Recensione- Ema, il film più divisivo di Larrain

Foto di Ema

Articolo pubblicato il 26 Agosto 2023 da Bruno Santini

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Ema
Genere: Drammatico

Anno: 2019

Durata: 102 minuti

Regia: Pablo Larrain

Sceneggiatura: Guillermo Calderòn e Alejandro Moreno

Cast: Mariana Di Girolamo, Gael Garcia Bernal, Paola Giannini e Cristian Suarez

Fotografia: Sergio Amstrong

Montaggio: Sebàstian Sepulvèda

Colonna Sonora: Nicolàs Jaar

Paese di produzione: Cile

Ema è un film del 2019 diretto dal regista cileno Pablo Larrain e presentato in concorso alla 77esima edizione del Festival d’arte cinematografica di Venezia. Il film, anche a causa della pandemia da Covid-19  dell’inizio dell’anno successivo, non ha mai avuto una vera e propria distribuzione in sala in Italia.

La trama di Ema, diretto da Pablo Larrain

Questa è la trama ufficiale della pellicola:Ema, giovane ballerina, decide di separarsi da Gastón dopo aver rinunciato a Polo, il figlio che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere. Per le strade della città portuale di Valparaíso, la ragazza va alla ricerca disperata di storie d’amore che l’aiutino a superare il senso di colpa. Ma Ema ha anche un piano segreto per riprendersi tutto ciò che ha perduto.

Foto del film Ema di Pablo Larrain

La recensione di Ema, l’anarchismo di Larrain

A margine della scheda di presentazione del film, in occasione della sua presentazione alla Mostra del cinema di Venezia di quattro anni fa, Larrain commentò la sua opera con poche ma incisive parole: “Una meditazione sul corpo umano, sulla danza e sulla maternità.” In effetti Ema rappresenta, nella corposa e stratificata filmografia del regista cileno una mosca bianca o quantomeno la più anarchica tra le sue opere. A Venezia infatti venne accolta con grande stupore e lasciò interdetta una buona parte della critica che finì persino per bocciarla. A distanza di anni e alla luce di molti film usciti nel frattempo non si può tuttavia perlomeno riconoscerne la grandissima aderenza alle tematiche portanti di molti filoni della cinematografia contemporanea. Ema è infatti un’opera assolutamente incendiaria, che tenta di dare forma attraverso l’occhio del regista a un materiale di partenza assolutamente amorfo, il film è in un certo senso un’opera quasi demiurgica.

 

Questo dramma infatti è un meraviglioso grido di libertà al femminile, un film di dolce ma spietata vendetta che sottende un’idea innovativa di intendere i rapporti familiari e di coppia, assomigliando in tal senso al controcampo di un film di Hirokazu Kore eda. Per compiere questo percorso tuttavia Ema (interpretata dalla sublime Mariana Di Girolamo) deve estirpare, distruggere e polverizzare la sua vita precedente. Tutte le sue azioni non faranno altro che sfociare da il punto più basso della sua vita, la separazione che le viene imposta dal figlio adottato. Questo la porterà a sprigionare tutta la sua energia e la sua creatività non solo per alimentare il suo percorso artistico di ballerina ma anche per raggiungere nuovamente la felicità. Larrain in tal senso è magistrale nel mettere in scena questo cammino di presa di coscienza della protagonista, ogni inquadratura infatti pulsa al ritmo sincopato della danza, la palette cromatica filtra con il rosso creando delle meravigliose esplosioni di colore e ogni azione a schermo pare celare in sé un incontenibile istinto vitale.

La pellicola è un grido di liberazione, una ribellione spirituale di una donna che smette di stare al gioco del mondo che la circonda e al quale decide di cominciare a dettare le sue regole, finendo per riuscire a soggiogarlo. In tal senso la scelta della colonna sonora che accompagna le immagini è sublime. Infatti Larrain compie una scommessa ardua che vince su tutto il fronte, ovvero quella di utilizzare il raggaeton come manifesto politico e sociale. Nelle tonalità frivole e disimpegnate di questo genere musicale affatto nobile, Larrain una materia informe che perfettamente si adatta al suo scopo di ridisegnare l’immagine femminile, utilizzando dei parametri che escano dagli schemi prestabiliti. Ema infatti sembra essere un tutt’uno con la musica che balla e ascolta, un coacervo di pulsioni e istinti primordiali uniti a una ferrea determinazione nel prendere in mano il suo destino. Raramente capita di assistere a un film così in grado di rimodellare la contemporaneità, fornendo una chiave di lettura a ciò che a prima vista appare una materia informe. 

 

Un’altra caratteristica che aggiunge fascino alla figura della protagonista è la sua enigmaticità. Le mosse di Ema sono sempre improvvise eppure meticolosamente studiate, lo spirito di questo personaggio non è incasellabile in nessuno schema predefinito, la sua intelligenza è acuta eppure selvaggia. Larrain tuttavia non cade nell’errore di parteggiare solo e unicamente per la sua protagonista, il giudizio su alcune delle sue azioni è volutamente sospeso e i mai  fino in fondo motivi che hanno portato all’allontanamento del figlio da lei proiettano delle inquietanti ombre, tuttavia questo non funge come scotto da pagare per poi creare un personaggio inattaccabile ma anzi aggiunge ulteriori livelli di complessità alla lettura che si può dare della pellicola. Dei tre ritratti femminili nella filmografia di Larrain questo è senza dubbio il più convincente e quello in cui le mille sfaccettature della protagonista riescono a essere convogliate attraverso gesti puramente cinematografici e non in forma di dialogo. Le occhiate, i movimenti di macchina, gli accostamenti tra le diverse palette adottate che si fondono con le ipnotiche coreografie di danza contribuiscono nel loro insieme a cesellare un mosaico denso di significato.

 

L’opera è destinata a continuare a far parlare di sé e la sua natura anarchica continuerà a dividere gli spettatori che tuttavia non potranno fare a meno di essere turbati o ammaliati dalla sfuggente figura di Ema.

 

 

 

Voto:
4.5/5
Andrea Barone
5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Gabriele Maccauro
4/5
Giovanni Urgnani
5/5
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