Articolo pubblicato il 20 Febbraio 2025 da Giovanni Urgnani
SCHEDA DEL FILM
Titolo del film: Bottoms
Genere: Commedia
Anno: 2022
Durata: 93 minuti
Regia: Emma Seligman
Sceneggiatura: Emma Seligman, Rachel Sennott
Cast: Rachel Sennott, Ayo Edebiri, Havana Rose Liu, Kaya Gerber, Nicholas Galitzine, Marshawn Lynch
Fotografia: Maria Rusche
Montaggio: Hanna Park
Colonna Sonora: Charli XCX, Leo Birenberg
Paese di produzione: Stati Uniti d’America
Bottoms è il nuovo film di Emma Seligman che, dopo il successo di Shiva Baby, torna dietro la macchina da presa in un nuovo film; scritto con Rachel Sennott, che recita anche nei panni della protagonista insieme ad Ayo Edebiri (The Bear), la teen comedy con tinte queer compie un passo importante verso il ribaltamento del genere da cui muove i suoi passi. Di seguito, la trama e la recensione del film in streaming su Amazon Prime Video.
La trama di Bottoms, diretto da Emma Seligman con Rachel Sennott e Ayo Edebiri
Prima di procedere con la recensione di Bottoms, vale la pena considerare innanzitutto la trama del film diretto da Emma Seligman. Si tratta della seguente:
Irriverente e spregiudicata commedia queer, Bottoms scavalca preconcetti e pregiudizi per raccontare di due amiche lesbiche, PJ e Josie, tremendamente impopolari ed emarginate durante il loro ultimo anno di liceo. Per provare a perdere la verginità con due cheerldeer di cui sono invaghite – e vendicarsi degli ottusi giocatori di football che le hanno bulizzate per anni -, PJ e Josie decidono quindi difondare un fight club al femminile, in cui insegnare autodifesa. Il piano, nonostante l’incredulità iniziale delle due protagoniste, funziona immediatamente e il fight club diventa luogo di ritrovo per le ragazze più popolari, mettendo in enorme difficoltà PJ e Josie, decise e non far trapelare le proprie intenzioni iniziali.

La recensione Bottoms: il film di Emma Seligman pronto a cambiare la teen comedy
Volevamo realizzare un film che avremmo voluto vedere da giovani: è questo, in sintesi, il pensiero che Emma Seligman ha espresso nell’ambito della presentazione di Bottoms, un film che ha saputo destablizzare l’estabilishement del Sundance e che, da quel momento in poi, è diventato un vero e proprio caso mediatico negli Stati Uniti. Dopo aver ottenuto un grandissimo successo nei circuiti indipendenti con Shiva Baby, un racconto claustrofobico di 75 minuti in cui la protagonista (interpretata da Rachel Sennott) si confronta con il mondo ipocrita di uno shiva, Emma Seligman alza la posta in gioco confrontandosi con la teen comedy e attingendo, a piene mani, da una tradizione particolarmente ricca di commedie che hanno sfruttato i medesimi stilemi. A partire dalla trattazione del tema queer, in Bottoms si compie un percorso di climax costante, che permette ad Emma Seligman di giungere (nuovamente) verso l’horror, addirittura aumentando il senso della violenza e della caparbietà. In Shiva Baby ci si era affidati ad una fotografia che si proponeva in forma di immagini distorte e saturate mentre, in Bottoms, è il sangue la componente principale di quella crudeltà che riesce, addirittura, a diventare splatter.
Il riferimento, neanche troppo celato, è Fight Club di David Fincher, la cui estetica viene ripresa dal volto incerottato e tumefatto di Rachel Sennott che, così come Edward Norton, mostra i suoi lividi a dimostrazione di un percorso di crescita che – finalmente – sta avvenendo in un “momento molto strano della sua vita”. Ribaltando lo stilema estetico e rappresentativo tipico della società da cui muove i suoi passi, Bottoms mostra gli uomini della scuola alla stregua di minions che si muovono costantemente con le loro tute da football, l’unica vocazione a cui possano davvero far fede: la drammatizzazione di un piccolo incidente da parte di uno di questi diventa il pretesto per creare un club di lotta, che diventa anche un luogo in cui il femminismo vive attraverso la voglia di riscatto e la pulsione sessuale, la medesima che non conosce freno e che si allontana da quella “zona grigia” di cui la protagonista fa menzione. La realtà in Bottoms è costantemente ridicolizzata, in virtù di quel crollo dell’istituzione che si presta al comico ma che mostra, allo stesso tempo, la distanza sempre più netta tra la persona e la società in cui quest’ultima è inserita: la scuola, che nella teen comedy è il luogo della realizzazione-con-lieto-fine dei personaggi mostrati, diventa in questo film il teatro parossistico dell’egocentrismo maschile, dominato com’è dalla riverenza per il maschio e per l’atteggiamento passivo nei confronti di quella classe che si autoincensa come dominante. Bottoms, allora, acquisisce il triplo significato che permette, ad Emma Seligman, di giocare ancora una volta con le parole: è il “fondo” da cui le ragazze gay, senza talento e brutte devono rialzarsi; ma è anche – nell’accezione queer – l’atteggiamento passivo nell’ambito del rapporto sessuale e, per translazione, il medesimo che si offre a quella micro-società rappresentata.
