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Recensione – Zielona Granica (Il confine verde), film di Agnieszka Holland

Recensione - Zielona Granica (Il confine verde), film di Agnieszka Holland

Zielona Granica (Il confine verde) è un film di Agnieszka Holland presentato in anteprima al Festival di Venezia 80 del 2023; produzione franco-polacca, con la collaborazione di Belgio e Repubblica Ceca, l’opera in questione rappresenta l’estremo tentativo di rappresentare la realtà della guerra, in questo caso soffermandosi sul tema del confine tra Bielorussia e Polonia, che dal 2021 viene interessato da scontri politici e ideologici, che hanno però loro ripercussioni sugli esseri umani martoriati dalla guerra. Di seguito, la trama e la recensione di Il confine verde. 

La trama di Zielona Granica (Il confine verde) di Agnieszka Holland

Prima di proseguire con la recensione di Zielona Granica (Il confine verde) di Agnieszka Holland, si considera innanzitutto la sua trama: “Nelle insidiose foreste paludose che costituiscono il cosiddetto “confine verde” tra Bielorussia e Polonia, i rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa che cercano di raggiungere l’Unione Europea si trovano intrappolati in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko. Nel tentativo di provocare l’Europa, i rifugiati sono attirati al confine dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’UE. Pedine di questa guerra sommersa, le vite di Julia, un’attivista di recente formazione che ha rinunciato a una confortevole esistenza, di Jan, una giovane guardia di frontiera, e di una famiglia siriana si intrecciano. A distanza di trent’anni da Europa Europa, il nuovo toccante lungometraggio di Agnieszka Holland, Zielona Granica, ci apre gli occhi, parla al cuore e ci sfida a riflettere sulle scelte morali che ogni giorno persone comuni si trovano ad affrontare.”

La recensione di Il confine verde, il film di Agnieszka Holland a Venezia80

Se c’è un linguaggio che il cinema non dovrebbe mai smettere di riuscire a parlare, si tratta sicuramente di quello della verità. Nell’offrire la recensione di Il confine verde (Zielona Granica), il film di Agnieszka Holland presentato in anteprima nel contesto del Festival del Cinema di Venezia 80, non si può non partire dalla consapevolezza storica, che anima tale film e che ha permesso di ottenere un’opera che riesce in ciò che muove – fin dalla sua creazione – il senso etico più intimo del cinema: raccontare, insegnare e mostrare la verità. Il confine verde è, prima del film, una delle tante realtà geopolitiche presenti sul pianeta Terra, in cui la morte e la tragedia imperversano a causa di scellerate mosse politiche che comportano la scomparsa di migliaia e migliaia di persone: in particolar modo, in questo caso si parla della zona di confine tra Polonia e Bielorussia, che dal 2021 – anno in cui il Presidente della Bielorussia, Lukashenko, è stato sconfitto alle elezioni da Sviatlana Tsikhanouskaya – rappresenta un mondo devastato dal punto di vista geopolitico e umanitario. L’ex Presidente bielorusso, infatti, ha concesso a rifugiati politici del Medio Oriente e dell’Africa di raggiungere l’Europa attraverso questa Bielorussia e sfruttando il collegamento con la Polonia e la Germania; tuttavia, dietro quello che sembra essere soltanto apparentemente umanitario, c’è l’obiettivo di mettere pressione all’Unione Europea, relativamente al tema immigrazione; di tutta risposta, la Polonia ha deciso di costruire un muro per evitare che l’immigrazione incontrollata possa apportare pericoli al paese ma, intanto, ha iniziato a respingere i migranti, che dal 2021 e ancora oggi si trovano al centro di scontri politici e rimbalzi costanti, da parte delle forze di confine, trovando spesso la morte. 

