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Recensione – La Stranezza: Maschere Nude

La stranezza, recensione film di Roberto Andò con Ficarra e Picone

All’infuori dei fratelli Taviani, Luigi Pirandello (1867-1936) nelle trasposizioni cinematografiche, ha avuto ben poca fortuna artistica. Frainteso, banalizzato e normalizzato, l’autore siciliano, si è rivelato estremamente difficile da adattare sul grande schermo, forse per via del suo pensiero cinico dalla forte impronta anarcoide sulla creatura umana, simbolo dell’insondabile per eccellenza, capace di moltiplicare il proprio “Io” all’infinito per essere qualcuno, diventando così nessuno.
Roberto Andò, non si lascia scoraggiare dai precedenti poco favorevoli, cercando di osare; la Stranezza (2022) è un biopic focalizzato sullo scrittore premio Nobel per la letteratura, incentrato su un periodo specifico della sua vita come va di moda oggi. Uscito in sala il 27 Ottobre 2022, ha ad ora realizzato un parziale di 1.1 milione in 4 giorni, diventando il miglior debutto cinematografico dell’anno per una pellicola italiana.

La Trama de La Stranezza di Roberto Andò

Anno 1920, in Sicilia per un breve soggiorno a causa della morte della sua balia, nonché per un importante incontro letterario, Luigi Pirandello (Toni Servillo), s’imbatte in un imprevisto che lo porterà a incontrare due singolari figure di teatranti, Onofrio Principato (Valentino Picone) e Sebastiano Vella (Salvatore Ficarra), dilettanti che stanno provando con gli attori della loro filodrammatica un nuovo spettacolo, arrotondando al contempo le loro magre entrate, con il lavoro di becchini.
Immerso in una profonda crisi creativa, l’incontro del futuro premio Nobel, con questi sempliciotti, farà scattare la scintilla dell’intuizione geniale, che porterà alla stesura di “Sei Personaggi in Cerca d’Autore”, opera fondamentale di tutto il teatro del novecento e non solo.

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Recensione La Stranezza: la concezione teatrale di Pirandello nel film di Roberto Andò

Stando alle parole dello stesso Pirandello nei suoi epistolari, la “stranezza” è quella condizione visionaria, profondamente caratteristica dei creativi, immersi in un turbine di intuizioni artistiche, alla ricerca dell’ispirazione giusta, che possa unire tutti i fili della narrazione e dei personaggi, che si avvicendano ad uno ad uno nella mente, alla ricerca di “un’udienza” presso il loro creatore, in modo da poter ricevere la forma tanto agognata. 
Andò non gira quindi un mero film biografico su Pirandello, ma una vera e propria pellicola pirandelliana, intrisa di una vena grottesca quanto umoristicamente caustica, senza mai andare a parare nella comicità inutile, perché tale elemento è già ben presente nella vita di tutti i giorni. 


Nei profondi sguardi scrutatori, penetranti quanto le continue carrellate e contro-carrellate, nell’archivio comunale della nativa Girgenti (oggi Agrigento), da parte del dimesso e schivo Pirandello, che si aggira con sguardo indagatorio, dietro le quinte della “rappresentazione quotidiana”, come se fosse un’ombra, la cui essenza viene portata in scena, tramite una recitazione asciugata quanto argutamente misurata da parte di un Toni Servillo, mai così sobrio – totalmente all’opposto dell’esuberanza necessaria mostrata in Qui Rido Io di Martone (2021) -, c’è lo l’analisi di chi indaga la realtà, portando in scena la finzione della vita.


Una signora con un vestito ed un cappello buffi per la sua età, due teatranti dilettanti alle prese con un’impresa funebre svolta con approssimazione, la mostruosità della macchina amministrativa italiana uguale a sé stessa nei suoi difetti ed infine lei, la morte, elemento tramutato da serio, in una mera farsa burocratica dai risvolti grotteschi; elementi di una “recita”, che si ripete ieri come oggi, senza grandi modifiche, perché accumunati tutti dalla medesima irrazionalità, l’essere umano, da sempre oggetto da indagine da parte dell’autore. 


Il teatro è verità messa in scena secondo Onofrio e Sebastiano, ma come può essere ciò, se gli attori fingono di interpretare un ruolo che nella vita non gli appartiene, su questa contraddizione tra vita e forma, Pirandello ha sempre cercato di mettere in scena a teatro questo flusso vitale, che sente la necessità di cristallizzarsi in una forma definita, secondo le consuetudini della società, indossando una maschera, tramite la quale dare un disperato significato alla propria esistenza. 


