Articolo pubblicato il 4 Agosto 2023 da Bruno Santini
È finalmente uscito, come di consueto ogni mercoledì, l’ultimo episodio di Secret Invasion, la serie TV del Marvel Cinematic Universe che inaugura la Fase Cinque dal punto di vista seriale e che costituisce il terzo tassello della suddetta. Casa, questo il nome dell’ultimo episodio, si occupa di chiedere la prima stagione della serie con Samuel L. Jackson nei panni del protagonista, in un racconto che tenta di fare a meno degli Avengers e di riportare la narrazione su un livello maggiormente terreno. Ma quale sarà stato il risultato? Di seguito, la trama e la recensione di Casa, sesto episodio di Secret Invasion.
La trama di Casa, episodio 1×06 di Secret Invasion
Come operato anche per le altre recensioni di Secret Invasion, prima di proseguire con l’analisi della puntata e della serie in generale, si parte dalla trama di Casa, il sesto episodio della serie con Samuel L. Jackson. Il piano di Nick Fury e Sonya si concretizza con il primo che decide di raggiungere Gravik e di consegnargli il raccolto: in cambio, il capo dello S.H.I.E.L.D. chiede al leader dei ribelli di lasciare la Terra e conquistare un altro pianeta, potendo sfruttare tutto il potere degli Avengers che gli consegna: dopo averlo umiliato e aver rivelato che il volto assunto è quello del primo umano ucciso per soddisfare il suo volere, Gravik rifiuta l’offerta di Fury e diventa Super-Skrull, assumendo il potere di tutti gli Avengers: nel momento in cui colpisce Fury, però, si scopre che questi non è altro che G’iah sotto mentite spoglie, che ha assunto anch’ella il potere degli Avengers e che dà vita ad una battaglia contro il suo avversario.
Intanto, Sonya tende un’imboscata allo Skrull che impersona il colonnello Rhodes, uccidendo i suoi uomini e mettendolo alle strette: sul luogo interviene anche Nick Fury che spiega al Presidente delle false vesti di Rhodes e, dopo uno scontro verbale, quest’ultimo muore e si rivela per quel che è. G’iah riesce a battere Gravik sfruttando il potere degli Avengers e a porre fine allo scontro, risvegliando tutti coloro che erano stati rapiti per far sì che gli Skrull assumessero le loro identità: tra questi c’è anche il vero Rhodes, oltre che Everett Ross. Al termine dell’episodio, il Presidente degli Stati Uniti minaccia gli Skrull di tutto il mondo causando disordini globali da parte di quelle persone che iniziano ad ammazzarsi tra di loro: per questo, Sonya e G’iah trovano un accordo per aiutare i reciproci popoli, mentre Fury e Priscilla decidono di tornare nella base aliena del primo, per negoziare una pace.

La recensione del sesto episodio di Secret Invasion
Detto questo, si può proseguire con la recensione dell’ultima puntata di Secret Invasion. Com’era stato accennato nelle recensioni dei precedenti episodi, ci si aspettava che la risoluzione finale dello scontro contro gli Skrull fosse, quanto meno, sbagliata per la concezione di tempi, corpi e rapporti di forza: all’interno di cinque su sei puntate della serie è evidente che questi ultimi siano totalmente verticali, con gli Skrull che vengono presentati con la loro forza e a cui viene data anche la prospettiva di una forza maggiore, rappresentata dall’ipotesi del Super-Skrull a cui Gravik lavora. Se, anche soltanto nelle intenzioni, pensare ad una risoluzione del conflitto restituiva l’idea di un qualcosa di sbagliato, osservare sullo schermo lo scontro tra G’iah e Gravik offre soltanto un solo giudizio possibile: orribile. Tanto nei risicatissimi tempi, quanto nei disastri visivi di una CGI orrenda, lo scontro che la maggior parte dei fan si aspettava è assolutamente sbagliato sotto tutti i punti di vista. Goffo, anticlimatico e in grado di non riuscire a rispettare neanche le – benché minime – fasi della serialità, il momento che sarebbe dovuto essere protagonista viene relegato a breve sketch di dubbia fattura, nell’incapacità generale di rendere manifestato un elemento per cui ci si era preparati (male) durante tutta la stagione.
