Recensione – Leila e i suoi Fratelli, il nuovo film di Saeed Roustayi presentato al Festival di Cannes

Presentato in anteprima al Festival di Cannes, Leila e i suoi Fratelli è uno dei capolavori di questa annata cinematografica. Ma per quale motivo è così importante?
Leila e i suoi Fratelli, un film di Saeed Roustayi

Articolo pubblicato il 4 Gennaio 2024 da Gabriele Maccauro

Presentato in anteprima alla 75esima edizione del Festival di Cannes e vincitore del premio FIPRESCI (il premio della Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica), Leila e i suoi fratelli è il nuovo film del regista iraniano Saeed Roustayi. In Italia, il film è stato distribuito da I Wonder Pictures a partire dal 6 aprile 2023. Di seguito, ecco la trama e la recensione del film.

La trama di Leila e i suoi Fratelli, il nuovo film di Saeed Roustayi

Innanzitutto la trama: di cosa parla Leila e i suoi Fratelli? Il film ci racconta la storia di una famiglia, quella di Leila che, insieme ai suoi genitori ed ai suoi quattro fratelli, sta vivendo un periodo di grave crisi economica. La possibilità di risolvere tutti i loro problemi appare nel momento in cui nasce la possibilità di acquistare, grazie ad enormi sacrifici da parte di tutti, un negozio all’interno di un importante centro commerciale della città, ostacolato però dai loro genitori e, in primis, dal padre Esmail. Gli è stato infatti proposto di diventare Padrino al matrimonio del primogenito di una famiglia molto potente ma che lo ha sempre tenuto a distanza e sfruttato, senza però che egli se ne rendesse mai davvero conto. Esmail non desidera altro, convinto che ciò possa rappresentare finalmente un’occasione di riscatto sociale, ma porterà con sé diversi problemi all’interno del nucleo familiare.

Leila e i suoi Fratelli, un film di Saeed Roustayi

La recensione di Leila e i suoi Fratelli: l’Iran tra famiglia, tradizioni e crisi economica 

Che Leila e i suoi Fratelli fosse un film importante lo si era capito da subito, da quando il Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico si era espresso duramente nei suoi confronti per le critiche rivolte al governo iraniano, ma anche nei confronti di Navid Mohammadzadeh che, in occasione della sua presentazione alla 75esima edizione del Festival di Cannes – dove si è aggiudicato il premio FIPRESCI, ovvero il premio della Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica – aveva baciato sua moglie pubblicamente, sul red carpet. Ciò ha inoltre portato il Ministero a bloccare indefinitamente la distribuzione del film in Iran ed a sostenere inoltre che la sua presentazione a Cannes fosse avvenuta senza l’autorizzazione del governo. 

 

Un film scomodo, dunque necessario. Un film di 165 minuti in cui il regista Saeed Roustayi mette le cose in chiaro sin dalla prima inquadratura e prende una posizione netta, con quella scena d’apertura in cui avviene il blocco dell’attività produttiva di una fabbrica in cui lavora Alireza, uno dei fratelli protagonisti del film, che diverrà così disoccupato, in un paese in cui la crisi economica è sempre più forte e pesante ed in cui le famiglie riescono malapena a vivere. Roustayi realizza un film di critica e denuncia sociale, un film sulla lotta di classe e su come il governo ed i più ricchi sì, sono colpevoli, colpevoli per il disinteresse che mostrano nei confronti dei più bisognosi, degli ultimi, in un paese già di per sé vincolato da tradizioni che lo opprimono e che però, tuttavia, vengono considerate ancora oggi come vere e proprie leggi da seguire a tutti i costi. La pensano così tutti tranne Leila che, a differenza degli altri, non si arrende, perché vuole un futuro migliore, vuole uscire da questi dogmi e crearsi una vita che sia la sua, che nasca dalla sua volontà e dalla volontà di nessun altro. 

 

Leila sembra aver trovato la soluzione ai loro problemi: insieme ai suoi quattro fratelli ha l’occasione di acquistare un negozio che, secondo lei, sarà redditizio e porterà l’intera famiglia ad uscire dallo status in cui si trova. I fratelli alla fine accettano, ma il problema sarà il padre, Esmail, uomo d’altri tempi ancora legato ad un’idea di mondo che Leila, ad oggi, trova inaccettabile ed insensata. Ad Esmail è stato proposto di diventare Padrino al matrimonio del primogenito di una ricca famiglia che però non si è mai mostrata davvero sua amica e che, in questo caso, lo sta evidentemente truffando. È evidente, lo spettatore è addirittura spinto ad empatizzare con l’uomo, ma Leila riporta l’attenzione su ciò che conta davvero e sembra essere l’unica ad aver capito cosa sta succedendo. Per diventare Padrino, la tradizione vuole che egli faccia il regalo economicamente più consistente. Tradizioni che dunque contano sì, ma vengono piegate e plasmate a seconda degli interessi personali delle uniche persone che hanno il potere di farlo, ovvero i ricchi. Fare questo regalo significherebbe rinunciare al negozio, dunque ad un futuro per Leila ed i suoi quattro fratelli, ma al padre questo non interessa, perché guarda ai propri interessi, all’importanza che avrebbe il diventare padrino ed alla possibilità di avere così un riscatto sociale.

