello le spiega il concetto di bene-luce e male-oscurità con la metafora della nave, decide arbitrariamente di tuffarsi nell’ignoto del mare accogliendo il dolore e le difficoltà future.

Un’incipit didascalico il giusto, che spiega quando deve e fornisce informazioni sempre utili ai fini narrativi e mai ridondanti o fuori posto, cosa non scontata per la serialità odierna. Si riesce a far orientare perfettamente lo spettatore anche grazie alla mappa che, con dissolvenze, segna tutti gli spostamenti. L’azione è ponderata, inserita col contagocce: eppure basterebbero le poche immagini della guerra riassunta nella presentazione, o lo scontro con un Orco dei ghiacci (con tanto di gola tagliata), con movimenti di macchina armonici a dare fluidità alla circolazione dei personaggi negli ambienti. Le loro azioni tra l’altro sono accompagnate dal montaggio stesso, riprendendo la fine di un’azione con l’inizio di un’altra con il passaggio di scena. Ciò contribuisce magistralmente a dare sinergia tra le varie componenti del racconto, lasciandolo scorrere tutto d’un fiato nella sua prima ora seriale. Spostare Il Signore degli Anelli dal grande schermo al piccolo può risultare un azzardo, ma al momento, l’inizio di serie è semplicemente e gustosamente cinematografico. La recitazione è di un livello altissimo, a tal punto che gli attori, in primis Morfydd Clark, recitano in modo espressivo con le sopracciglia e i denti (invece sterili e puerili le questioni legate all’etnia degli attori). Insomma, si mescola il linguaggio del cinema con quello seriale, finendo per esserne un esempio magistrale.

Gli Anelli del Potere: 1×02 (SPOILER)

Prosegue il viaggio nella Terra di Mezzo e riprendiamo le storylines cominciate nel primo episodio della serie. Mentre Galadriel si trova ancora in mare, avvolta dalla notte, Nori è sempre più attirata dallo Straniero e decide di occuparsi di lui. Quest’ultimo non sembra ricordare il suo nome ed è poco chiaro nelle intenzioni, nella lingua parlata e nei poteri posseduti. Nel frattempo Arondir e Bronwyn cercano di capire chi, o meglio cosa, abbia potuto mettere a ferro e fuoco Hordern. Elrond, invece, ha raggiunto Eregion, nel Reame dei Fabbri Elfici, con Celebrimbor, dove si imbatte nel martello di Feanor, lo strumento che forgiò i Silmaril, ovvero i gioielli che contengono la vera luce di Valinor. In virtù di un nuovo progetto quale la costruzione di una torre in grado di ospitare la più potente forgia mai realizzata, Elrond, bisognoso di una corposa forza lavoro, vuole rivolgersi ai Nani. Giunti a Khazad-Dum per chiedere udienza al Principe Durin, vecchio amico di Elrond, siccome rifiuta di incontrarli, l’Elfo si trova costretto ad invocare il Rito dei Sigin-tarag, una sorta di sfida di resistenza, e subito le porte del regno si spalancano.

