Articolo pubblicato il 20 Settembre 2023 da Alessio Minorenti
SCHEDA DEL FILM
Titolo del film: Assassinio a Venezia
Genere: Giallo, Thriller
Anno: 2023
Durata: 104 minuti
Regia: Kenneth Branagh
Sceneggiatura: Michael Green
Cast: Kenneth Branagh, Kyle Allen, Camille Cottin, Jamie Dornan, Tina Fey, Jude Hill, Ali Khan, Emma Laird, Kelly Reilly, Riccardo Scamarcio, Michelle Yeoh
Fotografia: Haris Zambarloukos
Montaggio:Lucy Donaldson
Colonna Sonora:Hildur Guðnadóttir
Paese di produzione: UK e USA
Esce nelle sale italiane il 14 settembre 2023 Assassinio a Venezia, film diretto da Kenneth Branagh che torna a interpretare Hercule Poirot e completa la sua trilogia dedicata ai romanzi di Agatha Christie.
Di seguito la trama e la recensione di Assassinio a Venezia.
La trama di Assassinio a Venezia, diretto da Kenneth Branagh
Di seguito la trama ufficiale di Assassinio a Venezia:
“Assassinio a Venezia è ambientato nella misteriosa Venezia del secondo dopoguerra, alla vigilia di Ognissanti, sulla quale cala un mistero terrificante che dovrà essere svelato dal celebre investigatore, Hercule Poirot. Ora in pensione e residente in esilio autoimposto nella città più glamour del mondo, Poirot partecipa con riluttanza a una seduta spiritica in un palazzo fatiscente e infestato. Quando uno degli ospiti viene ucciso, il detective viene catapultato in un sinistro mondo di ombre e segreti.”

La recensione di Assassinio a Venezia, un giallo sottotono
Nel cinema contemporaneo ben due autori hanno cercato di creare delle saghe aventi come punto di riferimento l’ispettore o detective che ne è il protagonista. Da un lato Rian Johnson si appresta a concludere la sua trilogia che vede Benoit Blanche (Daniel Craig) ingegnarsi nel risolvere misteri sempre più astrusi, mentre dall’altra Kenneth Branagh continua a esplorare la figura di Hercule Poirot, essendo ormai arrivato a trasporre tre libri di Agatha Christie che lo vedono come protagonista. Entrambe le saghe tuttavia sembra abbiano in comune il fatto che dopo il primo capitolo la storia ha cominciato a prestare il fianco a facilonerie di scrittura, tuttavia se da una parte Johnson pare aver esagerato spingendo in modo incontrollato l’acceleratore sulla componente postmoderna della sua narrazione, dall’altro Branagh si è affidato a una stanca riproposizione di vuoti stilemi classici. Dopo un primo capitolo introduttivo in cui Poirot veniva svelato al pubblico, le opere di Branagh dedicate all’investigatore di origine francese hanno perso del tutto mordente e questo Assassinio a Venezia ne è forse la prova definitiva. Nel suo complesso la pellicola infatti pare essere stanca fin dalle sue premesse e incapace di rendere affascinanti i personaggi via via introdotti. Se infatti per il grande pubblico le prime due opere di questa trilogia avevano il pregio di annoverare nel proprio cast dei volti molto riconoscibili e delle star di primo piano, questo terzo film pare una riproposizione in tono minore. Il carisma degli attori riusciva a sopperire parzialmente a una scrittura complessivamente piatta e a fornire qualche spunto di interesse, qui invece gli interpreti, oltre a non essere di primissimo piano, forniscono anche delle performance recitative decisamente scialbe, basti pensare in tal senso alla brutta scena che vede Michelle Yeoh fingere di essere impossessata da uno spirito o i costanti lucciconi agli occhi di Kelly Reilly. Si potrebbe obiettare che un lavoro insufficiente da parte del cast non dovrebbe essere un motivo sufficiente per stroncare una pellicola, tuttavia va osservato come nei film gialli di questo genere la credibilità dei personaggi deve essere massima, queste opere infatti tendono per molti versi ad avvicinarsi a delle messe in scene di stampo teatrale. I personaggi si trovano costretti in uno spazio limitato e per quanto il regista possa mettere in gioco una regia dinamica e delle soluzioni visive non banali, se queste non vengono sostenuti da performance di livello allora la sospensione dell’incredulità rischia di sgretolarsi come un castello di sabbia. In tal senso è paradigmatico la versione di Assassinio sull’Orient Express diretta da Sindey Lumet del 1974 in cui il regista americano svolge come sempre un lavoro impeccabile, coadiuvato tuttavia da alcuni tra i migliori attori statunitensi del momento.
In Assassinio a Venezia invece si ha l’impressione che la narrazione si trascini dall’inizio alla fine e forse gli elementi di maggiore interesse sono quelli di carattere più puramente estetico. Il parziale cambio di registro, che a più riprese vira verso l’horror, è infatti azzeccato e da qualche scossone ad alcuni momenti della storia che sarebbero altrimenti finiti per ristagnare. Anche la resa visiva di Venezia è tutto sommato convincente, beninteso nulla di eccezionale ma anzi profondamente derivativo di innumerevoli altre opere che hanno come sfondo la città lagunare, tuttavia il quadro nel suo complesso appare credibile e meno vistosamente artefatto degli scenari che facevano da cornice alle due pellicole precedenti. Ciò che invece stanca ben presto è la struttura narrativa, pare infatti che arrivato al terzo capitolo di questa trilogia Branagh non abbia grande voglia di limare i passaggi narrativi, approfondire la psicologia del suo protagonista o di apportare sostanziali modifiche ai romanzi che traspone, si ha l’impressione di assistere per lo più a un compitino ben svolto, senza infamia e senza lode, un innocuo divertissement.
Il regista britannico anche qui si fa forte dell’intreccio derivante dalle opere della Christie e fa leva sul solito finale a sorpresa che ribalta tutto. Ciò che manca tuttavia è la cifra cinematografica, non si riesce in fondo a capire come il passaggio da un medium all’altro sia stato veramente frutto di una rielaborazione capace di aggiungere valore al testo audiovisivo. Viene quasi da pensare che, visto il risultato, tanto valeva leggere il romanzo.