 

Leila inoltre, in quanto donna, sembra non poter neanche avere voce in capitolo ma non è interessata a quello che il suo paese pensa, perché sa che si tratta di mera ignoranza e di un mondo che a lei sta stretto. Leila sente che la vita le sta sfuggendo dalle mani, non si è potuta sposare per colpa dei suoi genitori e sente che la società la vuole ferma al suo posto, senza farsi domande, senza avere ambizioni, per diventare poi esattamente come sua madre. Leila mostra disgusto nei confronti di una donna che sì le ha dato la vita, ma semplicemente non riesce a comprendere la realtà dei fatti, come odia il suo stesso padre, sostenendo addirittura che la sua morte non farebbe altro che giovare a lei ed ai suoi fratelli. Fratelli che inizialmente la seguono, ma poi si arrendono inevitabilmente al rapporto genitoriale e ad una società le cui radici, quelle marce, sembrano impossibili da estirpare. Leila finisce per guardare impotente ciò che accade, ma ovviamente non è un caso che Roustayi regali un ruolo del genere proprio ad una donna, come ulteriore attacco nei confronti del proprio governo e per evidenziarne gli abusi e soprusi perpetrati nei loro confronti. Roustayi vuole rompere queste catene e parlare all’Iran di un futuro di cui però il paese non sembra voler sentir parlare.

Il cinema iraniano e le influenze in Leila e i suoi Fratelli

Nonostante il governo ne ostacoli la libertà d’espressione, il cinema iraniano è più vivo che mai, con alcuni autori che ormai da tempo mettono in gioco tutto, anche la loro stessa vita, per realizzare i propri film e muovere le proprie critiche all’intera società iraniana. Lo faceva decenni fa Abbas Kiarostami, lo fanno ancora oggi autori come Asghar Farhadi, Mohsen Makhmalbaf, Mohammad Rasoulof e, ovviamente, Jafar Panahi. Pochi mesi fa lo ha fatto anche Ali Abbasi con il suo meraviglioso Holy Spider e, se da un lato fa male notare come la visione di questi registi si stia facendo sempre più cruda, allo stesso tempo è meraviglioso notare come, attraverso il mezzo cinematografico e film meravigliosi, questi registi continuino a lavorare e spingere affinché il paese esca da uno stato di impasse desolante perché, nonostante ciò non venga perfettamente compreso da chi di dovere, alla base di tutti i loro lavori c’è l’amore per il proprio paese.

 

Leila e i suoi fratelli non è un grandissimo film solo per le ragioni elencate fino a questo momento ma anche, ovviamente, per la sua qualità tecnica. Si tratta infatti di un film con una regia molto solida che fa però della sceneggiatura il suo punto di forza: si tratta infatti di un’opera estremamente dialogata e, nonostante abbia una straordinaria fotografia quasi neorealista per il modo in cui dipinge la realtà in cui l’opera è immersa, si fonda sulle parole e sui rapporti umani. Un altro enorme punto di forza sono certamente gli attori, visto che anche i personaggi secondari risultano come quelli che una volta venivano definiti “caratteristi” e riescono, in questo caso sì anche senza dialoghi, a raccontare un mondo intero semplicemente attraverso uno sguardo, un gesto ed il loro viso. 

 

Sotto molti punti di vista, Leila e i suoi Fratelli ricorda il cinema di Ettore Scola nel modo in cui riesce a raccontare storie enormi, sociali, di ricchi e poveri, di lotta di classe, facendo ridere, piangere e riflettere lo spettatore, ma anche per il modo in cui, all’interno di queste storie, vengono calati molti attori, tutti diretti magistralmente e tutti con un ruolo ben preciso. Con le dovute differenze, siamo dalle parti di La Famiglia, ma anche di film come Brutti, Sporchi e Cattivi in cui, caso vuole, quel Nino Manfredi è ricordato anche proprio a livello di somiglianza fisica dall’attore Navid Mohammadzadeh. Leila e i suoi Fratelli è dunque un titolo imperdibile, un film che già adesso va di diritto tra i migliori dell’anno e che, vista la sua presenza nelle sale italiane, non va perso per nessun motivo al mondo.

Voto:
5/5
Alessio Minorenti
5/5
Bruno Santini
5/5
Giovanni Urgnani
5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Arianna Casaburi
5/5
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