Un episodio molto interessante che riesce ad incutere timore in più occasioni allo spettatore, sia perché le scene in notturna, nonché posti oscuri, sono decisamente maggiori rispetto all’episodio precedente, sia perché i protagonisti sono costretti a fronteggiarsi con creature misteriose e pericolose. Inoltre, si insiste sul contrasto bene-male, ancora una volta con dialoghi efficaci a mettere in risalto metafore quali luce/amore; ad esempio quando si parla dell’albero di Lindon donato da Elrond a Durin, si fa esplicitamente riferimento all’amore familiare presente in casa che ha permesso all’albero di crescere bene e alla giusta illuminazione. Al contrario, il male arriva dal basso e si insita nell’oscurità: Arondir si addentra in un tunnel sotterraneo, nella speranza di capire quale minaccia ha distrutto Hordern. Qualcosa, però, lo cattura. Anche Theo rischia lo stesso destino. Dal pavimento di casa, infatti, emerge un Orco, ma grazie all’aiuto della madre, si salva. Con la testa della bestia come prova, Bronwyn riesce a convincere il suo popolo a scappare. Tuttavia, il male probabilmente li seguirà. Theo infatti continua a maneggiare quella che sembra l’elsa di una spada spezzata di Sauron, e quando il sangue del ragazzino entra in contatto con l’arma, questa dal nulla si ricostruisce. Ma il male/oscurità è presente anche nella vastità delle acque: infatti, tornando a Galadriel, dopo aver nuotato non si sa per quanto si imbatte in una zattera di Uomini naufraghi che decidono di accoglierla tra loro. La giovane scopre così che la nave dei suoi salvatori è stata attaccata da una mostruosa creatura marina che identificano come “il verme”. Quando questi ultimi realizzano che Galadriel è un Elfo, la ributtano in mare, ma nel frattempo il verme si rifà vivo e uccide praticamente tutti i naufraghi, tranne Halbrand, che riaccoglie sulla zattera la giovane. Insieme riescono a sopravvivere anche ad una tempesta, ed è in questa occasione che tra i due inizia a stringersi un legame dopo i battibecchi iniziali. Ma l’oscurità può essere anche data dall’ignoto: in tal caso tra i diversi popoli che vediamo in questi primi episodi come smarriti, disturbati dalla guerra che fu, si fa fatica a fidarsi da qualcuno che non sia “come noi”. L’Elfa viene buttata in mare dagli umani, Elrond viene visto come un opportunista dal re dei Nani che forse ha qualcosa da nascondere (questo potrebbe essere un ulteriore danno), Arondir non è una presenza benvoluta all’interno del villaggio degli Uomini, pur avendo nobili intenzioni. Ancora una volta sono i pacifici Pelopiedi, una delle tre razze degli Hobbit, a dimostrarsi di buon cuore: la piccola Nori cerca di aiutare, insieme ad un’amica, lo Straniero caduto dal cielo, in palese smarrimento. Ecco che la luce può essere guida e mezzo di comunicazione, poiché le lucciole usate nelle lanterne dei Pelopiedi, vengono richiamate dal potere dello Straniero per costituire un percorso di stelle nel cielo; un richiamo ad una strada da ritrovare e la volontà di comunicarlo alle giovani Hobbit.

Un secondo episodio che dà continuità tematica alla serie, ma che non riesce tecnicamente ad essere aggraziato come il precedente. Il montaggio è composto da stacchi più netti che interrompono bruscamente il racconto, suddividendo quasi forzatamente lo screen time dei vari personaggi e perdendo valore in quanto equilibrio e coesione. La CGI invece, anche qui, convince. Gli effetti visivi sono decisamente cinematografici. I Nani vengono introdotti coerentemente al mondo scritto da Tolkien, quindi rozzi ma sentimentali. L’alone di mistero che pervade la narrazione seriale de Gli Anelli del Potere, risulta intrigante ed energico. Ancora una volta da segnalare la performance attoriale di Morfydd Clark, meravigliosamente promettente se resta così costante in carriera.

Gli Anelli del Potere: 1×03 (SPOILER)

L’episodio si apre con Arondir nelle mani degli Orchi; questi ultimi conducono il ranger in un campo di lavoro da loro gestito per volere di un certo Adar. Arondir si ritrova così assieme ad altri suoi compagni, catturati prima di lui, tutti impegnati nella costruzione di una sorta di passaggio attraverso una landa desolata, per ragioni al momento sconosciute. Uno dei prigionieri ipotizza che questo Adar sia il successore di Morgoth e che quindi non sia che un altro nome per Sauron stesso. Mentre avviene tutto ciò nelle Terre del Sud, Galadriel e Halbrand vengono recuperati in mare da una nave di Uomini capeggiati da Elendil, padre di Isildur e nonno di Aragorn. L’uomo e l’Elfa vengono portati nel Regno dell’Isola di Numènor, dove al cospetto della Regina Miriel, Galadriel chiede di essere scortata nella Terra di Mezzo. Qui una volta gli Elfi erano ben voluti e l’isola era stata concessa agli Uomini per ringraziarli del loro appoggio durante la guerra; eppure la situazione è cambiata con gli anni, in quanto riprendendo il fil rouge dell’episodio precedente, i rapporti tra i vari popoli del mondo sono incrinati. Oltre i Mari Separanti, ci si prepara invece per la migrazione dei Pelopiedi. Per Nori e la famiglia Bradipiede, però, è molto rischioso. Largo, infatti, è ancora bloccato da una caviglia rotta, mentre la figlia continua ad aiutare in segreto lo Straniero. Quest’ultimo e Nori escono allo scoperto e desteranno non pochi sospetti e sfiducia tra gli Hobbit. Ciò infatti porta alla decisione del capo di lasciare i Bradipiede in coda alla fila durante la migrazione.

