Recensione – Doppia Pelle: il film di Quentin Dupieux con Jean Dujardin

Recensione - Doppia Pelle: il film di Quentin Dupieux con Jean Dujardin

Articolo pubblicato il 21 Agosto 2023 da Bruno Santini

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Le Daim
Genere: Commedia, Thriller, Horror
Anno: 2019
Durata: 77 minuti
Regia: Quentin Dupieux
Sceneggiatura: Quentin Dupieux
Cast: Jean Dujardin, Adèle Haenel, Albert Delpy, Pierre Gommé, Laurent Nicolas
Fotografia: Quentin Dupieux
Montaggio: Quentin Dupieux
Colonna Sonora: Janko Nilović
Paese di produzione: Francia

Realizzato con un budget di soli 4 milioni di euro e selezionato nella Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes, Doppia Pelle è un film del 2019 scritto, diretto, montato e fotografato da Quentin Dupieux, regista e produttore musicale francese conosciuto anche con lo pseudonimo di Mr. Oizo. Il film, che in Italia ha risentito particolarmente della pandemia da COVID-19 venendo proiettato in pochissime sale, si avvale dell’interpretazione da protagonista dell’attore Premio Oscar per The Artist Jean Dujardin. Di seguito, la trama e la recensione di Doppia Pelle, di Quentin Dupieux. 

La trama di Doppia Pelle, il film di Quentin Dupieux con Jean Dujardin 

Prima di proseguire con la recensione di Doppia Pelle, film conosciuto anche con il nome di Le Daïm, si indica innanzitutto la trama del prodotto scritto, diretto, montato e fotografato da Quentin Dupieux. Georges (Jean Dujardin) è un uomo di cui viene solo debolmente approfondita la storia, e che decide di cambiare completamente vita. Dopo aver prelevato tutti i suoi risparmi, acquista una giacca di pelle di daino, con la quale riceve in regalo anche una videocamera. Dopo aver tagliato tutti i rapporti con sua moglie, decide di dormire in un piccolo albergo di un paese disabitato, dove fa la conoscenza di Denise (Adèl Haenel), barista di professione ma con il sogno di diventare montatrice. 

 

 

Georges finge di essere un regista che sta girando un film ma che è stato totalmente abbandonato dalla sua produzione, che si trova in Siberia; in realtà, il suo obiettivo è quello di possedere un intero vestiario di pelle di daino, a cui aggiunge una prospettiva più grande: essere l’unico al mondo a possedere una giacca. Per questo motivo, dà vita ad una serie di azioni sempre più spericolate che tenteranno di portarlo al suo obiettivo.

La recensione di Doppia Pelle di Quentin Dupieux: una nuova esistenza vestita di daino

Il daino compie il suo scopo nella vita provvedendo al sostentamento del cacciatore, sia esso lupo o uomo.”, si scrive nella saga fantasy di Dragonforce. L’operazione che Quentin Dupieux svolge in Doppia Pelle, servendosi del Premio Oscar Jean Dujardin, è pericolosa quanto geniale: spogliare totalmente di sacralità il volto dell’attore, abituato a ben altro tipo di rappresentazioni, immergendolo nel contesto di una surrealtà che diventa horror e che vive di quella commistione tra corpi umani e animali, creando un risultato assolutamente straordinario. Georges è un uomo che taglia i ponti con il suo passato e in tutto il film non si fa altro che sottolinearlo: la moglie gli dice che non esiste più, la sua fede nuziale viene utilizzata come pegno per pagare la stanza di albergo e il rapporto morboso dell’uomo si risolve con la sua giacca, a cui presta anche la voce sdoppiandosi, ammonendosi e chiamandosi durante il sonno.

 

La vecchia giacca ottura un bagno pubblico nella rappresentazione metaforica della nuova esistenza del protagonista: una liberazione dal passato oppressivo, che si radicalizza nella volontà di vestire di solo daino, l’animale che viene spesso inquadrato attraverso montaggi alternati che rendono visivamente perfetta l’idea che vuole essere comunicata, specie nella sequenza in cui il daino separa il Georges senza e il George con la sua nuova giacca. In questo contesto generale, il cinema assume la sua radicale forma di finzione, in questo caso permettendo di costituire l’alter-ego di un uomo che si dice (fingendo) regista, ma che si infastidisce se viene definito di serie B o, addirittura, di video porno. Nella sua nuova radicalizzazione esistenziale, Georges dapprima paga per liberarsi delle altrui giacche, poi inizia a uccidere; il cinema di Dupieux ridicolizza l’azione stessa dell’omicidio grazie a quella malleabilità dei corpi, che vengono trafitti, tranciati e decapitati dalla pala di un ventilatore, come fossero di un materiale diverso rispetto alla carne. In questo contesto, il costante dubbio riguardante Denise, affascinata dai lavori che osserva: è davvero consapevole di ciò che Georges è? Sa che quelli che osserva sono reali omicidi?


La potenza del falso cinema del protagonista sembra accompagnare di pari passo l’epica di Quentin Dupieux, un autore che sorprende pur nella sua brevità e che restituisce allo spettatore una serie costante di elementi spiazzanti; la morte di Georges, fucilato a distanza da un cecchino quasi fosse egli stesso il daino che cade esanime al colpo del cacciatore, è la perfetta rappresentazione sensoriale di quella nuova esistenza costruita nei panni dell’animale. Denise, che sembra non essere affatto colpita dalla morte dell’uomo, ne assume immediatamente i panni, come con un passaggio di testimone o, ancor meglio, una cerimonia di vestizione.

Voto:
4/5
Christian D'Avanzo
3.5/5
Gabriele Maccauro
4/5
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