Articolo pubblicato il 4 Aprile 2023 da Bruno Santini
Un colpo da dilettanti (Bottle Rocket) è il primo film di Wes Anderson; l’esordio alla regia da parte dello sceneggiatore, produttore e regista cinematografico statunitense è tutt’altro che irrilevante, dal momento che permette di lasciare il segno soprattutto per una cifra stilistica che sarà parte della sua cinematografia e che, fin da questo film (a partire dall’omonimo cortometraggio in cui pone le sue radici) risulta essere molto evidente. Per quanto, in Un colpo da dilettanti, la sperimentazione e l’iperrealismo wesandersoniano siano ben lontani da quella cifra stilistica presente nella filmografia dell’autore, è già possibile intravedere qualcosa di molto interessante. Ecco, dunque, tutto ciò che c’è da sapere a proposito della trama e della recensione di Un colpo da dilettanti, l’esordio alla regia di Wes Anderson.
La trama di Un colpo da dilettanti, l’esordio alla regia di Wes Anderson
Al fine di prendere in esame il primo film di Wes Anderson, non si può che partire dalla trama di Un colpo da dilettanti. Anthony Adams (Luke Wilson) è un uomo fortemente depresso, che viene ricoverato in una clinica psichiatrica per esaurimento nervoso e che sembra aver smarrito il senso della sua vita, non sapendo come agire e apparendo fortemente apatico nei confronti del mondo che lo circonda. Nonostante ciò, si circonda di alcuni amici diametralmente opposti rispetto alla sua persona, tra cui Dignan (Owen Wilson), che crede di essere costantemente oggetto di un complotto rivolto contro la sua persona e che tenta di sfuggire irrimediabilmente alla noia della sua esistenza; la prospettiva di vita più semplice che riesce ad elaborare è quella di una rapina, che coinvolga il suo caro amico e gli permetta di diventare ricco, oltre che impegnato. I due si trovano immediatamente di fronte ad un ostacolo: non hanno un’automobile, dunque devono affidarsi a Bob Mapplethorpe (Robert Musgrave), vicino di casa e unico a possedere un mezzo per effettuare gli spostamenti.
Dopo aver pianificato il loro colpo non senza difficoltà, i tre partono per un viaggio stravagante che si interrompe all’interno di un motel, dove Anthony fa la conoscenza della cameriera Inez (Lumi Cavazos), di cui si innamora. Il miglioramento delle condizioni di salute di Anthony sembra distoglierlo dal piano di Dignan, sempre più maniaco del controllo, che inizia a scagliarsi contro l’amico additandolo di voler sventare l’organizzazione così precisamente realizzata. Il piano va definitivamente in frantumi quando Bob, per occuparsi di suo fratello che ha dei problemi, abbandona il gruppo, che dovrà fare a meno del terzo elemento e dell’automobile. Quando, dopo qualche mese, le acque sembrano essersi definitivamente calmate, Dignan torna alla ribalta con una nuova idea di piano: questa volta i due amici saranno accompagnati non solo da Bob, ma anche da Abe Henry (James Caan), architetto e capo di Dignan, nonché ladruncolo di professione. Per un insieme di problemi e, soprattutto, a causa di una disorganizzazione generale da parte di tutti, nella più grottesca delle situazioni wesandorniane, il piano viene sventato dalla polizia che accorre arrestando Dignan, mentre tutti gli altri possono fuggire. Anthony e Bob, alla fine del film, fanno visita a Dignan, che è stato condannato a due anni di reclusione.

La recensione di Bottle Rocket, con i fratelli Wilson
Considerata la trama, è ora la volta di soffermarsi sulla recensione di Bottle Rocket, il film di esordio di Wes Anderson con i fratelli Wilson. Un colpo da dilettanti (Bottle Rocket) deriva dal cortometraggio omonimo che Wes Anderson aveva realizzato quando era nell’Università del Texas e aveva conosciuto i fratelli Wilson, che diventeranno suoi assidui collaboratori, oltre che grandi amici. L’esordio con un lungometraggio di un 26enne Wes Anderson coincide anche con il primo ruolo nella carriera dei due fratelli, i quali diventeranno non soltanto interpreti fondamentali nella filmografia del regista, ma anche importanti collaboratori, come dimostrato dalla nomination agli Oscar per la sceneggiatura originale ottenuta da Owen Wilson, dato il suo contributo in I Tenenbaum.