La linea narrativa di Nori, al momento più staccata dalle altre, potrà esprimere in futuro ciò che lei sta dimostrando in questi primi episodi, ossia uno spirito simile agli Hobbit di cui abbiamo seguito le avventure nei prodotti cinematografici, legando la sua storia a quella degli altri protagonisti. Lo Straniero è ancora un mistero, forse verrà svelata più avanti la sua identità. Ciò che però emerge tematicamente in questo terzo appuntamento de Gli Anelli del Potere, è la relazione genitori-figli: nel caso di Elendil (il cui nome tra l’altro significa amico degli Elfi) ci sono disguidi con Isildur, che non ha fretta di emergere seguendo le orme del padre come cadetto in mare; l’acqua però, a detta di Elendil, sarà elemento purificatore per il figlio. Ciononostante, Isildur dimostra saggezza aiutando la sorella ad entrare nella Gilda edile, mentre lui è deciso a rimandare l’attesa Prova del Mare. Lo scontro generazionale avviene anche tra Nori e sua madre, avendo la prima tradito la fiducia della seconda, si prende una strigliata che difficilmente dimenticherà. La madre cerca di riportarla con i piedi per terra, di frenare la sua curiosità, affermando che la piccola non è poi così speciale. Le relazioni con i genitori sono fondamentali, bisogna tener saldo un ponte tra la vecchia e la nuova generazione, sempre con il dialogo e mai con la prepotenza, né dall’uno né dall’altro lato. Il fantasy de Il Signore degli Anelli è sempre stato specchio della società in cui viviamo, ed anche il tema del rispetto della natura è una colonna portante: nella linea narrativa riguardante Arondir, ciò che scatena la ribellione degli Elfi è il rispetto che loro hanno nei confronti di un albero che ha messo radici ben prima degli Orchi, ma al contrario quest’ultimi pensano egoisticamente di dover passare, andare oltre, abbattendolo e estirpandone con la forza le radici. Tutti riprendono poi a lavorare, finché non arriva per il loro il momento di ribellarsi e scappare. Con l’aiuto di Arondir, Revion riesce a liberarsi dalle catene e ad uscire dalla trincea, ma lo raggiungono due frecce e muore (citando la morte di Boromir). Riconosciuto il ruolo di Arondir in quella ribellione, gli Orchi decidono di portarlo da Adar, inquadrato fuori fuoco e fungendo da cliffhanger. Scorgiamo delle orecchie a punta, che sia un Elfo caduto – servo di Sauron – nelle braccia del male? E a proposito di male, Galadriel scopre nella Sala dei Saggi, che il simbolo del Male è in realtà una mappa che indica un’area nelle Terre degli Uomini. In più, viene a sapere di un piano per creare un regno dove il male prospererebbe, da attuare in caso di sconfitta di Morgoth. Ma spendiamo due parole su Halbrand: è stato creato appositamente per la serie TV, e lo vediamo alle prese con un conflitto interiore relativo al passato oscuro della sua famiglia, quando lui in realtà sarebbe destinato ad essere re delle Terre degli Uomini. Il richiamo ad Aragorn è evidente. Si finge uno qualunque ma in realtà avrà grande importanza come Galadriel lascia intendere. Ma è anche un “poveraccio”, come lo ribattezzano quei poveri Numènoreani a cui Halbrand ha rotto un po’ di tutto in un’esplosione di violenza. L’azione, come la colonna sonora, si sposa perfettamente con i personaggi messi in scena. Se sono i piccoli Pelopiedi allora avremo abbondanti inquadrature dall’alto verso il basso e viceversa; se riguarda l’azione degli Uomini allora tanto sangue e movimenti di macchina nervosi; quando invece ci sono gli Elfi, i ralenti e la spettacolarizzazione della loro potenza viene messa in atto (vedasi Arondir alle prese con il cane).

Un episodio convincente per messa in scena, diversificazione di quest’ultima e del comparto tecnico che torna completamente all’altezza, coerente nel montaggio e nelle modalità di riprese (qui la regia è di Wayne Che Yip), molto più fluido dello spezzettato secondo episodio, con grande attenzione ai dettagli (molto usata come inquadratura). L’odio che si è creato col passare del tempo tra le varie popolazioni è dispiegato nelle storylines riguardante gli Elfi, mentre quella incentrata sulla piccola Nori si riserva ancora di tenerezza e stupore per “l’oltre” che c’è fuori dalla comunità dei Pelopiedi. Il re Elros è stato deposto proprio per la sua volontà di mantenere saldi i rapporti con gli Elfi, come un genitore dovrebbe fare con i figli. Col passare degli episodi le difficoltà verranno colmate?