Non è in dubbio che la forza di Samuel L. Jackson si faccia sentire, ma sembra una goccia in un oceano totalmente contaminato che vive di errori e calpesta il buon senso: il problema di tutte le serie del Marvel Cinematic Universe era stato, fino a questo momento, quello di non saper giungere al meglio verso il finale. In questo caso non soltanto il processo che porta alla risoluzione è scarso, ma anche la stessa vive di una serie di difetti estetici, narrativi, concettuali e visivi che lasciano spazio a ben poche interpretazioni alternative: Secret Invasion è una serie che nasce col piglio giusto e che si evolve male, concludendosi peggio. Il tutto, attraverso le due interpretazioni peggiori, che in questa puntata diventano protagoniste: quelle di Emilia Clarke e Kingley Ben-Adir. Sull’altro fronte (quello che negli intenti dovrebbe restituire il carattere thriller) si notano un insieme di situazioni ripetute con al centro un Presidente il cui unico ruolo è puntare la pistola ora verso l’uno, ora verso l’altro. Una concezione di prodotto così elementare, in ogni senso, da far rabbrividire lo spettatore.

Secret Invasion: la recensione della serie TV del Marvel Cinematic Universe
Avendo analizzato il sesto e ultimo episodio di Secret Invasion, si può proseguire anche con una recensione complessiva della prima stagione della serie del Marvel Cinematic Universe, con Samuel L. Jackson nei panni del protagonista. Nel corso delle diverse recensioni della serie in questione, è stato sottolineato come il motore fondamentale della serie sia dettato da un insieme di elementi che, negli intenti, possono apparire come positivi ma che non riescono ad essere ben inquadrati in un contesto generale che vive di uno sviluppo e di una scrittura piuttosto dozzinali. Il tema dell’immigrazione, dell’accettazione del diverso, dello straniero e del suo rapporto con il prossimo, erano – nei fatti – i cardini di una serie che avrebbe messo da parte gli Avengers, i combattimenti rozzi e le tipologie di racconto a cui siamo abituati; nei fatti, restano soltanto belle intenzioni da parte di una narrativa che sembra non sapere (o non volere) mai fare a meno dei suoi cliché, portati avanti per mezzo di una scrittura costantemente piatta e prevedibile, che lascia spazio ridotto – se non nullo – a tutti i personaggi raccontati.
Se Samuel L. Jackson conserva ancora il carisma che soltanto il suo volto sa ben esprimere, non si può dire lo stesso del suo personaggio Nick Fury: fino al termine della stagione resta un personaggio confinato a se stesso, un tramite verso futuri prodotti Marvel (in primis The Marvels) che includeranno la sua figura nell’idea di un futuro sviluppo. Intanto, è uno dei problemi che la serializzazione MCU porta con sé, il tutto sembra avere un senso limitato, per non dire relativo: anche la narrativa di Secret Invasion finirà inevitabilmente altrove, offrendo qualche elemento o qualche spiegazione in merito ad interrogativi a cui la serie non risponde. La vera nota dolente di Secret Invasion è però il villain, Gravik, che appare costantemente monocorde, a causa di una scrittura pessima e di un’incapacità di offrire al personaggio la – seppur minima – caratterizzazione in volto. Naturalmente, il tutto viene unito anche ad un’interpretazione che risulta essere, per usare un eufemismo, tutt’altro che riuscita.
Si viene però adesso al vero problema, che il finale della serie offre: G’iah. Così posta, la figlia di Talos è in grado di contenere ogni possibile potere degli Avengers, come mostrato in una battaglia in cui utilizza i poteri di Iron Man, Hulk, Mantis e Captain Marvel. Nella logica contenutistica, per cui forse in casa Marvel sarebbe meglio farsi poche domande, vien da chiedersi: a che servono tutti gli altri Avengers? A che servono le battaglie, gli scontri e gli stand-alone? A cosa sono serviti gli scontri con Thanos e Kang? Basterebbe usare la sola G’iah, in grado di contenere ogni potere, invincibile quanto invulnerabile. Naturalmente, ci si aspetterà una parziale (quanto fallace) spiegazione di questo elemento, in grado di smentire quello che a tutti gli effetti è stato mostrato: una macchina infernale che ha ben poco da temere, considerando supereroi e villain. Una scelta non soltanto pericolosa ai fini narrativi, ma anche nella resa di una serie che voleva essere tutt’altro. In definitiva, Secret Invasion è una serie che fallisce totalmente nel suo scopo: un thriller che non funge mai da thriller; una serie che voleva fare a meno degli Avengers, ma che li riunisce tutti in un’orribile resa complessiva; un prodotto che avrebbe dovuto restituire centralità a Nick Fury, ma che finisce (male) per occuparsi di altri; una serie che avrebbe potuto parlare di immigrazione, tolleranza e prospettive subalterne, ma che finisce per essere lo sterile giocattolone che è.