Recensione – Mindcage – Mente criminale, con John Malkovich e Martin Lawrence

Articolo pubblicato il 14 Gennaio 2025 da Gabriele Maccauro

Mindcage – Mente criminale è il nuovo film di Mauro Borrelli, regista italiano operativo negli Stati Uniti, con protagonisti Melissa Roxburgh, John Malkovich e Martin Lawrence. Prodotto da Lionsgate, è uscito lo scorso anno negli USA e, con Medusa e Notorius, a seguito della prima a Etna Comics, anche nel nostro paese. B-Movie in piena regola, Mindcage – Mente criminale, è nelle sale italiane da giovedì 8 Giugno.

Mindcage – Mente criminale: la trama del film di Mauro Borrelli

La polizia ritrova una serie di cadaveri con indosso ali dorate rassomiglianti diverse figure angeliche. Si pensa che i delitti siano frutto dell’emulatore di un omicida seriale chiamato l’artista (John Malkovich) che operava allo stesso modo quando era a piede libero, prima che il detective Jake Doyle (Martin Lawrence) lo catturasse. Così la giovane collega Mary Kelly (Melissa Roxburgh), comincia a interrogare l’artista, nel braccio della morte, allo scopo di ottenere nuove piste.

Recensione di Mindcage: un plagio de Il silenzio degli Innocenti senza possibilità di salvezza

Il plagio a Il silenzio degli innocenti (già romanzo di Thomas Harris uscito nel 1988, poi film di Jonathan Demme del ’91) è lapalissiano; e sin da subito lo spettatore avverte la presa in giro: stesse dinamiche, personaggi analoghi, stessi turning point in sceneggiatura. Eppure, Mindcage non si dichiara un remake, bensì un soggetto originale del regista; siamo davanti a un falso, ma nemmeno un falso d’autore. È piuttosto un disegno ricalcato sulla carta copiativa, frettoloso e imprecisoNon solo l’impostazione risulta pigra, televisiva e priva di idee di messa in scena o inquadrature realmente pensate, ma lo stile, se di stile possiamo parlare, muta durante il corso del film: Borrelli ha il coraggio di proporre flashback con fotografia desaturata ed effetto fluo (siamo dalle parti di brutti videoclip risalenti ai primi anni 2000). Allora si tenta di concentrarsi su altro e guardare alle interpretazioni.

 

Ogni tanto, nel mondo del cinema, capita che un interprete relegato a determinati ruoli, spesso commedie per il grande pubblico assente dai riflettori da diverso tempo, venga sapientemente scelto da registi e autori illuminati e calato in contesti che non gli sono propri. E per qualche strano motivo, lo si vede brillare. È capitato recentemente con Adam Sandler in Uncut gems (2019) dei Safdie Brothers e, con risultati inferiori a Brendan Fraser in The Whale (Darren Aronofsky, 2022).  Forse Mauro Borelli voleva tentare un’operazione del genere con Martin Lawrence, affidandogli la parte stereotipata del detective insonne e traumatizzato. È superfluo dirlo, ma una scelta simile è sinonimo di autosabotaggio. Però, sotto una barba e una parrucca grigia da carnevale c’è il volto di John Malkovich, un grande attore per davvero, non un bluff. Niente da fare, il buon vecchio John si limita a fare le boccacce e a strabuzzare gli occhi per tutto il tempo. Non c’è due senza tre; neppure Melissa Roxburgh regge la baracca, restituendoci una performance che non poteva essere altro se non piatta, bidimensionale (il suo personaggio è scritto veramente male, è un abbozzo, una Clarisse Starling senza carisma, senza motivazioni, carente di tutto).

Purtroppo, non rimane molto altro, i minuti non passano più e la storia si dipana con soluzioni ridicole: gli indizi sono l’ago di una bussola (trovato sotto le unghie di una vittima –  siamo nuovamente dalle parti del film di Demme) e lo smalto bluette, ora fuori commercio, che indossava un tempo la nostra detective Kelly (“non si trova più uno smalto di questo colore…” nemmeno fosse un’antica reliquia perduta). 

 

 

Ma c’è qualcos’altro che si insidia negli anfratti di questo film di serie Z, in mezzo al trash e al plagio. C’è qualcosa in più, ed è la cara vecchia propaganda americana (religiosa e pro-pena di morte), la più bieca e intollerabile. Scopriamo che l’artista ha subito un trauma cerebrale durante l’infanzia, causato dalla madre, una prostituta violenta che gli vieta di raffigurare i soggetti sacri. Infuriata per la disobbedienza del figlio lo spinge a terra. Il bambino rimarrà bloccato per due anni sulla sedia a rotelle e si limiterà a ritrarre le altre persone: in questo modo viene a sapere di poter prendere possesso dei corpi dei suoi soggetti. Così continuerà a compiere crimini durante la prigionia, servendosi di Doyle e del suo ritratto. L’artista, convinto di essere Lucifero (forse? – non ci è data una spiegazione precisa), ha però patteggiato per la commutazione della pena capitale in ergastolo nel caso in cui l’ultima donna scomparsa, il vicegovernatore, fosse ritrovata viva.

 

 

Jack Doyle muore ucciso da Kelly, mentre è posseduto dall’artista, Doyle che voleva a tutti i costi l’esecuzione del killer. Così Mary Kelly, la sola a sapere la verità, fa in modo di consegnare del materiale da disegno avvelenato all’artista, nella sua gabbia, eliminandolo, rendendo così il mondo, parole del detective Jake Doyle, “un posto migliore”. È la fine del film: Kelly, che ha riacquisito la fede a seguito della vicenda e il marito, un ex prete, partono per la loro vacanza a Roma per visitare il Vaticano.

 

Chi scrive, vuole concludere con una nota di polemica. Mindcage – Mente criminale, negli Stati Uniti è passato direttamente in piattaforma. In Italia, per contro, è distribuito in sala da Notorius. È accaduto esattamente l’inverso per il film Pearl, di Ti West (2022), presentato in anteprima mondiale a Venezia lo scorso anno e che ha ricevuto il plauso di Martin Scorsese. Non solo, ma protagonista è la neo-diva Mia Goth, già in Nymphomaniac di Von Trier, in Suspiria di Luca Guadagnino e in X, dello stesso West. Gli elementi di attrattiva ci sono tutti e sarebbe il caso di sfruttarli. Lo diciamo sempre, la sale sono vuote, specialmente d’estate. Perché allora operare per una distribuzione di questo genere, che valorizza un audiovisivo sciatto, privo di interesse come Mindcage, per poi ignorare un prodotto che ha tutto di diritto di essere fruito sul grande schermo?

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