Gli Anelli del Potere: 1×04 (SPOILER)

La Grande Onda, titolo di questo episodio, racchiude in sé un rapporto tra significato e significazione: se da un lato gli si dà concretezza volendo allo sguardo ciò che si vuole materialmente intendere, dall’altro è una rappresentazione di come lo spettatore possa sentirsi guardando questi 72 minuti; ma risulta anche essere una grande metafora a cui, ormai, questa meravigliosa saga ci ha abituato. Andando per gradi, l’episodio si apre con un sogno di Mìriel che sa di profezia: Numènor verrà distrutta da un’enorme onda. Nel frattempo tra il popolo gira del malcontento nei confronti di Galadriel e della scelta della Regina Reggente nei suoi confronti. Gli Elfi continuano a non essere ben visti, tra il popolo si insidia il malumore e la rivolta è dietro l’angolo. Ciò lascia intuire come gli Elfi possano essere inseriti, dato il discorso pronunciato in piazza, in certe questioni ancora contemporanee e che hanno riguardato il nostro Paese: “non diamo spazio ad altre razze”, atteggiamento da condannare. L’altra chiave di lettura a cui si presta è riconducibile al più classico spodestamento degli uomini da parte delle macchine, siccome gli Elfi sono descritti come perennemente giovani, in forze ed estremamente funzionali, con conseguente perdita del lavoro.

Nel frattempo il Male incombe. Durante un incontro con Mìriel, Galadriel prova ancora a convincerla del proprio piano e di quello che sarà. Non trovando un appoggio, l’Elfa punta a scavalcarla e a parlare con il re. Questa richiesta le costa l’incarcerazione, ma quando le guardie reali si presentano per liberarla e scortarla al porto, dove verrà fatta imbarcare e rispedita nelle sue terre, Galadriel scappa e raggiunge la torre dove dimora il re. Qui, però, trova Mìriel ad attenderla, oltre al padre ormai infermo. A quel punto, le due decidono di calare le maschere e dirsi tutta la verità. La regina mostra all’Elfa la pietra veggente ereditata dal padre, un Palantir, e poi condivide con lei la visione sulla fine di Numènor, il cui inizio coincide proprio con l’arrivo di Galadriel sull’isola. Ancora una volta l’Elfa prova a convincere Mìriel ad allearsi con lei per combattere l’oscurità, ma fallisce di nuovo ed è costretta a partire. In quel momento, però, l’Albero Bianco di Numènor comincia a perdere petali, segno per i fedeli che i Valar li osservano. A quel punto, rivolgendosi al suo popolo, Mìriel annuncia che scorterà lei stessa l’Elfa nella Terra di Mezzo, dichiarando di essere pronta a fronteggiare il pericolo imminente di cui parla Galadriel. Elendil parte subito alla ricerca di marinai pronti a proteggere la traversata della regina. I primi a farsi volontari sono gli amici di Isildur, cacciati per colpa sua dalla Guardia del Mare, e a loro si aggiunge anche lui. Durante un’esercitazione, il figlio di Elendil aveva sentito una voce che lo chiamava, si era distratto e aveva commesso un errore, finendo per coinvolgere anche i suoi amici, che avevano perso il posto assieme a lui. Nel frattempo scopriamo, riprendendo il cliffhanger dell’episodio precedente, qualche informazione in più su Adar: sembra appartenere alla razza elfica per le orecchie a punta, eppure riesce a restare nell’ombra del mistero, dotato anche di un’estetica funzionale in tal senso. Infatti il suo volto ha qualche ustione, sembra consumato da qualcosa di cui ancora sappiamo poco. Adar decide di utilizzare Arondir come messaggero per gli uomini fuggiti da Hordern e rifugiatisi nella vecchia torre di guardia. Qui, il cibo inizia a scarseggiare. Theo decide, così, di avventurarsi in città per provare a recuperare delle provviste, senza dire niente a nessuno. Viene attaccato dagli Orchi, che agiscono furtivamente nelle poche ombre diurne. Per difendersi ricorre alla sua elsa spezzata, arma che le creature non solo riconoscono subito, ma stanno anche cercando. Il ragazzino, già ferito, diventa ancora di più un bersaglio. Il piano sequenza in cui Theo è intento a fuggire dagli Orchi è un ottimo esempio di costruzione della tensione per messa in scena; gli Orchi sono fuori fuoco e paradossalmente se lo spettatore vede sfocato è come se inconsciamente venisse maggiormente allarmato, anche perché è facile rispecchiarsi in Theo, un ragazzino inerme, in quel contesto. Fortunatamente arriva in suo soccorso proprio Arondir, che gli salva la vita e lo protegge portandolo in salvo, spettacolarizzando la sua azione con i ralenti e fornendo una colonna sonora commossa, ottenuta per l’intreccio tra questa storyline e quella dei Nani in cui c’è un canto di preghiera alle rocce da parte della moglie di Durin. Una volta raggiunto il loro rifugio, l’Elfo recapita a Bronwyn il messaggio di Adar: rinunciare alle pretese sulle loro terre giurargli fedeltà o soccombere.  A quanto pare, tra gli uomini, c’è qualcuno ancora fedele a Sauron. È a lui che Theo ha sottratto l’elsa, rinvenuta per caso nella sua stalla. Il vecchio gli racconta di quel cimelio, dimostrando la propria lealtà al nemico. La terza trama che procede narrativamente in questo episodio riguarda Elrond, che è determinato a capire se l’amico Durin davvero gli stia tenendo un segreto, dopo che in precedenza vediamo essersi posta la pace tra di loro. Veniamo conoscenza del fatto che i Nani hanno infatti rinvenuto un nuovo minerale preziosissimo, da cui si potrebbero forgiare delle armi incredibili e allo stesso tempo potrebbe diventare una moneta imbattibile: il luccichio grigio o, in elfico, mithril. Durin fa giurare Elrond e poi gli racconta tutto ciò. Nel mentre, le miniere subiscono un crollo e quattro Nani rischiamo la vita. Fortunatamente si salvano tutti. Il padre di Durin decide di chiudere gli scavi per sicurezza, mandando su tutte le furie il figlio. Sotto consiglio di Elrond, Durin cerca di mettere da parte le divergenze col padre. Gli rivela anche di essere stato invitato dall’Elfo a seguirlo a Lindon. Il vecchio gli consiglia di accettare, anche per verificare le intenzioni dell’Alto Re Gil-galad.

