Recensione – Piccoli Brividi, nuova serie tv su Disney+

La prima stagione di Piccoli Brividi è stata rilasciata il 13 ottobre 2023, nuova serie tv su Disney+. Segue la recensione del prodotto basato sui racconti letterari di R.L. Stine.
Piccoli Brividi serie tv su Disney+: la recensione

Articolo pubblicato il 24 Dicembre 2023 da Christian D'Avanzo

SCHEDA DEL FILM

Titolo della serie tv: Piccoli Brividi (Goosebumps)
Genere: Horror, Commedia, Fantasy
Anno: 2023
Durata: 10 episodi
Creatori: Rob Letterman e Nicholas Stoller 
Soggetto: I racconti di Robert Lawrence Stine
Cast: Justin Long, Zach Morris, Isa Briones, Miles McKenna, Ana Yi Puig, Will Price, Rachael Harris
Paese di produzione: USA

Basata sui racconti scritti da R.L. Stine, la nuova serie tv di Piccoli Brividi targata Disney+ è stata rilasciata il 13 ottobre 2023, ma con una scelta distributiva particolare, in quanto sono stati pubblicati i primi 5 episodi nello stesso giorno per poi proseguire a cadenza settimanale. Infatti, la serie ideata da Rob Letterman, Nicholas Stoller, con Zack Morris e Isa Briones, si è conclusa ufficialmente il 17 novembre dello stesso anno. Seguono la trama e la recensione della prima stagione di Piccoli Brividi, disponibile su Disney+.

La trama di Piccoli Brividi, la nuova serie tv in streaming su Disney+

Segue la trama di Piccoli Brividi, la nuova serie tv in streaming su Disney+:

 

“Le vicende di cinque liceali nella cittadina di Port Lawrence si intrecciano perché scoprono oscuri segreti legati alla tragica morte di un adolescente di nome Harold Biddle, avvenuta trent’anni prima. Dopo aver dato una festa di Halloween nella vecchia casa di Biddle, i cinque – Isaiah (Zack Morris, EastEnders), star della squadra di football della Port Lawrence High School; Margot (Isa Briones, Star Trek: Picard), amica e vicina di casa di Isaiah; James (Miles McKenna, Guilty Party), il migliore amico di Isaiah che proviene da una delle famiglie più ricche della città; Isabella (Ana Yi Puig, Bull), una ragazza impopolare che sfoga le sue frustrazioni trollando; e Lucas (Will Price, The Equalizer), un ragazzo al quale piacciono i videogiochi estremi – si ritrovano in una nuova realtà stregata e dovranno unire le forze per salvare Port Lawrence, facendo nel frattempo nuove scoperte su se stessi e sui propri genitori.”

La recensione di Piccoli Brividi, nuova serie tv Disney+

La recensione di Piccoli Brividi: la nuova serie tv su Disney+

Prendendo in riferimento la prima serie tv statunitense di Piccoli Brividi, andata in onda dal 1995 al 1998, il nuovo prodotto tarato Disney+ fa parecchio riflettere da un punto di vista prettamente strutturale. Si tratta, in questo caso, di una serie orizzontale dove i protagonisti della vicenda sono gli stessi per tutti i 10 episodi della prima stagione, inserendo gradualmente degli elementi o dei villain provenienti dalla matrice letteraria. Non se ne comprende la finalità, poiché il bello dei racconti scritti da R.L. Stine è la possibilità di usufruire di storie verticali perfettamente autonome, con alcuni eventuali rimandi, ma nulla di circoscritto alla visione d’insieme. Ciò che invece si propone con la nuova serie tv su Disney+, è un capitolo prolungato che ha l’obiettivo di appassionare gli spettatori, fan o meno dei libri, inserendo elementi tipici della soap opera con un taglio decisamente teen. Il problema di una premessa del genere è la sua pretestuosità, perché effettivamente non c’era la necessità di utilizzare il marchio di Piccoli Brividi per raccontare quanto è stato ideato. Infatti, si arriva a tradire lo spirito degli amati racconti horror in virtù di una elaborazione pop piuttosto futile e davvero poco brillante, con dei meccanismi invecchiati persino agli occhi della fetta di audience più giovane.

