I migliori film di fantascienza degli anni 80

Articolo pubblicato il 14 Aprile 2023 da Giovanni Urgnani

Gli anni 80 sono stati una fucina di pellicole di fantascienza meravigliose, alcune delle quali delle vere e proprie opere d’arte.  Ecco la classifica dei migliori film di fantascienza degli anni 80, in ordine cronologico d’uscita.

Interceptor – Il guerriero della strada (George Miller, 1981)

Il primo tra i migliori film di fantascienza degli anni 80, nonché uno dei migliori film brevi da guardare da 90 minuti o meno, è Interceptor. La terza guerra mondiale ha messo in ginocchio il pianeta e le risorse di carburante, ormai divenuto più prezioso dell’oro, scarseggiano.  In un’Australia completamente desertica e ridotta ad un cumulo di polvere, l’ex poliziotto “Mad” Max Rockatansky vaga in compagnia del suo cane a bordo di una V8 Interceptor in cerca di benzina e di cibo. Suo malgrado, Max dovrà vedersela con una banda di predoni che ha preso di mira la pacifica comunità della Tribù del Nord: lo scopo dei predoni è quello di accaparrarsi l’unica pompa petrolifera funzionante eretta nella fortezza della comunità.

 

George Miller torna alla regia del suo franchise più famoso cambiando completamente il setting dell’avventura, ambientando le vicende di un disilluso Mel Gibson in uno scenario post-apocalittico rispetto al primo film che aveva un’ambientazione più urbana. Crudo, violento, senza speranza: Mad Max 2 – The Road Warrior (da noi biecamente tradotto in Interceptor – Il guerriero della strada) è ulteriore passo avanti rispetto al predecessore, grazie ad un budget più elevato Miller eleva la storia di Max ad un altro livello, mettendo in scena un film tesissimo e di forte impatto scenico. The Road Warrior, secondo film della fortunata quadrilogia, verrà superato in termini di qualità solamente dall’acclamato Fury Road, uscito nel 2015.

E.T. (Steven Spielberg, 1982)

Un alieno botanico viene lasciato accidentalmente sulla Terra dai suoi simili durante una spedizione.
La piccola e buffa creatura, spaventata e sola, si rifugia così nel capanno degli attrezzi di casa Taylor venendo scovato da Elliott, bimbo di 10 anni e secondo di tre fratelli. Inizialmente intimorito, il bambino riesce a far amicizia con l’extraterrestre creando un forte legame empatico con quest’ultimo che viene ribattezzato da Elliott “E.T.”. Nonostante l’intromissione del governo, Elliott cercherà in tutti i modi di aiutare il suo nuovo piccolo e strambo amico a tornare a casa.

 

Steven Spielberg è globalmente riconosciuto come il cineasta più pop di tutti i tempi, capace di raccontare storie umanamente profonde e sensibili anche trattando tematiche fantasy o puramente sci-fi.  E.T. non è solamente una storia che parla di amicizia, è un plauso all’amore universale, un inno al volersi bene splendidamente confezionato da un eterno bambino, un uomo che non è mai cresciuto veramente e che grazie alla sua sindrome da Peter Pan è riuscito a conquistare i cuori di milioni di spettatori. Forte di un’iconica colonna sonora del fedelissimo John Williams e di un character design ad opera del nostrano Carlo Rambaldi, E.T. rimane tutt’oggi un cult incredibilmente moderno nonostante i suoi 41 anni di età.

La Cosa (John Carpenter, 1982)

La tranquillità di una base scientifica americana sita in Antartide viene interrotta dall’arrivo di un parassita alieno metamorfico, in grado di poter assumere le sembianze di chiunque seminando il panico all’interno del complesso. Il pilota McReady dovrà destreggiarsi all’interno della base per sfuggire al pericoloso extraterrestre che, grazie alle sue trasformazioni, sta lentamente devastando psicologicamente il personale,  con una guerra di nervi paranoica e senza respiro. Remake del classico del 1951La Cosa è un cult dell’horror fantascientifico splendidamente messo in scena da un John Carpenter sugli scudi, sempre a suo agio nel mostrare lo sconforto dell’essere umano contro una forza superiore ed incontrollabile. 

