Recensione – Rustin, il nuovo biopic Netflix con protagonista Colman Domingo

Rustin è un film biografico rilasciato in esclusiva sulla piattaforma di Netflix a partire dal 17 novembre 2023. Segue la recensione del lungometraggio con Colman Domingo protagonista.
Segue la recensione di Rustin

Articolo pubblicato il 24 Dicembre 2023 da Christian D'Avanzo

SCHEDA DEL FILM

Titolo del film: Rustin
Genere: Drammatico, Biografico, Storico
Anno: 2023
Durata: 108 minuti
Regia: George C. Wolfe
Sceneggiatura: Julian Breece, Dustin Lance Black
Cast: Colman Domingo, Aml Ameen, Glynn Turman, Chris Rock, Gus Halper, Johnny Ramey, CCH Pounder, Michael Potts, Audra McDonald, Jeffrey Wright, Lilli Kay, Jordan-Amanda Hall, Ayana Workman, Grantham Coleman
Fotografia: Tobias A. Schliessler
Montaggio: Andrew Mondshein
Colonna Sonora: Brandford Marsalis
Paese di produzione: USA

Rustin è un nuovo titolo Netflix disponibile sull’omonima piattaforma a partire dal 17 novembre 2023. Il lungometraggio diretto da George C. Wolfe sembra lanciatissimo per la stagione dei premi, specialmente per l’interpretazione del suo protagonista Colman Domingo. Seguono la trama e la recensione di Rustin

La trama di Rustin, biopic con Colman Domingo

Il nuovo film su Netflix con Colman Domingo, Rustin, si basa su di una storia vera e propone la seguente trama

 

“Si tratta la storia di Bayard Rustin (Colman Domingo), attivista per i diritti civili, celebre per aver organizzato la leggendaria marcia su Washington del 28 agosto 1963. Evento ricordato soprattutto per il discorso di Martin Luther King e del suo ‘I have a dream’. Rustin, afroamericano e omosessuale dichiarato, ha sempre dovuto lottare contro le discriminazioni di cui è stato vittima. Nel 1953 fu anche arrestato a causa del suo orientamento sessuale, considerato all’epoca illegale in molti Stati americani. L’attivista trova numerosi ostacoli anche all’interno del movimento stesso che preferisce tenerlo in ombra. C’è il timore che un leader gay non sia accettato e possa creare uno scandalo mediatico, compromettendo l’esito delle azioni. Il suo potenziale di portavoce viene così sacrificato e il suo nome dimenticato dalla storia.”

Segue la recensione di Rustin

La recensione di Rustin: il biopic pedagogico con Colman Domingo

Ciascun Paese nel mondo mette in produzione dei film e/o delle serie tv che possano parlare al pubblico di una parentesi storica, breve o prolungata che sia, in maniera quanto più chiara possibile. Gli intenti pedagogici dei film biografici, o che talvolta traggono spunto da un’opera letteraria, esistono al cinema e in televisione. Quest’ultimo medium ha però storicamente dato per primo spazio a storie dal fine educativo, e uno dei primissimi esempi è senz’altro la RAI, i cui prodotti sulla storia italiana e sui personaggi che l’hanno composta abbondano sin dagli anni Cinquanta. Oggigiorno ce ne sono ancora tantissimi di film o serie tv distribuite con degli intenti pressoché identici, e gli Stati Uniti rientrano perfettamente nel discorso, come dimostrano gli ultimi anni. Nel caso specifico si parla di Rustin, nuovo film Netflix incentrato sulla storia vera di Bayard Rustin, attivista battutosi per i diritti civili nel territorio americano, organizzando una delle marce più significative di sempre: quella su Washington del 1963. Essendo una figura di spicco rimasta per troppo tempo nell’ombra per la non curanza dei mass media statunitensi, George C. Wolfe decide di dargli uno spazio da protagonista dirigendo un film biografico incentrato proprio su di lui. Il cineasta ha passato la sua carriera dedicandosi al teatro e riscuotendo grande successo con le sue opere, mentre al cinema ha diretto soltanto quattro film compreso il recente Rustin. Avendo già presenziato agli Oscar e debuttato sulla piattaforma Netflix con il suo precedente Ma Rainey’s Black Bottom (2020), c’è parecchia curiosità attorno al suo ultimo lavoro presentano in anteprima mondiale al Festival di Toronto 2023. 

