Recensione – Five nights at Freddy’s, diretto da Emma Tammi con Josh Hutcherson

La recensione di Five nights at Freddy's, con Josh Hutcherson

Articolo pubblicato il 23 Novembre 2023 da Giovanni Urgnani

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Five nights at Freddy’s
Genere: horror
Anno: 2023
Durata: 110 minuti
Regia: Emma Tammi
Sceneggiatura: Emma Tammi, Scott, Cawthon, Seth Cuddeback
Cast: Josh Hutcherson, Matthew Lillard, Mary Stuart Materson, Elizabeth Lail, Kat Conner Sterling, Jessica Weiss, Grant Feely, Jade Kindar-Martin, Kevin Foster, Theodus Crane, Christian Stokes, Wyatt Parker, Piper Rubio
Fotografia: Lyn Moncrief
Montaggio: William Paley, Andrew Wesman
Colonna Sonora: Tyler Bates
Paese di produzione: Stati Uniti

Tratto dall’omonima serie di videogiochi, ideata da Scott Cawton, distribuito nelle sale cinematografiche statunitensi il 27 ottobre 2023 e in contemporanea sulla piattaforma digitale Peacock, per chi possiede l’abbonamento premium, mentre in quelle italiane il 2 novembre dello stesso anno, con anteprime nazionali il 31 ottobre. Prodotto dalla Blumhouse Productions. Qui sotto la trama ufficiale di Five nights at Freddy’s, diretto da Emma Tammi.

La trama di Five nights at Freddy’s, diretto da Emma Tammi

Di seguito la trama ufficiale di Five Night at Freddy’s, diretto da Emma Tammi:

 

Mike Schmidt vive con la sorellina Abby e per non rischiare di perdere l’affidamento inizia a lavorare per una tavola calda locale come guardia notturna di sicurezza, il Freddy Fazbear’s Pizza. Mentre sta svolgendo il primo turno di lavoro, Mike si rende che quella notte non sarà così facile da portare a termine. L’uomo scopre che i robot animatronici del locale non sono semplice ferraglia, ma sono vivi. La notte queste creature si animano e reclamano un tributo di sangue. Riuscirà Mike a sopravvivere per cinque notti nella tavola calda infestata e a risolvere il suo trauma che lo accompagna fin da ragazzo?

 

 

La recensione di Five nights at Freddy's, prodotto da Jason Blum

 

 

La recensione di Five nights at Freddy’s, con Josh Hutcherson

Le sensazioni che si provano durante la visione di un film riguardano esclusivamente ogni singolo spettatore. Paura, gioia, stupore, noia, sono generalmente stati d’animo individuali, all’interno dell’esperienza del vivere il cinema. Premesso questo, la prima questione da affrontare è la collocazione di genere a cui viene attribuita la pellicola: definirla un horror rischia davvero di essere un’enorme presa in giro nei confronti del pubblico pagante. Le dinamiche si avvicinano di più ad un thriller psicologico, data la grande concentrazione sul trauma del protagonista, sviluppato all’interno del contesto onirico, per poi congiungersi con l’altra sottotrama principale. Da qualsiasi punto di vista lo si prenda, l’operazione risulta comunque fallimentare, poiché in primis non spaventa nemmeno per sbaglio: il target di riferimento è molto basso, lo si intuisce fin dalle prime battute, infatti; le sequenze potenzialmente forti, visivamente parlando, sono sfacciatamente edulcorate, lavorando esclusivamente sull’aspetto sonoro e di montaggio per provare a generare un minimo di sussulto. In aggiunta, i momenti topici a cui ci si aspetta di assistere sono numericamente scarsi, sintomo innanzitutto di limiti finanziari, fagocitati da una struttura macchinosa, responsabile di rallentare colpevolmente il ritmo con la sua verbosità, facendo raggiungere una durata standard ingiustificata rispetto all’effettivo contenuto, portando il lungometraggio a reiterare concetti ben definiti in precedenza.

 

 

Le tematiche, come l’elaborazione del lutto e il senso di colpa, sono affrontate in modo assai didascalico e banale, uno sviluppo telefonato e pesante, visto anche la vastità di occasioni con cui tali argomenti si sono presentati nella storia della cinematografia, anche commerciale. L’intreccio narrativo è articolato in maniera grossolana e approssimativa: se si decidesse di vivisezionalo, il prodotto prenderebbe le sembianze di uno scolapasta, tante sono le circostanze lasciate nell’oblio; non c’è impegno nemmeno nell’orchestrare l’unico colpo di scena possibile, evitando di far compiere agli spettatori un minimo di sforzo ragionativo, testimoniandone di fatto una bassa considerazione della loro capacità di comprensione. Si assiste quindi all’ennesimo tentativo di lancio di un franchise, niente di nuovo o negativo fin qui, senza che però alla base ci sia un’idea concreta, appellandosi esclusivamente all’effetto nostalgia, in questo caso dei videogiocatori di turno, in grado di far vivere di rendita. Purtroppo, scavando in profondità, dietro al marchio si cela il nulla cosmico, riducendo la creatività ad un lontano miraggio.

Voto:
2/5
Andrea Barone
2.5/5
Andrea Boggione
1.5/5
Christian D'Avanzo
1.5/5
Matteo Farina
2/5
Alessio Minorenti
1.5/5
Vittorio Pigini
1/5
Bruno Santini
1.5/5
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