 

Esattamente come Alien di Ridley Scott (uscito solo tre anni prima), La Cosa gioca con l’aspetto mentale dei protagonisti, incolpevolmente braccati da un’entità superiore ed apparentemente invincibile. Carpenter, nella sua lucida follia, porta in scena un horror teso e nervoso coadiuvato dai meravigliosi effetti speciali del mago del make-up Rob Bottin (RoboCop, Salto nel buio, Atto di Forza). Indubbiamente parte dei migliori film di fantascienza degli anni 80.

Blade Runner (Ridley Scott, 1982)

Se si parla dei migliori film di fantascienza degli anni 80, non si può non citare il capolavoro di Ridley Scott, Blade Runner. 2019, in una Los Angeles distopica  gli androidi (anche chiamati “replicanti”) sono al servizio degli esseri umani per i lavori più umili e sono programmati per avere una vita brevissima di circa quattro anni.  Sei replicanti Nexus-6, un modello più evoluto, scappano dalle colonie extramondo per approdare nella Città degli Angeli in cerca del loro creatore pretendendo da lui più longevità.  Sulle tracce dei sei fuggiaschi si mette Rick Deckard, un cacciatore di androidi della sezione “Blade Runner” in pensione. Tratto dal romanzo di Philip K. Dick “Il cacciatore di androidi”, Blade Runner è il capolavoro della fantascienza di stampo cyberpunk del britannico Ridley Scott, che dopo I Duellanti (1977) e Alien (1979) torna dietro alla macchina da presa per firmare, probabilmente, il film migliore di tutta la sua lunga e variegata filmografia.

 

Blade Runner è un capo d’opera di proporzioni bibliche: la Los Angeles descritta da Scott è una metropoli devastata dalle corporazioni, una società civile controllata in maniera paranoica dalle forze dell’ordine e assuefatta da enormi schermi pubblicitari invadenti ed ossessivi. Un noir metropolitano dove il pessimismo cosmico regna sovrano, in un film che purtroppo fece un flop disastroso al botteghino (per gli stessi motivi de La Cosa, entrambi surclassati al box-office da E.T.) ma che divenne un cult assoluto negli anni a venire grazie all’home video e al passaparola degli appassionati.

Terminator (James Cameron, 1984)

Dal futuro, precisamente dall’anno 2029, giungono a Los Angeles due figure in cerca della medesima persona, una timida ragazza diciannovenne di nome Sarah Connor. Il primo uomo è un cyborg assassino dalle fattezze umane:  incapace di rintracciare Sarah a causa delle scarse informazioni in suo possesso, il T-800 segue l’ordine dell’elenco telefonico sterminando così decine di vittime con lo stesso nome della ragazza.  Il secondo uomo, il soldato Kyle Reese, si rivelerà un protettore per la giovane donna che in realtà altro non è che la madre del futuro capo della resistenza contro le macchine.

 

L’esordio alla regia di James Cameron (se non contiamo il fallimentare Piranha Paura) è un turbinio di avvenimenti senza esclusione di colpi, in un fanta-horror dalle tinte oscure che sa tanto di caccia all’uomo.  Terminator è un’opera prima di rara bellezza, una perla rara del cinema fantascientifico che con pochi soldi ma tante idee ha lanciato nell’Olimpo di Hollywood l’astro nascente di Cameron, portando alla ribalta il talento del regista canadese in maniera prepotente. Aiutato dai muscoli del mastodontico Arnold Schwarzenegger, Terminator è senza dubbio uno dei film più importanti di tutti i tempi, un capolavoro che ha segnato in positivo le carriere di Cameron e Schwarzy,  della giovane Linda Hamilton, del caratterista Michael Biehn e che ha lanciato un franchise fatto di pochi alti (come lo splendido sequel del 1991) e tantissimi bassi.

