Articolo pubblicato il 14 Ottobre 2022 da Alessio Minorenti
In data 12 ottobre 2022 è approdata su Disney Plus la puntata 1×06 di “Andor” la serie tv ambientata nell’universo di Star Wars che, dopo una quinta puntata di pianificazione, porta a compimento il colpo ribelle ai danni della base militare imperiale di Aldhani. Di seguito è offerta la recensione dell’episodio su Disney+.

La trama della puntata 1×06 di Andor
Come sottolineato nella scorsa recensione, questo sesto episodio porta a compimento il secondo mini-arco narrativo di questa stagione e lo fa come meglio non si potrebbe. Andor e i suoi compagni si suddividono in due squadre e, attraverso diversivi di vario tipo, riescono a isolare il battaglione imperiale nella pianura nel corso della pioggia stellare battezzata l’Occhio da parte degli abitanti di Aldhani. Sfruttando questo escamotage e ricattando il generale imperiale della base, la cui famiglia viene presa in ostaggio, la squadra ribelle è in grado di accedere al caveau dal quale viene prelevato un ingente quantitativo di salari imperiali. La puntata, che vede la morte di tutti i membri della spedizione ribelle eccetto Cassina Andor e Vel Sartha, si conclude con una resa dei conti tra Andor e Arvel Skeen, con l’ultimo che trova la morte dopo aver proposto incautamente al primo di spartire tra di loro il carico appena prelevato dalla base imperiale.
L’ultima inquadratura della puntata è invece dedicata a Luthen Rael che può finalmente sciogliere in una fragorosa risata la tensione che lo attanagliava fin dal finale dello scorso episodio.

La recensione della puntata 1×06 di Andor
Capita spesso, soprattutto in relazione a prodotti seriali, che il finale risulti la parte più debole e incerta di un’opera. Per quanto riguarda “Andor” invece bisogna ammettere che sia la terza puntata che questa sesta puntata rappresentino i picchi dell’opera fino a ora. Prima di soffermarsi però sugli indubbi meriti di questa sesta iterazione della serie legata a Star Wars è necessario notare come questo climax e la sua efficacia emotiva sarebbero stati impensabili a fronte di episodi preparativi meno a fuoco di quelli cui abbiamo assistito. Le morti in questo episodio sono infatti messe in scena in modo anche più radicale rispetto a come avviene in “Rogue One”, se infatti nel film le morti dei personaggi erano accompagnate da espedienti registici e musicali da sempre cari alla saga di Star Wars con il fine di strappare una commozione basica da parte dello spettatore, qui invece assistiamo alla poetica della morte di Gilroy. I protagonisti che abbiamo imparato a conoscere nelle due puntate precedenti muoiono senza che gli sia concesso alcun tipo di commiato, in un’azione di stampo quasi terroristico se visto dalla prospettiva imperiale (insolitamente presente qui per i canoni di Star Wars), o di redenzione: come in un film di spionaggio o in un war movie la morte spesso non significa nulla e il proprio lascito va ritracciato a posteriori nelle azioni di altri per i quali il nostro decesso ha significato la prosecuzione della vita.
Incredibile poi come la serie sia stata capace di cambiare i connotati alla nostra percezione dei visti e rivisti Tie Fighter. Anche nelle ultime due puntate i caccia imperiali che si levavano in volo sopra le teste dei nostri ribelli creavano un senso di terrore immediato e sottolineavano la precarietà della missione di sabotaggio, creando un parallelismo riuscito e sensato tra il vibrante rumore degli Stuka nel secondo conflitto mondiale e per l’appunto i velivoli imperiali (cosa che non sorprende visto le chiare ispirazioni storiche che hanno plasmato l’estetica e il modo di agire dell’Impero in Star Wars fin dalla trilogia originale). Meravigliosa infine la fuga finale di Andor e i suoi compagni attraverso la pioggia stellare, con un comparto tecnico che tra regia e effetti visivi non fa rimpiangere le scene più spettacolari della saga che abbiamo ammirato da quasi 50 anni a questa parte sul grande schermo.