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Recensione – Daaaaaali! di Quentin Dupieux a #Venezia80

Recensione - Daaaaaali! di Quentin Dupieux a #Venezia80

Daaaaaali! รจ il dodicesimo film di Quentin Dupieux, che ritorna al Festival di Venezia 2023 dopo l’esperienza (a tratti turbolenta) con Mandibules, ancora una volta Fuori Concorso. Il regista, montatore, direttore della fotografia, sceneggiatore e produttore musicale francese realizza un fake biopic sul complesso artista spagnolo Salvador Dalรฌ, in un film che si arricchisce delle interpretazioni di Anaรฏs Demoustier, Gilles Lellouche, ร‰douard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaรฏ, Didier Flamand, Romain Duris, oltre che dell’incredibile colonna sonora curata da Thomas Bangalter. Di seguito, la trama e la recensione di Daaaaaali! di Quentin Dupieux.ย 

La trama di Daaaaaali! di Quentin Dupieux, fake biopic su Salvador Dalรฌ

Daaaaaali! รจ un fake biopic su Salvador Dalรฌ, uno degli artisti piรน poliedrici ed eccentrici che si siano distinti nell’ambito della storia dell’arte. Il lavoro di Quentin Dupieux segue una tendenza artistica da parte dell’autore francese, che prosegue con il suo cinema vitale attraverso la sua nuova opera; di seguito, la trama ufficiale del film in questione, presentato nella sezione Fuori Concorso a Venezia80: “Un giovane giornalista francese incontra ripetutamente Salvador Daliฬ per il progetto di un film documentario le cui riprese non hanno mai inizio…”.

La recensione di Daaaaaali!, il nuovo film di Quentin Dupieux a Venezia80

Quando gli รจ stato chiesto quale fosse il filo conduttore della sua opera, Quentin Dupieux ha spiegato che “la personalitร  di Dalรฌ รจ stata probabilmente il suo piรน grande capolavoro”. Il pittore, scultore, fotografo, cineasta, designer, sceneggiatore e mistico spagnolo รจ stato uno degli artisti piรน completi e poliedrici della storia, dunque non sorprende che il cinema si sia spesso occupato di rappresentare la sua arte, ora cercando di sintetizzare la sua storia attraverso il biopic, ora rifacendosi al suo estro surrealista. Quentin Dupieux, che era stato giร  presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia con Mandibules e che si รจ giร  affermato in quanto regista visionario nel corso della sua carriera, appartiene senza alcun dubbio a questa seconda corrente, alla base di un ragionamento eccentrico che ricorda quasi la letteratura di D’Ariosto (dove non esisteva alcuna trama o centro narrativo, ma soltanto spinte verso l’appendice) e il senso dell’arte inteso da Luis Buรฑuel


Ne deriva un lavoro sublime, che in 77 minuti sa scardinare ogni convenzione del cinema e sul cinema, rendendo l’opera contemporaneamente il piรน grande omaggio che potesse essere realizzato nei confronti di Salvador Dalรฌ e il ragionamento piรน lucido che potesse essere offerto relativamente al cinema hollywoodiano; Quentin Dupieux รจ stato, da sempre, un autore piuttosto contrario rispetto alle logiche produttive cinematografiche, come testimoniato anche dal suo complesso e globalizzante lavoro su un film: impegnato sia nella regia che nella sceneggiatura di ogni suo prodotto realizzato, l’artista francese si occupa personalmente anche di montaggio e fotografia (cosรฌ accade anche in Daaaaaali!), sostenendo di non riuscire davvero a concepire il lavoro tradizionale di un regista che, nella sola direzione delle parti, non รจ mai in grado di esprimere realmente se stesso. A ciรฒ si affianca anche la concezione di una scrittura che Quentin Dupieux rifiuta di personalizzare durante il concetto creativo: a detta dello stesso regista, le battute e i momenti comici nascono di getto e non vengono mai revisionati successivamente, dunque l’opera viene resa automaticamente genuina nel suo – spesso sprezzante – contenuto. 


Non รจ un caso, allora, che Daaaaaali! sia un film che si allontana, in maniera manifesta, da quel mondo da cui il regista francese sente di essere lontano: l’intera opera si arricchisce di momenti provocatori nei confronti di un cinema fortemente collaudato nel discorso del mainstream; dalla scena dell’hotel in cui Dupieux richiama i Monthy Python nel far camminare a vuoto il suo Salvador Dalรฌ fino ai cani che cadono sul tetto, un riferimento alla pioggia delle rane presente sul finale di Magnolia. E ancora il sogno nel sogno, di matrice nolaniana con il suo Inception, con il regista britannico che viene richiamato anche nella scena in cui il Salvador Dalรฌ anziano si mostra a quello giovane, ricordando molto da vicino il momento emotivamente piรน forte di Interstellar. Dupieux ha tempo e spazio per citare anche se stesso e il suo film piรน conosciuto, Doppia Pelle, con il cowboy che uccide ripetutamente il prete attraverso un colpo di cecchino indirizzato alla testa, per quanto sia abbastanza naturale immaginare che il riferimento piรน importante sia quello a Il fascino discreto della borghesia, che la reiterazione della scena della cena offre. Ridurre perรฒ il cinema, benchรฉ parte di un discorso sul postmoderno, ad un intriso di citazioni appare piuttosto limitante: Dupieux sembra essere figlio di un percorso artistico e filosofico che trova sรฌ compimento nel surrealismo di Dalรฌ e Magritte, ma che passa anche attraverso le idee dell’eterno ritorno dell’uguale di matrice nietzscheiana e di infinito zenoniano (Dalรฌ che non raggiunge mai la giornalista ricorda quasi Achille che non riesce a raggiungere la tartaruga), in un film che riesce a riportare l’arte nella sua dimensione di estrema complessitร , pur non dovendo arricchirla di orpelli o minutaggio eccessivo. Naturalmente, non manca spazio dedicato anche ad una critica piรน severa, che viene invece espressa nei confronti del meccanismo presente al di lร  dello schermo, che va dall’artista-intoccabile e protagonista di momenti moralmente discutibili al produttore incapace di reggere l’intero impianto, su cui invece dovrebbe far pesare il senso del suo investimento. 


Uno dei valori piรน importanti del cinema in quanto arte si ritrova nel senso dell’interdisciplinaritร : l’ha compreso Charlie Kaufman, con cui Quentin Dupieux sembra quasi dialogare all’interno di questo film affidando all’artista ben cinque attori differenti (una scelta che anche il regista di Sto pensando di finirla qui aveva compiuto, con il suo ultimo film); lo comprende anche il francese, che qui si afferma piรน che mai in quanto autore nel riuscire a bilanciare cinema, arte, filosofia e psicanalisi. Del resto, Deleuze e Guattari scrivevano, nel 1972, che il cinema riesce a “cogliere il movimento della follia”, riuscendo a condensare quell’imperituro processo artistico che qui non sembra aver bisogno di tracce o coordinate precise ma che, in un sol prodotto, sa dialogare con il passato e con il futuro, imprimendo un’impronta importante sul nostro tempo.  

Voto:
5/5
Andrea Barone
4.5/5
Christian D'Avanzo
5/5
Gabriele Maccauro
5/5
Alessio Minorenti
3.5/5
Paola Perri
5/5
Vittorio Pigini
4/5
0,0
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Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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