Recensione – Sick of Myself, la sorprendente opera prima di Kristoffer Borgli

Di seguito la recensione di Sick of Myself: l'opera prima di Kristoffer Borgli

Articolo pubblicato il 14 Gennaio 2025 da Gabriele Maccauro

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Sick of myself
Genere: Commedia, Drammatico
Anno: 2022
Durata: 97′
Regia: Kristoffer Borgli
Sceneggiatura: Kristoffer Borgli
Cast: Kristine Kujath Thorp, Eirik Sæther, Fanny Vaager, Fredrik Stenberg Ditlev-Simonsev, Sarah Francesca Brænne, Anders Danielsen Lie
Fotografia: Benjamin Loeb
Montaggio: Kristoffer Borgli
Colonna Sonora: TURNS
Paese di produzione: Francia, Norvegia, Svezia

Syk pike o Sick of myself (questo il titolo internazionale), è il film d’esordio del norvegese Kristoffer Borgli, qui in veste di sceneggiatore, regista e montatore. La straordinaria protagonista è Kristine Kujath Thorp, premiata lo scorso febbraio a Berlino con lo Shooting Stars Award, che le riconosce il merito di essere tra le più promettenti interpreti europee del contemporaneo. Borgli, con questa sua opera prima, presentata nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes nel 2022, ha ricevuto attenzioni da ogni dove e, in poco più di un anno ha realizzato la sua opera seconda Dream Scenario, targata A24 – Ari Aster, tra gli altri, in produzione – con Nicolas Cage come attore protagonista. Il film è stato presentato lo scorso 9 settembre a Toronto e sarà distribuito negli Stati Uniti il prossimo 10 novembre, ma di questo ne parleremo più avanti. Tornando a Sick of Myself, segnaliamo la sua uscita nelle sale italiane il 5 ottobre 2023, distribuito da Wanted Cinema. Di seguito la trama del film.

La trama di Sick of Myself, scritto e diretto da Kristoffer Borgli

Nessuno sembra prestare particolare attenzione a Signe (Kristine Kujath Thorp), bellissima ragazza sulla trentina che lavora come cameriera. Percepisce sé stessa come un accessorio del compagno Thomas (Eirik Sæther), artista contemporaneo di successo che espone sculture composte con pezzi di mobilio rubati. Un giorno Signe, viene a conoscenza dell’esistenza di un farmaco di produzione russa, tale Lidexol, responsabile di aver causato gravi malattie cutanee nei pazienti e decide di procurarsene in grandi quantità da uno spacciatore di sua conoscenza. A seguito di un abuso dello stesso, Signe viene ricoverata con escoriazioni diffuse e il volto sfigurato; riceve in tal modo la tanto agognata attenzione dagli amici, ma non sarà contenta sino al raggiungimento della popolarità come icona pubblica, orgogliosa del proprio aspetto, danneggiato da una sconosciuta malattia. Il mondo della moda non attenderà più di tanto prima di volerla come testimonial, sfruttandola per campagne commerciali e lasciandola in balìa di una spirale tossica e completamente autodistruttiva.

Di seguito la recensione di Sick of Myself, diretto da Kristoffer Borgli

La recensione di Sick of Myself: prima commedia, poi dramma, infine horror

Ci vuole coraggio, una visione molto cinica dell’esistenza, ma anche molta bravura per fare un film così per nulla rassicurante come Sick of myself, per restituire allo spettatore personaggi fastidiosi ma non insopportabili; esagerati, assurdi, e credibili al tempo stesso. Sì, perché Kristoffer Borgli riesce nell’impresa di offrire una satira sul narcisismo patologico – talmente diffuso da far pensare a un’epidemia – che è quasi uno studio sociologico. Le situazioni ideate da Borgli in fase di sceneggiatura, gli episodi della vita di Signe attraverso cui si sviluppa la narrazione, le fantasie da lei elaborate e le conseguenze a cui portano, sono frutto di grande creatività e pregevole volontà di osare. Tali scelte stupiscono e divertono lo spettatore: non accade spesso di vedere una persona fingere una reazione allergica per attirare l’attenzione su di sé, provocare un cane lupo allo scopo di farsi mordere o raggiungere l’orgasmo immaginando il proprio funerale, fantasticando su quanta gente riempirà la chiesa. Questo personaggio è così, non conosce limiti, è spudorato, indifferente e privo di qualsiasi inibizione. A Signe non interessa il proprio corpo, la bellezza o la salute; è tutto sacrificabile poiché pena, compatimento, pietà, rubare la scena al fidanzato o la foto in copertina sono tutti piaceri superiori; riuscirà infatti a guardarsi sfigurata, con vanità e soddisfazione. La sua totale mancanza di empatia potrebbe  quasi farcela sembrare disumana, ma le sue necessità e il suo bisogno di uno sguardo altrui per sentirsi viva rivelano una profondissima debolezza, con cui lo spettatore entra inevitabilmente in empatia.

 

L’autodistruzione può essere il solo esito pronosticabile per la protagonista e la sua rappresentazione disgusterà il pubblico. Signe viene prima sfigurata dagli effetti del farmaco e, in seguito, deformata, come il dottor Seth Brundle nel cronenberghiano La Mosca (citato esplicitamente in più di un’occasione). In quel caso però, l’aspetto mostruoso che acquisiva il personaggio di Jeff Goldblum non era un modello estetico al quale aspirare, ma un effetto indesiderato di un esperimento malriuscito. Sick of myself di conseguenza, verso il finale, diventa quasi obbligatoriamente un horror e il corpo martoriato della giovane sarà l’incarnazione del suo comportamento malato. Il mondo della Moda l’ha incoraggiata e sfruttata come icona della Body Positivity, cui il regista norvegese non risparmia critiche. Durante la sequenza delle riprese di uno spot pubblicitario per la campagna “regardless”, Signe non riesce ad affermare la sua noncuranza dell’aspetto e comincia a sanguinare dalla testa, come se l’ipocrisia della situazione fosse troppa anche per lei e il suo corpo la rigettasse brutalmente.

 

Kristine Kujath Thorp e Kristoffer Borgli hanno così delineato, attraverso il personaggio di Signe, molti aspetti sempre più comuni del presente, riscontrabili da chiunque partendo dal mondo dei social media, ma che riflettono la nostra interiorità. Questo è un Cinema audace, di cui si sente il bisogno, che non ha timore di svelare il marcio che abbiamo dentro tutti, di rivelare che il bene che facciamo non è quasi mai disinteressato; e la sua vittoria è risultare così reale, sebbene non punti minimamente al realismo. Kristoffer Borgli è qui per restare!

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