 

Nei primi 5 episodi rilasciati sulla piattaforma streaming di Disney+, la presentazione dei personaggi risulta anche funzionale per certi versi, e l’idea delle paure che prendono forma a seconda della personalità dei ragazzi protagonisti, è portata avanti sin dal romanzo It di Stephen King. Questo non significa necessariamente che si parta in svantaggio, perché la messa in scena può dare sempre nuovo brio agli archetipi della narrazione. Tuttavia i primi episodi, pur tra uno sbadiglio e l’altro, riescono quanto meno a far comprendere le rispettive sottotrame legate ai personaggi, nonché i traumi e punti deboli presi d’assalto dalle forze del Male. L’alchimia tra loro è tipica dell’epoca moderna, ovvero si procede con intrecci sentimentali (anche tra gli adulti) e si lascia spazio all’introspezione. Talvolta il fattore horror viene sacrificato proprio per offrire maggior spicco alla psicologia dei giovani protagonisti, e non solo; persino il professor Bratt ha un approfondimento tutto per sé verso la fine della prima stagione di Piccoli Brividi. I continui salti temporali avrebbero teoricamente la finalità di spaziare tra un’epoca e l’altra, scavando nell’intimità della vita dei ragazzi e dei loro genitori, ma anche nelle malvage convinzioni di Harold Biddle. Ma il sopracitato meccanismo serve a generare molteplici lungaggini, senza lasciare il segno.

 

E in fin dei conti, la pecca più evidente del reboot seriale di Piccoli Brividi è la sua volontà di adattare la tradizione alla contemporaneità, con citazioni alla cultura popolare (prodotti ed eventi) e una miscela poco esplosiva tra l’atmosfera teen e quella dark. Il motivo è presto detto: c’è uno squilibrio francamente preoccupante nel tono adottato alle varie scene. A tal proposito, ci sono scene che vorrebbero scaturire delle emozioni negli spettatori, toccando magari dei nervi scoperti e inducendo così alla commozione, ma la rapidità con la quale avviene il tutto è soltanto spiazzante. Non bisogna nascondersi dietro l’etichetta di prodotto per ragazzi, perché nel cinema e nella serialità ci sono numerosi esempi di film o serie ben più maturi, meglio elaborati e maggiormente fantasiosi. La gestione dell’horror si va a sgretolare progressivamente di episodi in episodio, cominciando con circa 3 puntate su 5 più o meno riuscite nell’intento di intrigare circa gli eventi passati legati al presente della narrazione. Peccato che nella seconda metà si provi in tutti i modi a stupire, non avendone però la giusta verve, tanto meno le idee

La prima stagione di Piccoli Brividi e i suoi problemi di tono

Per di più, proprio per sottolineare le difficoltà espresse nella conduzione del tono, in certe occasioni la comicità risulta inutilmente volgare, o in alternativa squallida; la demenzialità è un’altra cosa, ma non è presente nelle pessime battute presenti in Piccoli Brividi. Ma non ci sono solo svarioni da questo punto di vista, bensì altri relativi agli sviluppi di trama, i quali sono fastidiosamente repentini e quasi obbligati in virtù di un colpo di scena raffazzonato, autocelebrativo e pressapochista. Che Slappy sia presente nella serie tv non è un segreto, ma i risvolti che lo riguardano – evitando di cadere nello SPOILER –  sono ridondanti, sopra le righe e decisamente non all’altezza di quanto si poteva proporre in origine. Incredibile ma vero, R.L. Stine ha scritto numerosi racconti di Piccoli Brividi, e non c’era questa spasmodica urgenza di ricondurre il tutto al solito Slappy, antagonista principale dei precedenti due film al cinema.

 

Riprendendo nuovamente il filo conduttore di ciò che si è visto in sala, anche nella trasposizione seriale c’è un’incarnazione dello scrittore dei racconti, e si preme sul solito paragone tra lui e Stephen King. Ma, ci si ripete ancora una volta che si tratta di elementi talmente fuori contesto da generare forte imbarazzo. L’introduzione degli aspetti metacinematografici è improvvisata, un fulmine a ciel sereno che dura poco per poi tornare sui propri passi, destabilizzando ancor di più. L’incapacità degli ideatori della serie tv su Disney+ sta proprio nella formazione di un “mappazzone” venuto fuori in soli 10 episodi, mescolando toni, elementi, colpi di scena, risvolti di trama e sottotrame che fanno fatica a trovare una posizione nel quadro generale, risultando praticamente autonomi e non amalgamati. Il presupposto imperdonabile presente nella serie, è il suo voler appagare inizialmente i fan con ingredienti dell’orrore provenienti dai racconti di R.L. Stine, per poi dimenticarsi di avere come titolo Piccoli Brividi allo scopo di costruire una sorta di fan fiction attorno a Slappy, escludendo il resto del microcosmo ideato dal noto scrittore.

Voto:
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PRO