Ritorno al futuro (Robert Zemeckis, 1985)

Marty McFly è un teenager amante della musica rock, perennemente in ritardo e dall’indole bonaria e pigra. La sera del 25 ottobre nel parcheggio di un centro commerciale, Marty viene coinvolto dal suo vecchio amico, il professor Emmett “Doc” Brown, in un esperimento scientifico di valore storico: Doc ha convertito una DeLorean DMC-12 in una macchina del tempo, capace di viaggiare in qualsiasi periodo storico grazie ad una dose di plutonio raggiungendo le 88 miglia orarie. Il plutonio, tuttavia, è stato rubato da Doc ad un gruppo di terroristi libici che si palesano nel parcheggio, uccidendo Doc e costringendo Marty a fuggire all’interno della DeLorean. 


Durante la fuga, Marty aziona inconsapevolmente i tempo-circuiti dell’auto, ritrovandosi così catapultato nel 1955. Ritorno al Futuro (primo film dell’omonima trilogia) è conosciuto non solo per essere uno dei film più iconici degli anni 80, bensì per essere una delle pellicole più importanti di tutti i tempi, diventando un vero e proprio culto per milioni di appassionati in tutto il mondo. Robert Zemeckis e Bob Gale firmano una sceneggiatura semplice ma di grande impatto per una commedia fatta di equivoci, risate e tanta nostalgia: l’America degli anni 50 è fotografata in maniera impeccabile da Zemeckis, il regista di Forrest Gump riesce con pochi espedienti tecnici a trascinare lo spettatore in un vero e proprio “come eravamo” usando alcuni stratagemmi dell’epoca moderna per far sentire Marty un pesce fuor d’acqua in un turbinio di fraintendimenti messi in scena in modo ottimale da un giovanissimo Micheal J. Fox.

Aliens – Scontro finale (James Cameron, 1986)

Unica superstite dell’astronave Nostromo, il tenente Ripley vaga nello spazio addormentata nella sua criocapsula insieme al gatto Jones.  Salvata per miracolo dalla compagnia Weyland-Yutani, Ripley si risveglia scoprendo un’amara verità: è rimasta in ipersonno per ben 57 anni e la compagnia la ritiene responsabile della distruzione della Nostromo, non credendo minimamente all’esistenza dello xenomorfo che ha decimato l’equipaggio della nave. 


Tempo dopo, Ripley viene ingaggiata come consulente di un gruppo di marines coloniali per una missione di ricognizione, i contatti con la colonia sul pianeta LV-426 (lo stesso su cui la Nostromo trovò la sua fine) sono andati perduti, il tenente quindi dovrà suo malgrado tornare in sella per affrontare i fantasmi del suo passato. Sequel del capolavoro di Ridley Scott, Aliens (il plurale non è messo a caso) allarga le disavventure del tenente Ripley in maniera esponenziale, spostando il setting dell’opera più verso i lidi dell’azione che della tensione pura e semplice. James Cameron (qui al suo secondo film) omaggia il film di Scott con delle atmosfere cupe e nichiliste (marchio di fabbrica del brand), strizzando l’occhio anche al Carpenter di Distretto 13 e premendo sul pedale dell’acceleratore con sequenze action ben orchestrate, dirigendo e scrivendo uno dei personaggi femminili più forti di sempre in uno dei sequel meglio realizzati della storia del cinema.

