Articolo pubblicato il 24 Luglio 2023 da Giovanni Urgnani
Con Orson Welles non esistono film minori, chiunque ami anche solo superficialmente il cinema e si sia informato sul dietro le quinte della lavorazione dei suoi film, capisce benissimo che questo genio autentico del cinema ha realizzato per oltre il 90% capolavori ed ottimi film, nonostante abbia lavorato per lo più in condizioni produttive terrificanti.
Considerato dallo stesso regista il suo film peggiore, in realtà lo Straniero (1946), nonostante la convenzionalità superficiale della sceneggiatura, al di sotto della patina del thriller, costruisce sulla figura dello straniero, un ritratto di ansie e paranoie, di cui era intrisa la “democratica” società americana, appena uscita dalla seconda guerra mondiale, i cui strascichi sono tutt’altro che terminati e lasciati alle spalle.
La Trama del Film lo Straniero di Orson Welles
Un criminale nazista viene fatto evadere appositamente dal carcere alleato, perché raggiunga un suo ex superiore e consenta così di identificarlo.
La polizia infatti non conosce i connotati del malvagio gerarca; sa solo che ha una spiccata passione per gli orologi. Sulle tracce dell’evaso, l’ispettore Wilson arriva in una tranquilla cittadina degli Stati Uniti, dove lo stimato professore Cherkes Rankin (Orson Welles) è in procinto di sposare la figlia di un notabile del luogo.

Recensione lo Straniero: il dinamismo della regia di Orson Welles
Troppo facile essere dei prodigi del cinema, con dei budget alti e soprattutto la totale libertà creativa, alcune volte i veri geni si vedono anche dal come siano in grado di esaltare film ordinari. Girato su commissione e sicuramente inferiore ai due precedenti capolavori, Orson Welles, dimostra di saper girare una pellicola come avrebbero potuto fare tutti gli altri registi; il montaggio in effetti rispetta in pieno le convenzioni del cinema classico, con dissolvenze incrociate ed in nero, però la forza della sua regia non ne esce troppo intaccata.
Coadiuvato dall’ottima fotografia di Russell Metty, lo Straniero è un film giocato sulle luci e le ombre, sulla scia dei migliori thriller-noir, che conferiscono un aspetto visivamente originale per l’epoca, rispetto alle coeve opere del genere.
Pienamente padrone del concetto di profondità di campo, Welles non rinuncia ai suoi piani sequenza, specie nelle ambientazioni in esterna nei boschi, dove il personaggio di Charles Rankin, ammazza Konrad Menike, con tanto di conseguente stacco di montaggio, che dà il via ad un nuovo piano sequenza, che dall’alto mostra il terrore dell’uomo ed il suo affannoso adoperarsi per nascondere furtivamente il cadavere.
Il regista sfrutta una tecnica per l’epoca per lo più statica, come il piano sequenza (dati i mezzi tecnici disponibili allora), per creare un senso di suspense ed ansia nello spettatore, per le sorti di questo uomo improvvisamente sentitosi braccato.
Ulteriori inquadrature originali non mancano, come l’obiettivo della macchina da presa che riflette Menike ad inizio del film, così come l’utilizzo di simbolismi riguardanti l’orologio, il quale segna alla fine l’ineluttabile destino del nostro nazista in incognito.
Orson Welles descrive questa cittadina della provincia americana in modo luminoso ed immacolato, dove nessuno sospetta nulla del passato nazista del protagonista, men che meno Mary Longstreet (Loretta Young), la sua dolce moglie totalmente devota alla sua persona, – come se fosse attratta dal fascino del male, come i tedeschi nei confronti del potere nazista -, e per questo incapace di accettare l’orribile verità dei fatti.

Recensione lo Straniero: la figura del forestiero nel film di Orson Welles
Comparato da alcuni critici in modo sfavorevole rispetto all’Ombra del Dubbio di Alfred Hitchcock (1943), il film di Orson Welles è sicuramente inferiore per qualità e scrittura, ma al tempo stesso per via di alcuni accorgimenti forse più interessante.
Se per Hitchcock lo straniero era adoperato in modo da imbastire il suo solito giocattolo tecnico dalla qualità tecnica sopraffina, costruendo una trama investigativa mirante a scoprire la sua vera natura; nel film di Welles noi spettatori già conosciamo la vera natura del protagonista.
Quello a cui mira quindi il regista è raffigurare una figura titanicamente tragica, quanto proprio per questo, inevitabilmente destinata alla sconfitta, con cui farci empatizzare, nonostante i crimini tremendi di cui si è macchiato, come si vede nelle diapositive sui campi di concentramento (uno dei primissimi film a mostrarle, le immagini sono tratte da un documentario di Billy Wilder tra l’altro che è incluso nell’edizione Blu Ray del film).
Si vorrebbe dargli di più come valutazione, solo che in questo caso bisogna volenti o nolenti considerarlo il film peggiore del regista, seppur grazie al restauro si riesca riuscito ad apprezzarlo e a rivalutarlo rispetto alle precedenti versioni, perché comunque è un thriller abbastanza superiore alla media del periodo e che distrugge il 95% dei film di tale genere che escono oggi.
Tutto questo si deve esclusivamente alla regia di Orson Welles e non ad una sceneggiatura indubbiamente prolissa nel tirare le somme, didascalica nel riassumere le varie fasi narrative (l’investigatore Wilson interpretato da Edward G. Robinson) e senza troppi guizzi nella trama, perché lo Straniero ha il proprio centro di interesse nell’uso visivo-simbolico di certe immagini.
A differenza di Quarto Potere e Orgoglio degli Amberson, questo fu il primo film del regista ad incassare bene, nonostante Welles come detto lo considerasse robetta, arrivando a distanziarsene nel corso del tempo, dicendo che lo aveva girato esclusivamente per far vedere ai produttori come anche un regista “indisciplinato” come lui, fosse in grado di girare un film come tutti gli altri; ma parere dell’autore a parte, lo Straniero risulta essere un buon film.