Articolo pubblicato il 8 Luglio 2023 da Bruno Santini
Esce nelle sale italiane il 6 luglio 2023, Insidious – La porta rossa, il quinto capitolo della celebre saga horror iniziata con i due film diretti da James Wan. Quest’ultima iterazione è stata diretta e interpretata dallo storico protagonista della saga Patrick Wilson. Il budget di produzione della pellicola è di circa 10 milioni, motivo per cui sarà quasi sicuramente in grado di risultare in un successo al box office. Di seguito trama e recensione di Insidious – La porta rossa.
La trama di Insidious – La porta rossa
Questa è la trama riportata dal sito ufficiale della pellicola: “In Insidious: La porta rossa, il cast originale del franchise horror ritorna per il capitolo finale della terrificante saga della famiglia Lambert. Per mettere a tacere i loro demoni una volta per tutte, Josh (Patrick Wilson) e un Dalton (Ty Simpkins) in età universitaria devono addentrarsi più che mai nell’altrove, affrontando il passato oscuro della loro famiglia e una serie di nuovi e più terribili mostruosità, che si nascondono dietro la porta rossa. Nel cast anche Sinclair Daniel e Hiam Abbass. Prodotto da Jason Blum, Oren Peli, James Wan e Leigh Whannell. La sceneggiatura è scritta da Scott Teems da una storia di Leigh Whannell e Scott Teems, basata sui personaggi creati da Leigh Whannell.

La recensione di Insidious – La porta rossa
La saga di Insidious è piuttosto peculiare per la sua struttura. Infatti un qualsiasi appassionato horror potrebbe recuperare soltanto le prime due pellicole e comprendere perfettamente la trama di questo film, ciò che infatti è curioso è come una saga familiare si sia trasformata in un universo narrativo per poi tornare in ultimo alla sua origine. In una Hollywood sempre più a corto di idee infatti a contare nel terzo e quarto capitolo sono soprattutto il nome del brand piuttosto che la loro aderenza ai film precedenti e ciò che è ancora più interessante notare è come l’interesse del pubblico nonostante questa singolare operazione non sia scemato ma anzi sia accresciuto nel tempo, facendo della quarta pellicola quella di maggior successo al botteghino. La saga di Insidious è dunque diventata una di quelle saghe horror che, per esempio al contrario della quasi gemella The Conjuring, tende a legare il proprio futuro alla minacciosità dei suoi terribili mostri invece che alla riconoscibilità dei suoi protagonisti. Spesso capita tuttavia che anche questo sottogenere di saghe dell’orrore tendano in fine a tornare a casa, ovvero in un certo qual senso a recuperare le proprie origini e a riflettere su di esse nel momento della loro conclusione (vedasi Halloween o Nightmare).
Quest’ultimo film tuttavia, come già anticipato, riavvolge il nastro narrativamente catapultando nuovamente gli spettatori con una breve introduzione nelle vicende della famiglia Lambert, ormai assente dal grande schermo da 10 anni. La novità e forse fonte di maggiore attenzione per la pellicola era l’esordio in cabina di regia di Patrick Wilson. Un giudizio che si può fin da subito esprimere è che il regista sembra essere molto più a suo agio nello girare nelle scene che lo riguardano, ovvero in cui è lui il protagonista dell’azione che viene svolta, rispetto a quelle in cui a essere messi in risalto sono altri personaggi. A essere anche gestite tutto sommato con perizia sono le scene horror, non vi sono quasi mai jump scare gratuiti infatti la costruzione della tensione è spesso sufficiente a giustificare lo spavento finale.

Altra nota di merito che va assegnata a Wilson è la capacità di rendere effettivamente conturbanti e a tratti terrificanti le composizioni pittoriche del figlio del personaggio che lui stesso interpreta. L’illuminazione utilizzata è caratterizzata da continue virate su tonalità più o meno accese di rosso e sembra essere il filo conduttore visivo scelto per il comparto estetico della pellicola che seppur non particolarmente raffinato per lo meno è solidamente eseguito. Le sue lezioni di arte sono interessanti nonostante sarebbero potute essere esplorate maggiormente e l’ossessiva foga con cui porta a compimento i suoi lavori è impattante. Tuttavia a sorprendere è il modo in cui Wilson sia in grado in una specifica scena e con il solo ausilio di un zoom su asse orizzontale a sprigionare tutto il terrore contenuto in un capolavoro immortale come Saturno che divora i suoi figli di Goya.
I problemi sorgono, come spesso accade con gli horror degli ultimi anni, quando a essere analizzata è la struttura del film è lo squilibrio interno tra le sue parti. A una prima parte introduttiva nella quale vengono posti gli evidenti germi delle future peripezie dei protagonisti ne segue una centrale che, invece che continuare ad alternare sapientemente costruzione narrativa e scene orrorifiche, decide di premere l’acceleratore soltanto su queste ultime, facendo perdere di consistenza alla pellicola. Se infatti inizialmente si può restare persino gradevolmente sorpresi dal modo in cui Wilson si destreggia nel mettere in scena le varie entità soprannaturali che fanno capolino nella vita dei protagonisti, alla lunga a subentrare è la noia per una ripetitiva sfilata di orrori spuntati. Il film pare ricalcare per larga parte pregi e difetti di La casa- il risveglio del male a dimostrazione di come in fondo queste pellicole tendano ad assomigliarsi un po ‘ tutte.
In definitiva agli spunti positivi si affiancano altrettanti difetti che sono tuttavia congeniti nella produzione horror contemporanea e dipende dunque dal grado di tolleranza di ogni spettatore nei confronti di questi elementi l’eventuale gradimento della pellicola.