Corto Circuito (John Badham, 1986)

Numero 5 è il quinto prototipo di robot costruito dalla NOVA Robotics per l’esercito americano. Durante una dimostrazione sulle potenzialità di queste macchine, scoppia un violento temporale ed un fulmine colpisce Numero 5 mentre si trova in carica, mandando in corto circuito i suoi sistemi e facendogli acquisire un’autocoscienza. Il robot scappa dal laboratorio per rifugiarsi nella casa della giovane Stephanie, ingenuamente convinta di avere a che fare con un alieno. Mentre Numero 5 fa incetta di input per soddisfare la sua curiosità, l’esercito si mobilita per trovare ed eliminare il robot fuggiasco.


Amabile, bonario e gentile: Numero 5 è entrato nell’immaginario collettivo degli appassionati per il suo modo fanciullesco di approcciarsi alla vita quotidiana.  John Badham (WarGames – Giochi di guerra) si rifà a Spielberg offrendo allo spettatore una versione tecnologica di E.T. in una storia dal sentimentalismo facile ma non altrettanto impattante come nel capolavoro del regista de Lo Squalo.  Eppure nella sua semplicità Corto Circuito vince e convince: il carattere giocoso di Numero 5 (poi ribattezzato “Johnny-5”) è la carta vincente di un film dove gli esseri umani (capitanati dal buon Steve Guttenberg) fanno quasi da contorno alle peripezie del robot cingolato più amato degli anni 80.

RoboCop (Paul Verhoeven, 1987)

In una Detroit completamente deflagrata dal crimine, l’agente di polizia Alex Murphy viene ucciso in servizio da una banda di spietati criminali.  Legalmente morto, Murphy viene così resuscitato nel corpo cibernetico di RoboCop, un programma di tutela della legge messa in atto dalla multinazionale OCP, una potente corporazione che controlla gli organi di polizia e che vorrebbe ripulire Detroit dal marciume della criminalità per poter costruire una nuova, avveniristica metropoli chiamata Delta City. Il neonato RoboCop, programmato per seguire delle direttive specifiche, mette in atto una brutale campagna contro il crimine di Detroit ma i frammenti perduti della memoria di Murphy si fanno lentamente strada nella coscienza del robot-poliziotto. 

 

L’olandese Paul Verhoeven porta su schermo uno dei film di fantascienza più violenti di tutti i tempi: crudele e spietato, RoboCop non è solo un banale fanta-action ma è anche una critica (nemmeno tanto velata) alle multinazionali del sistema capitalista americano, arroganti con i deboli e zerbini coi potenti.
Verhoeven, tramite una sottile ironia fatta di spot pubblicitari satirici e tremendi spezzoni di telegiornali, racconta le vicende di Murphy/RoboCop mettendo in primo piano lo schiacciante potere delle corporazioni: distopica nella forma ma tremendamente realistica nella sostanza, la ricetta di RoboCop è allo stesso tempo trionfante e truculenta.

Salto nel buio (Joe Dante, 1987)

Ultimo tra i migliori film di fantascienza degli anni 80, in ordine cronologico, è Salto nel buio di Joe Dante. Nell’ambito di un esperimento scientifico,  il tenente Tuck Pendleton viene miniaturizzato ed inserito dentro una siringa con lo scopo di essere inserito dentro un coniglio per studiarne dall’interno la struttura.  Tuttavia durante il procedimento, un team di scienziati rivali irrompe in laboratorio per defraudare la tecnologia alla base della miniaturizzazione, costringendo il dottor Wrexler (capo dell’esperimento) alla fuga. 


Ferito e braccato dai cattivi, Wrexler inietta il tenente rimpicciolito nel corpo di Jack Putter, un timido impiegato ipocondriaco. Un viaggio all’interno del corpo umano frutto però di una convivenza forzata, Joe Dante (prodotto da Spielberg) con Salto nel buio confeziona una delle commedie sci-fi più riuscite degli anni 80.  La strana coppia formata da Martin Short (Putter) e Dennis Quaid (Pendleton), completamente diversi tra loro eppure amalgamati a pennello, ben si sposa con le atmosfere gigione da buddy movie portate in scena dal grande Dante, sempre a suo agio con avventure dal tono leggero e fantasiose.