 

 

La scelta di Agnieszka Holland è molto chiara, così come la sua adesione a principi ideologici di cui è assolutamente palese la significazione: la regista polacca, che realizza un film meraviglioso all’età di 74 anni, offre una versione contemporanea di quello che fu il capolavoro di Schindler’s List, proponendo una nuova tragedia e facendo parlare non soltanto la storia, ma anche la propria cultura e sapendo restituire – anche grazie ad un potere che il cinema le offre – una visione chiara, uno schieramento politico mai ambiguo e, soprattutto, una presa di posizione netta a proposito del tema. Zelona Granica (Il confine verde) è, per questo motivo, un film che decide di risparmiare qualsiasi tipo di orpello e che si affida alla sola crudeltà delle immagini, le uniche che possono riuscire a spiegare la realtà presentata sullo schermo. L’intento è sì informativo e pedagogico, dal momento che il film nasce soprattutto dall’interesse di raccontare al mondo una realtà di cui, forse, non si ha piena conoscenza, ma l’insegnamento non viene offerto con irriverenza o presunzione, bensì con quell’umiltà da parte della regista polacca, che comprende perfettamente di non aver bisogno nient’altro che della sua mano e delle sue immagini. Il risultato è un film totalmente in bianco e nero, di 147 minuti, che crede fermamente nel potere delle sue immagini e che ad essere si affida nel mostrare la storia raccontata in cinque diversi capitoli. Le vite raccontate in Zielona Granica inevitabilmente si incontrano, nella presentazione di un mondo che mette tutti, drammaticamente, di fronte al medesimo destino, indipendentemente dal proprio potere economico, dalla lingua o dal paese da cui si proviene. Allo stesso tempo, però, Il confine verde è anche un film che sa affrontare un tema per cui – molto spesso – ci si ritrae: gli esseri umani sono, e possono essere, crudeli. 

 

 

Alla maniera di quanto enfatizzava all’interno del suo La banalità del male Hannah Arendt, Agnieszka Holland non deresponsabilizza mai il soldato che esegue gli ordini, né si limita a puntargli contro il dito: la sua è una rappresentazione assolutamente oggettiva e veritiera, che si offre di raccontare quell’enorme processo di ambiguità che interessa ogni essere umano, colto nel suo degrado esistenziale e – possibilmente – alla base di un sistema omicida, di cui è assoluto fautore. Anche quando il soldato polacco, che fino a quel momento aveva massacrato diversi rifugiati politici al confine, decide di salvare delle vite umane, la sua colpa non smette di esistere e la redenzione non gli è possibile. D’altro canto, anche gli attivisti presentati all’interno del film sono colti in quel medesimo processo di ambiguità: lo stesso obiettivo di salvare delle vite diventa, per alcuni di loro, un formulario di regole che devono essere seguite senza contesto e che, spesso, comportano morti che potevano essere evitate. La regia della Holland è abile, soprattutto servendosi delle riprese con camera a mano, nel cogliere e mostrare ogni dettaglio, non scegliendo mai (poiché ogni scelta presuppone una rinuncia, dunque un preciso schieramento ideologico) di sacrificare una scena con tagli di montaggio eccessivi o sottintendendo qualcosa. La verità, nient’altro che quella, permea e imperversa incontrastata sullo schermo, istruendo spesso lo spettatore a proposito di quale sia il preciso punto del confine in cui i personaggi del film si trovano e ricordando sempre quale sia la brutalità della guerra raccontata. In fin dei conti, si fa anche fatica a definire un prodotto come Il confine verde film, grazie a quell’estrema lucidità che sembra assumere un taglio quasi documentaristico, affidandosi ad interpretazioni superbe – specie quella di Maja Ostaszewska – e concependo ogni scena in modo assolutamente lucido. Il confine verde è così un prodotto perfetto, per cui si ha ben poco altro da dire e che costituisce la risposta ad una necessità storica di consapevolezza che arriva, non a caso, da una delle autrici più importanti nel raccontare la nostra storia senza alcuna ipocrisia. 

Voto:
5/5
Andrea Barone
4.5/5
Christian D'Avanzo
4/5
Gabriele Maccauro
3/5
Alessio Minorenti
3.5/5
0,0
Rated 0,0 out of 5
0,0 su 5 stelle (basato su 0 recensioni)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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