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Black Adam è un flop? Tutti i dati del film con Dwayne Johnson

Sul web e anche sulla carta stampata spesso si discetta lungamente riguardo al successo o al fallimento di un film e si citano, spesso senza grande cognizione, moltiplicatori del budget di pari a 2.5 o 3 volte, finendo per ridurre l’analisi economica di una delle industrie più complesse in circolazione (e spesso meno decifrabili per mancanza di informazioni certe) a semplici giochetti matematici.

 

 

Il caso di “Black Adam”, l’ultimo film che vede protagonista l’attore statunitense Dwayne Johnson, è esemplare in tal senso e certifica come a seconda delle fonti cui si da credito un film può finire per risultare un flop o un successo al botteghino. Prima di analizzare a fondo il botta e risposta avvenuto tra due testate di portata mondiale nel mondo dello show-business come Variety e Deadline però è d’uopo rispondere a una domanda fondamentale: cos’è il break even point? In questo modo sarà possibile capire se Black Adam è realmente un flop. 

Cos’è il Break Even Point?

 

E’ per l’appunto necessario capire che né il superamento né tantomeno il raggiungimento del break even point sono da considerarsi, in condizioni normali, dei traguardi particolarmente ragguardevoli per i fattori che godono di una remunerazione in via residuale in un investimento; cioè per intendersi gli imprenditori e i soci cui spetta una remunerazione eventuale, variabile e successiva. Non tutti i progetti dunque possono ritenersi di successo usando gli stessi parametri, probabilmente i produttori di “Avengers Endgame” non si sarebbero ritenuti soddisfatti se avessero ottenuto gli stessi profitti di quelli di “Barbarian” (viste le cifre molto diverse messe in gioco per questi due progetti). 

 

Se dunque si volesse prendere in considerazione una grandezza in grado rendere conto anche della soddisfazione dei fattori remunerati in via residuale o degli investitori allora dovremmo far riferimento al “ROI” (Return of investment). Il ROI è infatti il rapporto tra il reddito prodotto dall’investimento e il capitale investito nello stesso. Questo indice, a differenza del Break Even Point, prende in considerazione anche le aspettative di guadagno di coloro che hanno “rischiato” il proprio capitale per finanziare l’investimento.

Il caso Black Adam: i numeri del film con Dwayne Johnson

 

La diatriba relativa al successo o alle presunte perdite di “Black Adam” nasce da un articolo di Variety nel quale la prestigiosa testata statunitense calcola, partendo da dati acquisiti da fonti interne alle Warner, una perdita oscillante tra i 50 e i 100 milioni per l’ultima iterazione dell’universo cinematografico DC. Pochi giorni dopo tuttavia Deadline risponde indirettamente a questo articolo argomentando come in realtà l’opera non sia stata soggetta a perdite ma abbia addirittura generato profitti, allegando un profit and loss statement del film (una tabella che riporta ricavi e costi di un progetto di investimento) nel quale è evidenziato tale dato. Dove si trova la verità dunque? Ebbene come spesso accade nel mezzo.

Ecco innanzitutto la schermata pubblicata da Deadline:

(Fonte Deadline)

L’assunto di base dal quale bisogna partire è che se si considerano soltanto le performance di “Black Adam” in sala allora la pellicola è indubitabilmente un flop.

 

I costi indicati da Deadline per Black Adam

 

Cosa è dunque che spinge un portale così accreditato come Deadline ad affermare come questo progetto abbia prodotto in realtà profitti? La voce della discordia va individuata nel sopraindicato “Domestic Home Entertainment & streaming”. Questa somma infatti, come viene spiegato nell’articolo, corrisponde alla cifra che HBO MAX (il servizio streaming di proprietà di Warner Bros Discovery) ha versato alla Warner Bros (la casa di produzione del film) per l’aggiunta del film al suo catalogo streaming. Questo procedimento non rappresenta di per sè nulla di nuovo, la compagnia cinematografica in questo modo stima semplicemente il valore aggiunto dll’avere nel proprio servizio streaming “Black Adam” (calcolabile come la cifra che una controparte sarebbe disposta a spendere per avere il prodotto nel proprio catalogo o, nel caso in cui si decidesse di tenerlo, il numero di nuovi abbonati che la pellicola porterà o quelli già iscritti ai quali farà rinnovare l’abbonamento). 

 

Ciò che appare quantomeno opinabile è che un film fallimentare al box office possa generare con la sua messa in streaming più ricavi di quanti ne abbia prodotti in tutta la sua permanenza in sala negli Stati Uniti (storicamente il maggior mercato per i film di supereroi). Senza dimenticare inoltre come HBO MAX non sia presente direttamente (ma distribuisca i suoi film in streaming tramite compagnie terze) in nessuno dei maggiori mercati europei e in Cina (da sempre il mercato più florido per i film con Dwayne Johnson protagonista) , nel quale il film è stato a malapena distribuito in sala. “Black Adam” ha quindi generato profitti contabilmente ma in realtà questi derivano da un movimento tutto interno a Warner Bros Discovery. Se dunque da una parte il film risulta un successo per i suoi produttori, dall’altra va ad aggravare ulteriormente il bilancio del servizio streaming della Warner che (come tutti i suoi competitor nel settore a partire da Netflix) non sta godendo di particolare salute nel post-covid.

 

Perché allora una manovra del genere è stata messa in atto? Per cominciare bisogna sottolineare come l’industria Hollywodiana non sia nuova a tali manovre (seppur lecite) contabili al fine di privilegiare solo alcune categorie di soggetti per quanto concerne la spartizione dei profitti di un film, basta in tal senso far riferimento al celeberrimo Hollywood accounting.

 

Nel caso specifico tuttavia ciò che balza immediatamente all’occhio è come il 40% degli eventuali profitti del film sia destinato ad essere spartito tra Dwayne Johnson (l’attore protagonista cui spetterebbe la percentuale più ampia), Jaume Collet-Serra (il regista) e altri produttori esecutivi. Vien da sé che un film in perdita non permette a nessuno dei soggetti sopracitati di intascare nemmeno un centesimo dei tanto agognati profitti. Ecco che dunque lo scopo di questa operazione sembra quello di favorire economicamente i talent che nei piani della Warner dovrebbero rappresentare le colonne portanti del suo (ennesimo) progetto cinematografico legato all’universo DC. Nulla di sorprendente o inusitato in definitiva, ma l’ennesima dimostrazione di come a Hollywood i profitti possano aumentare o diminuire ma i loro percettori restino immutati.