 

L’impianto teatrale è presente già nel suo lungometraggio precedente, il quale presenta poche location, un over acting costante, e delle battute d’impatto e ritmate. Grossomodo gli stessi elementi sono stati riproposti in Rustin, che a differenza del predecessore cerca invano di analizzare una cospicua quantità di fattori storici e sociali, finendo però per grattare appena la superficie. Le problematiche relative al film di George C. Wolfe sono perlopiù legate all’espressa ambizione di rappresentare cinematograficamente una storia essenziale per la cultura afroamericana, ma per farlo si sceglie la via dell’intimità e dello sguardo soggettivo del protagonista interpretato da Colman Domingo. Infatti, la sua omosessualità viene sì normalizzata, ma resta sullo sfondo invece di emergere come un diritto civile da difendere in quanto identitario e strettamente umano, e il lungometraggio in questione alla lunga ne risente. Fin troppo semplificati i passaggi riguardanti il suddetto tema, mentre è sicuramente meglio reso il districato rapporto che c’è tra l’attivista e Martin Luther King, il quale viene sapientemente lasciato fuori campo per buona parte del film. A dispetto di una linearità strutturale che si presta idealmente alla funzione pedagogica del film, Rustin in quanto protagonista viene presentato con i suoi pregi e i suoi difetti, e questo suo lunatico contrasto lo rende d’effetto, così come gli fornisce valore il rancore serbato verso un personaggio imprescindibile e liturgico come il dottor King. L’incipit sembra rivolgere al pubblico delle premesse stimolanti, maggiormente cinematografiche rispetto a Ma Rainey’s Black Bottom, perché la musica jazz viene declinata anche nel montaggio, rendendo quest’ultimo sincopato. Il racconto, invece, sembra essere frammentato per mostrare i personali ricordi e traumi di Rustin, mentre in altre occasioni le inquadrature vengono legate filologicamente da un dinamico movimento effettuato da un personaggio e proseguito da un altro nella ripresa successiva. Ciò vale persino per un’espressione facciale.

 

Peccato che le citate intuizioni non vengano cucite integralmente sulla narrazione, ma terminano ben presto la loro corsa in virtù di dialoghi piuttosto retorici ma teoricamente funzionali allo scopo educativo del prodotto. C’è una parvenza di jazz, ma manca la malinconia del blues. Non c’è una furbizia di base che possa infastidire, ma alla lunga le sequenze presentano problemi di ritmo nell’esecuzione e nella progressione degli eventi storici e delle situazioni personali, concedendosi balzi temporali che però saltano dei pezzi sociali e culturali troppo importanti. Parlando però di furbizia, si potrebbe dire che il protagonista interpretato da Colman Domingo risulti come studiato per arrivare a premi, ‘allestito’ per una corsa ben distesa verso gli Oscar; ciò lo si percepisce nel modo di recitare dell’attore, il quale calca la mano sulle peculiarità fisiche del personaggio (i denti mancanti), sui suoi traumi pedissequamente ripetuti e sulla voglia di spaccare il mondo come un ingenuo ma geniale sognatore. Ne esce una macchietta che sprigiona comunque simpatia, e questo glielo si riconosce, a differenza di quando in altre occasioni si sono visti film biografici scarni e senza il minimo pathos. Per di più è credibile anche il suo trucco, mentre non può dirsi lo stesso per il personaggio di Chris Rock, che appare davvero dozzinale. Insomma, Rustin è un prodotto pedagogico che però nel suo intento finisce per sembrare grossolano, strutturato in maniera eccessivamente ordinaria, proponendo una storia da conoscere, la quale andrebbe ampliata. A tal proposito, lo scontro ideologico con i ‘separatisti’ capeggiati da Malcolm X non è pervenuto, e la non-violenza in contrapposizione alla violenza è perlopiù verbale, ripresa soltanto da un flashback in bianco e nero. I tentativi pop – sia nell’estetica che nel raccontare – del film di George C. Wolfe sono apprezzabili e destano fascino, ma non trovano riscontro poiché vengono interrotti dopo circa 40 minuti. Colman Domingo è un’entusiasta nel recitare in questo ruolo, e la sua vitalità riesce a caricarsi sulle spalle il film. Alla fine resta l’amaro in bocca per ciò che sarebbe potuto essere ma non è. La freschezza auspicata dal biopic in questione non trova riscontro, ma nelle intenzioni il film si non nasconde mai e dichiara più volte la sua finalità educativa, non risultando dunque poco autentico come altri deludenti biopic, e anzi, a tratti riesce persino a intrigare e a incuriosire

Voto:
3/5
Arianna Casaburi
2.5/5
Gabriele Maccauro
2.5/5
Bruno Santini
3/5
0,0
0,0 out of 5 stars (based on 0 reviews)
Voto del redattore:
Data di rilascio:
Regia:
Cast:
Genere:

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