Con una scrittura intelligentissima, che vede Emma Seligman e Rachel Sennott collaborare, si sfruttano e ribaltano alcuni degli elementi strutturali tipici della commedia liceale americana, compiendo sì delle scelte tendenti al mainstream (come il litigio delle due amiche o il topos della narrazione che ruota intorno al sentimento), ma sovvertendone altri e affidando, al Mr. G di Marshawn Lynch, un irreale potenziale comico che definisce una delle scene più incredibili di tutto il film, in cui quello che dovrebbe essere il rimprovero del professore alle sue studentesse – con conseguente riclassificazione dei ruoli – si trasforma nel delirio fanatico e maschilista di un uomo colto nella sua estraniazione sociale. Bottoms è, però, anche un film molto ben reso dal momento di vista registico, con i suoi movimenti di macchina esagerati, con raccordi impazziti e con quei frequenti zoom che stuzzicano l’occhio dello spettatore. Si giunge, con una violenza inaudita che passa attraverso le parole e i gesti, verso il finale perfetto del film che – concedendosi l’happy ending che sembrerebbe smorzare il tono della pellicola – affida alla violenza e allo splatter ogni corpo. Emma Seligman conosce perfettamente il mondo giovanile e sa rappresentarlo in ogni suo elemento, a partire dalla scelta della colonna sonora (che si arricchisce anche di una canzone di Avril Lavigne) fino alla costante ambiguità dell’ananas, per cui “dovremmo renderci conto che si tratta di un qualcosa che ha a che fare con lo sperma”. Più di ogni altro elemento, però, è la tensione sessuale ad essere viva in un racconto che sa, finalmente, sfruttare a pieno il potenziale del post-moderno e dare profondità alla teen comedy, ribaltandone gli aspetti e creando un genere del tutto nuovo.
Bottoms: Mischief, Mayhem, Soap
Il 2023 è un anno in cui il femminismo sul grande e sul piccolo schermo ha ricevuto un trattamento costante, non sempre con risultati che abbiano saputo davvero porsi a rappresentanza del soggetto raccontato. Non c’è dubbio che il prodotto che era particolarmente atteso, specie per l’importanza socio-culturale che gli era stato attribuito, fosse Barbie, con la regia di Greta Gerwig e l’idea che – su tale base – potesse ergersi un racconto in grado di portare l’ideale femminista al cinema. Fare i conti con la macchina mediatica è, però, uno sforzo che non sempre ci si può assumere, specie in situazioni di compromesso che smorzano il tono di quel costante conflitto sociale che si configura, nell’arte così come nella quotidianità della donna, in vera e propria lotta di classe. L’arte è politica, che lo si voglia o meno, dunque ogni scelta prevede inevitabilmente una rinuncia e ad ogni rinuncia consegue, per effetto di tale processo, un atteggiamento fazioso. Bottoms riesce là dove Barbie, così come tanti altri tentativi di raccontare la verità, fallisce, paradossalmente compiendo uno sforzo altro, che si ritrova nella violenza estrema, nella crudeltà di una scelta estetica e rappresentativa, nella rappresentazione di quella frattura enorme, e insanabile, che si ritrova all’interno della società patriarcale.
Un mondo di sterili e di idioti, di corpi grotteschi che si autofagocitano, di egocentrici onanisti: il microcosmo di Bottoms è una piccola culla di (anti)civiltà, una miniatura della società maschile che si rende ridicola semplicemente esistendo; con un lavoro certosino che riporta Fight Club (e non solo il fight club) – con la sua rottura degli schemi, il suo essere dissacrante e il suo manifesto di post-modernismo – al suo nuovo anno zero, il film di Emma Seligman conferma e ribadisce un tema che la comunicazione nostrana tenta, giorno dopo giorno, di negare, temendo la caduta di quel falso ideale a cui l’essere umano è giunto a seguito di millenni di storia verticale: non c’è nessuna attenuante, nessuna verità da smorzare e nessun estremismo a cui porre un freno, di fronte alla complessa e inesorabile verità di una società corrotta fin nelle sue viscere.