Articolo pubblicato il 30 Ottobre 2024 da Christian D'Avanzo
Paolo Sorrentino è ormai da qualche tempo affermato come uno dei registi italiani di maggior successo, sia in ambito nazionale che internazionale. Con il suo stile è riuscito a contraddistinguersi, risultando uno degli attuali autori europei più premiati e controversi di tutto il panorama cinematografico. Il suo approccio alla settima arte non è improntato sulla passione per il cinema, ma è finalizzato a servirsene per esteriorizzare i vuoti interiori, la malinconia, le fantasie più sfrenate. Le storie che racconta sono solitamente incentrate su un protagonista solitario che percepisce la realtà a suo modo, reinterpretandola per offrire spunti riflessivi sulla figura umana. Dunque è una realtà deformata dalla quale prendono il via percorsi esistenzialisti, una realtà dove uomini di potere si distaccano dagli altri alla ricerca del sublime più o meno consapevolmente, ed altri che invece, armati di indifferenza, vivono in zone d’ombra. Lapalissiano che Sorrentino si rifaccia al cinema di Fellini e di Scorsese, mentre si avvicina nei soggetti ricercati a Paul Thomas Anderson. Si tratta di un regista divisivo, amato da alcuni e detestato da altri perché tacciato di finto intellettualismo, di essere derivativo ed inutilmente formale; d’altronde le peculiarità tipiche presenti nella sua filmografia, è comprensibile che possano non piacere a tutti. La sua filmografia è composta da nove film; per mettere un ordine alla qualità delle sue opere, ecco una classifica dei film di Paolo Sorrentino dal peggiore al migliore.
I migliori film di Paolo Sorrentino
L’ossessiva attenzione per l’estetica, l’importanza della musica, i ritmi narrativi piuttosto pacati, l’emotività trattenuta, la meditazione antropologica attorno certe figure talvolta mistiche, lasciano trasparire l’urgenza creativa di un regista che attraverso il mezzo cinematografico dà sfogo al suo essere. Il cineasta napoletano ha avuto riconoscimenti in tutto il mondo: vincitore di un Oscar, un Golden Globe, quattro European Film Awards, un Premio BAFTA, otto David di Donatello, otto Nastri d’argento, un Premio della giuria a Cannes ed un Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria a Venezia. C’è da precisare che la seguente classifica non include serie TV, bensì i nove lungometraggi diretti da Paolo Sorrentino.
10) L’amico di famiglia
Terzo film di Sorrentino datato 2006, ha come protagonista l’usuraio Geremia de’ Geremei (Giacomo Rizzo), un 70enne afflitto dalla sua estetica e alle prese con un innamoramento, per la sposina Rosalba (Laura Chiatti), sulla carta proibitivo. L’amico di famiglia finisce all’ultimo posto della classifica perché ingloba in sé tutte le critiche fatte al regista, in quanto il tentativo di mostrare lo squallore dell’Italia è offuscato dagli inutili elementi onirici, nonché da movimenti di macchina troppo compiaciuti. Persino i dialoghi risultano forzati e i risvolti finali fin troppo banali per gli obiettivi inizialmente predisposti.
9) This Must Be the Place
Quinto lungometraggio del cineasta napoletano, distribuito nel 2011. Sean Penn interpreta l’ex star del rock, Cheyenne, in un movie road dove quest’uomo malinconico deve raggiungere il padre a New York. Se This Must Be the Place si ritrova nelle ultime posizione è perché Sorrentino qui sembra fare un passo indietro: i simbolismi inseriti sono talmente scontati da fare il giro e spiazzare lo spettatore. Si tenta invano di lavorare per sottrazione, in modo tale da ottenere un effetto straniante, eppure la rigida ricerca estetica non tarda a mostrarsi, risultando fine a sé stessa.
8) Loro
Penultimo film del regista, in ordine cronologico, rilasciato al cinema in due parti nel 2018. Incentrato sulla figura politica di Silvio Berlusconi, la pellicola non può finire tra i migliori film di Paolo Sorrentino per diverse ragioni: è pensata più in chiave seriale che cinematografica, ed inspiegabilmente, oltre che ingenuamente, dal punto di vista commerciale non giova la divisione in due blocchi. Le interpretazioni convincono, ma ci si limita al racconto di fatti già conosciuti e le figure retoriche sono sì ambigue, ma non sempre funzionali. Leggermente pedante anche la ricerca del sensazionalismo che passa per i continui festini e nelle battute dei dialoghi.
7) Youth – La giovinezza
Datato 2015 e con un cast di tutto rispetto che comprende Michael Caine e Harvey Keitel nei ruoli rispettivamente di Fred e Mick, due vecchi amici in vacanza in un elegante albergo ai piedi delle Alpi in compagnia di Leda, figlia di Fred. Film spirituale sulla vecchiaia e la sua rappresentazione finalizzata al tirare le somme guardandosi indietro, anche leggermente preoccupati. I suggestivi tableaux vivants sono la cornice del pezzo forte, ossia il rapporto dei due protagonisti esplicitato tramite dialoghi ad effetto, in questa occasione meglio contestualizzati. I comprimari rappresentano invece l’anello debole dell’opera, risultando poco funzionali o convenzionali.
