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Recensione – Comandante: il film d’apertura di #Venezia80

Recensione - Comandante: il film d'apertura di #Venezia80

Film d’apertura dell’80esima edizione del Festival del Cinema di Venezia 2023, Comandante è un film di Eduardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino nei panni di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Comandante Cappellini, attivo durante la seconda guerra mondiale. Il film in questione presenta una prospettiva che, al di là del discorso storico, non ha convinto con pareri unanimi soprattutto per il trattamento del tema dell’italianità. Di seguito, la trama e la recensione di Comandante di Eduardo De Angelis. 

La trama di Comandante, film d’apertura a #Venezia80

Nel considerare la recensione di Comandante, il film d’apertura a #Venezia80, è importante citare innanzitutto la trama del film di Eduardo De Angelis con Pierfrancesco Favino nei panni del protagonista. La sinossi è offerta direttamente sul sito ufficiale della Biennale di Venezia 2023, e recita quanto segue: “All’inizio della Seconda guerra mondiale Salvatore Todaro comanda il sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga nell’Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che in seguito si scoprirà di nazionalità belga e che apre improvvisamente il fuoco contro il sommergibile e l’equipaggio italiano. Scoppia una breve ma violenta battaglia nella quale Todaro affonda la nave nemica a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i ventisei naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei suoi uomini. Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Gli altri non hanno, come me, duemila anni di civiltà alle spalle”.

La recensione di Comandante di Eduardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino

Dopo aver considerato la trama, si può proseguire con la recensione di Comandante di Eduardo De Angelis con Pierfrancesco Favino; per riuscire a inquadrare perfettamente il film con Pierfrancesco Favino nei panni del protagonista si può partire dalla didascalia extradiegetica che introduce il prodotto in questione: una citazione di un soldato russo che, nella sua natura, appare fortemente decontestualizzata, in un film che pecca di assoluto relativismo soprattutto nell’ambito del trattamento dell’ideologia. Il kolossal italiano, costato 15 milioni di euro, presenta un comparto tecnico certamente importante (tanto nel sonoro quanto nel trattamento di fotografia e scenografia), che si basa su una regia solida e una fotografia assolutamente dignitosa. Di sicuro, in altre parole, c’è poco da dire a proposito dello sforzo produttivo di un film che, fin dai suoi interpreti, appare centrato nel suo sforzo, pur dovendo – almeno in un primo momento – tenere in secondaria considerazione il valore di un film oggettivamente di standard economico elevato. In Italia mancava da diversi anni un film di guerra e, nelle sue intenzioni, Comandante appariva una boccata d’aria, specie in un momento storico in cui il tema bellico e dell’occupazione appare all’ordine del giorno. 

 

Tuttavia, il risultato può dirsi francamente deludente, in quello che – senza mezze misure – appare un film totalmente incapace di schierarsi relativamente all’ideologia e alla società che propone. Tentando di proseguire per gradi: prima di dare avvio alla vera e propria missione militare, l’Agguato, il film si risolve in una serie di sequenze ingiustificatamente retoriche, che tentano di conciliare più piani in un’unica, risultante, sintesi che pecca in ogni sua misura. Dante spiegava che la letteratura si propone di un insieme di livelli interpretativi, a partire dal letterale e fino ad interessare l’anagogico. L’inizio di Comandante tenta di inquadrare storicamente l’Italia della seconda guerra mondiale, concedendosi la licenza stilistica (un tema che verrà portato avanti durante tutto il film) di cancellare ogni riferimento estetico o visivo al fascismo imperante in quegli anni; in secondo luogo, il tentativo è quello di elevare ieraticamente la guerra – o meglio, le guerre vissute dai protagonisti – e di portarle su un piano maggiormente aulico, attraverso la comparazione con la cultura greca. In terzo luogo, la pedante retorica del film viene catalizzata per mezzo di stilemi linguistici piuttosto basilari e stucchevoli: che si tratti della rima baciata con cui viene effettuato il discorso di Todaro, dell’anafora in “Non si può mai sapere” o delle immagini-visioni che vengono presentate specie ad inizio film, il risultato è sempre lo stesso. Comandante non sa parlare per immagini e, qualora sapesse farlo, sceglierebbe comunque di affidarsi a sequenze esteticamente discutibili. 

 

Il vero problema di questo film è nel suo contenuto ideologico: si parla di Italia della seconda guerra mondiale, di guerra e di fascismo, con la ritrosia nel trattare i succitati temi. L’impressione è che Eduardo De Angelis abbia quasi repulsione nell’indicare la storia nella sua veridicità cronologica, affidandosi pedissequamente a frasi (“Sono un uomo di mare” et similia) che avrebbero l’obiettivo di (ri)pulire la cultura italiana da un’ideologia che, lo si voglia o meno, è esistita ed esiste tutt’oggi, anche se semplicemente nella moralità di un singolo individuo. Sia esteticamente che nella sua verbosità il film evita di ripudiare un tema, limitandosi semplicemente a fingere che non esista: per questo motivo, gli unici momenti memorabili del prodotto in questione sono quelli di natura e cornice elementare/quotidiana, in cui Giggino cucina o impara a cucinare patatine fritte. Se il personaggio di Vincenzo Stumpo, corallaro di Torre Del Greco, presenta almeno una scrittura lineare, non si può dire il resto dei restanti, che appaiono piuttosto macchiettistici nella presentazione di caratteri che sono funzionali alla pellicola: ecco che, quando un film ha bisogno di marionette per indicare dei comportamenti, il difetto di fondo che anima la sceneggiatura inizia a diventare evidente. In definitiva, Comandante appare una grande opportunità sprecata rispetto alle sue intenzioni e all’opportunità per parlare – finalmente, e ancora – di guerra e di fascismo, in un momento storico in cui la consapevolezza è (deve necessariamente essere) diversa, non smarrendo lo stesso animo quando invece si tratta di parlare di donne e della condizione di una prostituta. Purtroppo, a quanto pare, un certo bigottismo italiano resta ancora cliché.

Voto:
2.5/5
Andrea Barone
4/5
Christian D'Avanzo
3/5
Gabriele Maccauro
2.5/5
Alessio Minorenti
2/5
Paola Perri
4/5
Vittorio Pigini
4/5
0,0
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