“Maschere nude” non a caso è il titolo della raccolta di tutte le opere teatrali di Pirandello, che sul palcoscenico cercavano di rappresentare il senso autentico della propria vita, ponendosi fuori dalle convenzioni sociali, un gesto “folle”, per questo rifiutato dal pubblico, scosso dalla cerebrale sovversione avanguardistica delle sua opera; “una bomba sotto l’edificio della realtà” come dettagli da Giovanni Verga, ennesimo fantasma, oggetto dell’immancabile celebrazione farsesca delle istituzioni, quando oramai i suoi libri sono divenuti “classici” fossilizzati, de-privati della loro forza pessimista sul presente/futuro del paese. 

Recensione la Stranezza: la mescolanza di alto e basso nel film di Roberto Andò

Teatro sperimentale d’avanguardia ad inizio novecento, oggi definite “opere fondamentali”, implicando una “istituzionalizzazione normalizzante”Roberto Andò, accosta l’alto (Pirandello), con il basso (Onofrio e Sebastiano), alla ricerca di una trasgressione che renda sempre attuale lo “scandaloso pensiero sovversivo” del più grande letterato del novecento, nonché il più grande drammaturgo di tutti i tempi.


La mescolanza di toni e generi, si riflette sulle scelte di casting, Toni  Servillo, l’attore di punta del cinema italiano contemporaneo, recita accanto a Ficarra e Picone, duo comico emblema della televisione spazzatura commerciale, che reclamano nonostante tutti la legittimità di essere maschere drammaturgiche, tramite la loro recitazione esagerata, che non distingue più alcun confine tra generi, toni e della finzione con la realtà, continuamente mescolati assieme, da parte del vulcanico duo, capace di prendersi la scena in ogni momento, cosa a cui Pirandello/Servillo, si presta volentieri, defilandosi volontariamente.


Il regista chiede il rispetto per la rappresentazione artistica “bassa”, nella cui “professionalità dilettantesca”, si trova una vitalità genuina capace di ispirare l’alto, in grado di dare una forma maggiormente articolate, a ciò che in atto presenta spunti interessanti.

 
L’opera messa in scena dalla compagnia teatrale amatoriale, non avrà sovrastrutture artistiche elevate, ma conferisce una vis recitativa spontanea a tutti i propri interpreti, senza troppi fronzoli dovuti al metodo o tecnicismi di sorta, limitandosi a mettere in scena il vissuto in chiave comico-godereccia, quanto basta però per scatenare il putiferio in sala, da parte degli spettatori, che si sono rivisti in scena. 

In questo continuo rimando tra opera, processo creativo e teatro, s’innesta il cinema – mai troppo amato da Pirandello -, dando concretezza ai tormenti interiori di una mente febbrile, alla ricerca di un disegno chiaro, da scorgere oltre la coltre di nebbia in cui sono immersi i vicoli siciliani notturni.


Personaggi in cerca di un autore, a cui chiedere ascolto, in un processo mentale creativo, che ha bisogno del buio delle profondità della mente, per nutrire la creazione, che trova spunti di origine psicanalitica, oltre che dal lutto recente, anche dalla follia della moglie Maria Antonietta Portulano, al cui capezzale lo scrittore ha trascorso lunghi periodi di veglia, in attesa che uscisse dalla profonda “notte” in cui era immersa.


Forse nella sua follia, Pirandello aveva compreso, come la consorte avesse trovato la sua libertà da tutte le miserie della vita – cominciando dal fallimento dell’attività estrattiva di zolfo a causa di un’alluvione -, portando così lo scrittore a ricercare nella psicanalisi freudiana, una via d’uscita concreta da parte dell’essere umano da tutte le convenzioni imposte dai canoni sociali, che furentemente nel finale vomitano tutto il loro odio contro la rappresentazione di “Sei Personaggi in cerca d’Autore” alla prima a Roma nel 1921.


Il film si conclude con un finale forse prevedibile – per quanto coerente con il pensiero trasgressivo dello scrittore, sulla creazione come lascito immortale di un’artista -, per chi ha familiarità con il pensiero pirandelliano, ma ha lasciato la gran parte degli spettatori in sala di stucco, con numerosi dubbi e possibili significati, sui quali si è discusso a lungo dopo l’accezione delle luci in sala; ciò di cui ha estremo bisogno il cinema

Voto:
4/5
Andrea Barone
4/5
Andrea Boggione
4/5
Christian D'Avanzo
4/5
Vittorio Pigini
4/5
Giovanni Urgnani
3.5/5
0,0
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Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
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Genere:

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