6) L’uomo in più
L’esordio di Paolo Sorrentino al cinema avviene nel 2001. Film ambientato a Napoli negli anni ’80, L’uomo in più è una parabola che ritrae parallelamente la carriera di due uomini, il Tony Pisapia (Toni Servillo) e il calciatore Antonio Pisapia (Andrea Renzi). Il regista ritrae, anche con simbolismi rilevanti e ben piazzati, le contraddizioni e la frivolezza della realtà rappresentata nella pellicola. I due protagonisti sono apparentemente opposti, ma vengono accomunati non solo dal cognome ma anche dal declino, pur avendo un approccio alla vita diverso: uno è ironico ed energico, l’altro è profondamente triste. Entrambi si illudono, e i brillanti dialoghi non fanno altro che rigettarli nel baratro.
5) Le conseguenze dell’amore
Distribuito nel 2004, è senza dubbio tra i migliori film di Paolo Sorrentino. Il suo secondo lungometraggio incentrato su Titta Di Girolamo (Toni Servillo), un contabile della mafia trasferitosi in Svizzera da 10 anni per riciclare denaro. Il motore d’azione che lo spinge alla ribellione è l’amore per la barista (Olivia Magnani) dell’hotel in cui risiede; il protagonista è obbligato ad una prigionia senza sbarre, e ciò viene sottolineato dalla monotonia quotidiana a cui viene sottoposto rigidamente Titta, e di conseguenza lo spettatore. Il controllo, tecnicamente trasporto dal montaggio ritmato così come la colonna sonora e movimenti di macchina più minimalisti, viene smosso dai sentimenti per poi esplodere.
4) Parthenope
Distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire da giovedì 24 ottobre 2024 e presentato in anteprima mondiale a Cannes 77, Parthenope rappresenta uno dei punti più alti in carriera per il regista Paolo Sorrentino. Associando la simbolica protagonista del film alla città di Napoli, il percorso evolutivo che contraddistingue la donna in varie tappe della sua vita è scandito dall’indecifrabilità dei sentimenti, dalla passione e dalla leggerezza dell’essere. Parthenope è la manifestazione del pensiero e soprattutto dell’emozione che il cineasta prova nei confronti della sua città natale, non rinunciando alla messa in evidenza dei difetti che la contraddistinguono, ma sottolineando comunque la sfuggente bellezza di certe sue caratteristiche, come si evince dal personaggio/sirena Parthenope.
3) La grande bellezza
Il film che è valso l’Oscar al regista nella categoria Miglior film straniero, è una personale reinterpretazione di La Dolce Vita che dipinge la borghesia romana contemporanea. Si seguono i passi del vagare di Jep Gambardella (Toni Servillo), un giornalista 65enne in preda ad una crisi esistenzialista per l’inutilità mondana a cui assiste inesorabilmente ogni giorno. Sorrentino dipinge Roma adornandola con potente velo dietro il quale si celano segreti incomprensibili. Inevitabile la raffigurazione delle volgarità italiane che passano nella capitale. Mai come in questo caso, gli elementi metaforici sono sì chiari, ma mai pretestuosi e sinceramente essenziali.
2) È stata la mano di Dio
Il film più personale di Sorrentino, nonché l’ultimo in ordine cronologico, potrebbe tranquillamente essere in testa alla classifica, e quindi si anticipa che la vetta è pari merito con il titolo successivo. La pellicola è stata distribuita in alcuni cinema e poi direttamente su Netflix nel 2021. La maturità raggiunta dal cineasta è inebriante, spiccando il volo per poeticità e controllo messo in scena dividendo il film concettualmente in due blocchi: c’è un prima e dopo che ruotano attorno al tragico evento che ha visto perdere la vita dei genitori di Fabietto (Filippo Scotti), alter ego del regista. La prima parte scorre velocemente per la sincera rappresentazione folkloristica di Napoli, con tanto di siparietti familiari comici; la seconda è volta al simbolismo, essenziale a far comprendere la maturazione del protagonista aggrappatosi all’amore sbocciato per il cinema. Finale semplicemente struggente.
1) Il divo
Tra i migliori film di Sorrentino, il più bello in assoluto, insieme al titolo precedente, per chi scrive è Il divo, del 2008. Pellicola incentrata sul declino al governo di Giulio Andreotti (Toni Servillo), messa in scena con rigore formale ed un montaggio pop che spazia tra eventi basati su fatti reali ed altri ipotetici. La colonna sonora si sposa perfettamente al montaggio frizzante, dinamico anche nel fermo immagine e nella proposizione delle didascalie. Sorrentino traccia così, con elementi anche grotteschi oltre che iperrealisti, un affresco dell’Italia di quell’epoca, delineando ambiguamente la solitudine di un politico al potere sotto processo.