In effetti, è proprio sul volto e sulla contrapposizione tra personalità – un elemento che sarà fondamentale nel precedentemente citato terzo film del regista – che il film mostra la sua vera potenza; le figure rappresentate da Wes Anderson sono, per la prima volta, tremendamente statiche e immobilizzate dalla realtà che li inibisce: anche quando dimostrano di comprendere il mondo e di concepire un cambiamento, i personaggi del regista sono comandati da fili invisibili, che rendono l’idea di cinema wesandersoniano assimilabile ad un movimento perfetto di marionette, attraverso un elemento – la rigidità della mano del regista statunitense – che Wes Anderson ha saputo trasformare di senso nella sua carriera, rendendo un’accezione potenzialmente negativa un vero e proprio marchio di fabbrica. Così, in Un colpo da dilettanti è possibile leggere un ideale sommario di quella che sarà la carriera successiva da parte del regista statunitense, soprattutto nel trattamento di quelle personalità solide e schematiche di cui i due fratelli Wilson vestono i panni.
Non è casuale la scelta di far iniziare il film in una clinica psichiatrica, di recare a Owen Wilson i tratti più caricaturali della mania di controllo, di rappresentare due padri (uno naturale, l’altro idealizzato proprio nella figura del ladruncolo) che fungono da dicotomia portante sullo schermo. Non è un caso che l’amore qui sia solo una fugace evasione che potrebbe o non potrebbe essere corrisposta, per mezzo di una concezione di temi (a partire dall’amore) che Wes Anderson ha sempre trattato capovolgendo forma e contenuto, si direbbe quasi “al contrario”, mostrando le viscere e nascondendo la pelle, evidenziando i vuoti e scartando i contenitori. Un cinema tremendamente iperrealista, si diceva, che si arricchisce di forme e cromatismi, della già evidente mano di Robert Yeoman per la fotografia e di una cura di ogni aspetto stilistico e sonoro: ognuno di questi elementi marca consistentemente, esagerando, il senso inesorabile dell’inconsistenza umana, la vera grande ossessione di un Wes Anderson che, per la prima volta a 26 anni, vuole mostrarsi adulto, pur con tutte le pecche del suo esordio cinematografico.

L’inesperienza di un Wes Anderson ancora (troppo) acerbo
A posteriori e avendo avuto la possibilità di rapportarsi a film successivi nella filmografia di Wes Anderson, Un colpo da dilettanti non può essere ritenuto certamente un capolavoro, né un esordio folgorante: tutta l’inesperienza, mista alla voglia di mostrare e mostrarsi di Wes Anderson, emerge dalla visione di un prodotto che appare essenzialmente acerbo. In realtà, si tratta di una consapevolezza tutt’altro che negativa: i marchi di fabbrica della carriera del regista si ritrovano, al di là della potenza stilistica e dell’estrema attenzione per il dettaglio geometrico, in un dinamismo costante che reca ampio respiro, pur in quell’insieme di scatole cinesi che sono oggetto della sua cinematografia.
Un respiro e un dinamismo che qui mancano totalmente e che rendono il film profondamente statico; una staticità che, però, non ha nulla a che fare con quelle caratteristiche che precedentemente si elencavano ma che condividono molto dettami con una – pur giustificabile – esperienza da parte del regista statunitense, che qui aumenta il potenziale rispetto ad un lavoro universitario e che, dunque, si presenta per quel che è ancora è: uno studente che ha appena conosciuto il mondo che gli apparterrà per gli anni successivi e che, per molti versi, è riuscito a “render suo” per mezzo di quel già citato capovolgimento narrativo-sensoriale da cui si è ancora lontani in un Colpo da dilettanti.