Articolo pubblicato il 3 Ottobre 2023 da Bruno Santini
SCHEDA DEL FILM
Titolo del film: L’imprevedibile viaggio di Harold Fry (The Unlikely Pilgrimage of Harold Fry)
Genere: Drammatico
Anno: 2023
Durata: 102 minuti
Regia: Hettie MacDonald
Sceneggiatura: Rachel Joyce
Cast: Jim Broadbent, Penelope Wilton, Monika Gossamann, Joseph Mydell, Berthan Cullinane, Linda Bassett, Earl Cave
Fotografia: Kate McCullough
Montaggio: John Harris, Napoleon Statogiannakis
Colonna Sonora: Ilan Eshkeri
Paese di produzione: Gran Bretagna
Distribuito nelle sale cinematografiche britanniche il 28 giugno 2023 col titolo originale The Unlikely Pilgrimage of Harold Fry, mentre in quelle italiane il 5 ottobre dello stesso anno. Tratto dall’omonimo romanzo di Rachel Joyce.
La trama de L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, diretto da Hettie MacDonald
Di seguito la trama ufficiale de L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, diretto da Hettie MacDonald:
“Harold ha trascorso la sua intera vita vivendo ai margini, senza mai fare nulla di avventato, vive a Kingsbridge insieme alla moglie Maureen, sebbene il loro matrimonio sia ormai così tranquillo da sembrare caduto nella monotonia. Un giorno scopre che una sua vecchia amica Queenie Hennessy è malata di tumore e decide di andare a trovarla, percorrendo a piedi l’Inghilterra per raggiungere la cittadina di Berwick-Upon-Tweed, senza prendere nessun mezzo di trasporto né ricevendo aiuto e supporto da Maureen. Sicuro che il suo eroico gesto terrà in vita la sua amica, l’uomo intraprende un viaggio durante il quale incontrerà diverse persone, interessate al suo intento. È così che in breve tempo l’intera nazione si appassionerà alle sue gesta. Durante la sua lunga camminata, Harold avrà modo di riflettere molto sulla sua vita e in particolare anche sul suo unico figlio, David, che dopo aver lottato a lungo con depressione e dipendenze varie, ne è uscito sconfitto.”

La recensione de L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, con Jim Broadbent
Una coppia normale, una vita passata in una casa normale entro una cittadina normale. Perfetto modello ordinario di una società in continua evoluzione ma sempre uguale a sé stessa, in cui all’apparenza può sembrare pienamente soddisfacente. Ma quali dolori e angosce si nascondono in due individui tanto semplici quanto abitudinari? Fino a quando si può seppellire il rimpianto di una vita intera? Il destino offre ad Harold l’opportunità di mettersi in cammino, ma il suo peregrinare fisico non è altro che un lungo viaggio interiore che non poteva più essere rimandato, giacché è forte il rischio di concludere la propria esistenza portandosi tutto dentro di sé. Oltre ad essere un marito è stato anche un padre, dichiaratosi colpevole di non aver fatto abbastanza per il suo unico figlio, caduto irrimediabilmente nel tunnel della tossicodipendenza. Non c’è dolore più grande per un genitore che seppellire la propria prole, diversamente atroce rispetto alla perdita del rispettivo partner, poiché è un legame unico nel suo genere. Una situazione mai affrontata a dovere, il rimorso perenne rimasto attaccato così a lungo da farsi insopportabilmente pesante, dove il perdonarsi risulta un’impresa ben più ardua di percorrere a piedi ottocento chilometri.
Non deve stupire quindi la potenziale assurdità dell’espediente con cui il protagonista si mette in marcia, per primo infatti lo prende a pretesto per compiere il percorso di cui ha un estremo bisogno. Interessante come si rifletta sui possibili effetti della condivisone delle proprie azioni: non sempre si dimostra positivo il coinvolgimento su larga scala delle proprie imprese, metafora per indicare le sensazioni e gli stati d’animo, infatti; è alto il rischio di strumentalizzazione da parte della gente, trascinata gradualmente senza controllo nella circostanza. Il tutto si riduce ad un mero spettacolo, fino a diventare addirittura l’ennesimo marchio commerciale pronto per essere venduto, svuotandosi gradualmente di ogni puro significato. È necessario quindi prendersi per mano ed affrontare da soli, circondandosi esclusivamente delle persone a cui si può fare affidamento, capaci di alleviare il fardello responsabile dell’oppressione della coscienza.

I pregi e difetti de L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, dal romanzo di Rachel Joyce
Spesso erroneamente si ha la convinzione che l’autore dell’opera di riferimento, occupato in prima persona nella sua trasposizione, sia garanzia di un buon adattamento. In realtà è facile cadere nella trappola di non riuscire a cambiare prospettiva nel passaggio da un media all’altro, non posando la penna da scrittore/scrittrice per sostituirla con quella di sceneggiatore/sceneggiatrice, finendo per mischiare troppi elementi che causano pesantezza nello svolgimento. Dei personaggi che Harold incontra nelle varie tappe, almeno due sono superflui, dilatando la durata oltre il necessario, senza contare che la parentesi dell’uomo di mezza età omosessuale non è messa in scena per nulla bene, risultando un ibrido di serietà e humor inglese. La mancanza più grave è senza dubbio la gestione adeguata dell’aspetto emotivo: sono presenti tutti gli ingredienti per toccare le corde sentimentali dello spettatore medio, ma per veicolarli al meglio occorre strutturarli in modo da scatenare una reazione spontanea e genuina. Ciò non avviene, dato il modo sfacciato in cui ogni situazione è sovraccaricata, per giunta non limitandosi solamente all’atto finale. Si forma così un forte dislivello tra scrittura e regia, poiché quest’ultima trova uno stabile equilibrio nelle inquadrature panoramiche, funzionali a mostrare il personaggio piccolo nella sua interiorità, ai primissimi piani, nel momento preciso dove l’affronto del passato si fa sempre più intenso.