Questo quarto episodio è concentrato di eventi che danno una svolta all’intera stagione, trovandosi precisamente a metà di essa. Il regista, Wayne Che Yip, cede a qualche bel virtuosismo, infilando un piano sequenza spettacolare e due scene formalmente ed esteticamente convincenti grazie ad effetti speciali impressionanti (anche sul piccolo schermo, per quanto cinematografici) e movimenti di macchina ad ampio respiro. Le scene che non ha saputo gestire sono due: l’azione dove Galadriel sbatte in cella le guardie, e la scelta della canzone di Disa mentre viene mostrata la fuga di Arondir con Theo, preludendo inutilmente a qualcosa di tragico. Tematicamente c’è sempre continuità, anche per quanto riguarda l’episodio precedente, siccome tra Durin e il padre c’è il dialogo che speravamo trovare come ponte tra due generazioni (come scritto nella recensione dell’episodio passato); lo scontro tra le popolazioni del mondo apre a diverse riflessioni, e qui ve n’è un’ulteriore che riguarda il potere della superstizione: può un sovrano affidare avventatamente il destino del suo popolo a segni premonitori piuttosto che a un’oculata decisione? Si prosegue dunque in linea d’onda con quanto visto fino ad ora, nonostante qualche piccola incertezza, soprattutto tecnica per la discontinuità, là dove Bayona nei primi due episodi riesce ad essere più coeso ed elegante. Giusta invece, al momento, la scelta di stoppare la storyline di Nori siccome la sua personalissima prima parte si era già chiusa nell’episodio precedente. Da vedere come maturerà la scelta di richiamare Il Signore degli Anelli tramite i rapporti tra i personaggi, in particolare quella tra il Nano Gimli e l’Elfo Legolas, quello tra la mezzelfa Arwen e l’umano Aragorn. Ma si prospetta una gran seconda parte di stagione, soprattutto grazie alla coppia formata da Mìriel e Galandriel, interessantissime e potenti figure femminili.

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