Articolo pubblicato il 4 Gennaio 2024 da Gabriele Maccauro
Continua la retrospettiva su Nicolas Winding Refn. Dopo Pusher, Bleeder e Fear X infatti, il regista canadese torna dietro la macchina da presa nel 2004 per dirigere il sequel del suo esordio datato 1996. Di seguito, ecco dunque la trama e la recensione di Pusher II: Sangue sulle mie Mani, quarto film di Nicolas Winding Refn.
La trama di Pusher II: Sangue sulle mie Mani, il quarto film di Nicolas Winding Refn
Come sempre nella carriera di Nicolas Winding Refn – almeno fino a questo momento – la trama dei suoi film è piuttosto semplice e non è tanto il cosa viene trattato, quanto il come. Pusher II: Sangue sulle mie Mani è il sequel di Pusher, debutto cinematografico di Refn del 1996. Il film segue la storia di Tonny, il personaggio interpretato da Mads Mikkelsen che, dopo essere stato picchiato violentemente da Frank nel primo capitolo, sopravvive ma finisce in prigione. Una volta uscito dal carcere, cerca subito di inserirsi nuovamente nel mondo criminale chiedendo aiuto a suo padre, uomo che viene chiamato Il Duca e che ha sempre odiato suo figlio. Allo stesso tempo, una donna di nome Charlotte con cui Tonny aveva avuto una relazione sostiene che egli sia il padre di suo figlio mentre Kurt, un suo vecchio amico, lo coinvolge in un affare che prende immediatamente una brutta piega.

La recensione di Pusher II: Sangue sulle mie Mani, consapevolezza, paternità e redenzione nel film di Nicolas Winding Refn
Dopo i due grandi insuccessi di Bleeder e Fear X, Nicolas Winding Refn si trova in una situazione difficile ed opposta a quella in cui si trovò nel momento del suo esordio cinematografico: non ha più una sorta di carta bianca sulle storie da raccontare e produttori pronti ad investire, ma si trova alle strette e la soluzione a questi problemi sembra la più ovvia e scontata possibile ovvero, approfittando del successo che ha ottenuto soprattutto negli anni, realizzare un sequel del suo film di debutto, Pusher. Nonostante questa scelta risulti piuttosto obbligata per tentare di fare un buon risultato al botteghino e potersi rimettere in carreggiata, Pusher II: Sangue sulle mie Mani non è un sequel su commissione che Refn gira controvoglia, ma una grande occasione da sfruttare anche dal punto di vista artistico. Il regista di Copenaghen non si limita al cosiddetto compitino, ma torna nel mondo di Pusher per ampliarlo ed approfondirlo e lo fa con un film che, più che di un sequel, sembra avere la struttura di uno spin-off, visto che il mondo trattato è lo stesso ma l’attenzione si sposta completamente su Tonny, il personaggio interpretato da Mads Mikkelsen che nel primo capitolo era la spalla del vero protagonista, ovvero il Frank di Kim Bodnia.
Inoltre, Refn arriva a realizzare questo film con una chiara consapevolezza sia dei propri mezzi che di ciò che più desidera raccontare. In questo modo, Pusher non si concentra più sul mondo della criminalità, sullo spaccio e sul crimine, ma sulle persone e le loro anime e, in questo caso, lo fa dedicando tutto se stesso all’approfondimento di Tonny. Egli è infatti una figura che sì, lavora nella criminalità, è appena uscito di prigione e non sembra voler abbandonare quel mondo ma forse, dentro, non ne è neanche in grado. A differenza del personaggio di Frank, che nel primo capitolo del film fa una vera e propria caduta e discesa agli inferi, qui Tonny è un personaggio molto più sfaccettato, colpevole ma anche vittima, un uomo che sembra quasi in balìa della propria vita, di una realtà in cui è nato e cresciuto, da cui vorrebbe prendere le distanze ma da cui, per un motivo o per un altro, continua ad essere legato a prescindere dal proprio desiderio. Il punto cruciale dell’intera vicenda è certamente il fatto che Charlotte, prostituta con cui aveva avuto una relazione in passato, lo informa di essere il padre di suo figlio e che porta così ad un discorso ambivalente sulla paternità.
Da un lato abbiamo infatti il Tonny figlio il cui padre, colui che viene chiamato Il Duca, lo odio e disprezza, trattando invece Ø come suo prediletto, preferendolo in tutto e per tutto al figlio biologico. Tonny vorrebbe avere un rapporto con il padre ed è forse per questo motivo che, dopo essere uscito di prigione, si ritrova nel mondo criminale. Dall’altro invece, abbiamo il Tonny padre, un padre protettivo e che non vuole che il proprio figlio debba passare ciò che ha passato lui, con il desiderio di tenerlo lontano da quella realtà a tutti i costi. Si tratta ovviamente di un rapporto contraddittorio come contraddittoria è la figura stessa di Tonny. Nicolas Winding Refn ci dipinge un mondo dove tutto è bianco o nero in cui però il personaggio di Mads Mikkelsen rappresenta un grigio, una sorta di anomalia, una figura appunto contraddittoria che sì, si è macchiata di diversi crimini, ha sbagliato più volte nella sua vita e probabilmente lo continuerà a fare, ma che ha anche un cuore, che si rende finalmente conto di cosa c’è intorno a lui e che adesso, finalmente, non fa altro che cercare redenzione.
La regia di Nicolas Winding Refn e la contaminazione di genere
Pusher II: Sangue sulle mie Mani è dunque un ottimo film, probabilmente superiore al titolo del 1996 non solamente per tematiche, ma anche e soprattutto per il modo in cui Refn le tratta e per la mano con cui dirige la pellicola. Come detto, se il primo capitolo era ancora molto acerbo, questo secondo titolo arriva ben 8 anni dopo, anni che il regista danese ha passato a perfezionarsi – grazie a Bleeder e soprattutto a Fear X che, nonostante il flop, sono due ottimi film – sia da un punto di vista tecnico che di creatività. Il modo in cui gestisce gli spazi, le luci e la fotografia che oggi contraddistinguono le sue opere e che sono probabilmente nate ed esplose con Fear X, qui tornano ma con più raziocinio, con una gestione perfetta che permette allo spettatore non solo di addentrarsi in quel mondo ma anche di avvicinarsi alla figura di Tonny, il cui personaggio viene scritto e trattato, probabilmente, come mai prima d’ora nella carriera di Refn, regalando a Mads Mikkelsen uno dei ruoli più importanti della sua carriera.
Nicolas Winding Refn non si limita a questo però, perché a differenza del Pusher del 1996, con Pusher II: Sangue sulle mie Mani, egli si diverte anche a mescolare i generi non come esercizio di stile ma per volontà artistica e per rendere la storia più attinente possibile alla visione di essa che egli aveva nella sua mente. Se dunque, ad un primo impatto, può sembrare di trovarsi davanti un semplice nuovo capitolo di Pusher, scavando ci si potrà rendere conto di come non si tratti d’altro se non di un dramma famigliare, di un noir ed allo stesso tempo di un thriller in cui, a fare la differenza, non è solamente la gestione degli spazi ma anche dei tempi, che col tempo diventerà un altro marchio di fabbrica del suo cinema.
Pusher II: Sangue sulle mie Mani rilancia la carriera di Nicolas Winding Refn che, una volta essere tornato nel mondo di Pusher, deciderà l’anno seguente di chiudere la trilogia con Pusher III: L’Angelo della Morte, in modo tale da poter tornare ad avere anche quella libertà ed autonomia essenziale per i suoi lavori che, da Bronson in poi, esploderanno.