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I migliori film horror del 2023

Sebbene non sia stato un anno particolarmente soddisfacente per il cinema dell’orrore, gli appassionati del genere possono comunque rifarsi gli occhi con titoli estremamente convincenti ed altri che, forse, meriterebbero una seconda occasione.
Terrifier 2 tra i migliori film horror del 2023

Una volta passati in rassegna dei peggiori titoli di questo 2023 che sta per concludersi, non rimane che rifarsi gli occhi con i film che, invece, hanno saputo conquistare gli appassionati del genere e non solo, con i migliori film horror usciti quest’anno tra sala e streaming.

Quali sono i migliori film horror del 2023?

Nonostante, infatti, il 2023 sia stato un anno prevalentemente povero per il genere horror – in termini quantitativi e qualitativi – questo non toglie che, alcuni dei titoli usciti in sala ed in piattaforma, non abbiamo saputo convincere lo spettatore sotto diversi punti di vista. Da premiare infatti l’intraprendenza e la tecnica di alcuni registi, molti anche emergenti, che sono riusciti a portare a casa titoli dal grande impatto, nonostante diversi di questi possano non essere accomodanti con il generale gusto del pubblico. Da Hollywood ad Oriente, passando per l’Italia, da visioni raggelanti a quelle sicuramente più ironiche e ricche di fascino oltre il genere, anche il 2023 ha saputo tirar fuori i migliori film horror dell’anno.

10) L’Esorcista del Papa (Julius Avery)

In molti strizzeranno sicuramente il naso nel leggere l’ultimo film di Julius Avery tra i migliori dell’anno, dato il suo tiepido accoglimento (per rimanere molto larghi e positivi) di critica e pubblico. L’inserimento, tuttavia, è dovuto principalmente da due fattori: in primo luogo, si ricorda come effettivamente i titoli usciti quest’anno siano forse troppo pochi da salvare; in secondo luogo perché, a conti fatti, il film non è affatto da buttare, specialmente se accolto con la sua giusta ottica. Quest’ultima è sicuramente quella di una visione ricca di ironia ma che, intelligentemente, viene accompagnata da sequenze più tese, le quali non vengono tuttavia intaccate da questo tono umoristico così come accadde già nel precedente Overlord dello stesso Avery.

Il personaggio interpretato da Russell Crowe (interpretazione tra le migliori dell’attore neozelandese da tanti anni insieme a The Nice Guys) è un “giocherellone”, fa battute e si sposta in maniera divertita per l’Europa, in piena sintonia con quello che sarebbe l’effettiva personalità del rinomato esorcista Padre Amorth. Durante l’azione, tuttavia, non scade nel grottesco, presentandosi come guerriero della fede dedito a sconfiggere il Male, orgoglioso ma consapevole della propria fragilità. Oltre infatti ad una regia funzionale di Avery in una messa in scena particolarmente cupa e a lume di candela, senza chissà quali estrose pretese L’Esorcista del Papa riesce anche a costruire un personaggio stratificato, tornando alla Seconda Guerra Mondiale come origine del Male, e regalando dichiaratamente un’avventura action in chiave horror che si avvicina maggiormente alle trame archeologiche di Indiana Jones e Il Codice Da Vinci. Un film non esente sicuramente da molti difetti, ma che continua a risentire di una “narrazione” che forse non merita. Divertente ed inquietante.

9) Hellraiser (David Bruckner)

Se il film di Avery tenderebbe comunque a prendere ampie distanze dal filone cinematografico dei vari esorcismi – se non omaggiando in alcuni punti il capolavoro di Friedkin – il terzo film diretto da David Bruckner si avvicina, inevitabilmente, al grande classico da cui riprende direttamente il nome in questa operazione di reboot decisamente riuscita. Lo scopo di questa operazione, in sé prevalentemente (se non esclusivamente) “commerciale”, sarebbe proprio quello di riprendere grandi classici del passato (alla fine sono passati quasi 40 anni) per modernizzarli ai tempi d’oggi, senza snaturare la chiave artistica che ha reso grandi questi titoli.

Eccezion fatta per qualche scivolone narrativo di troppo in sede di sceneggiatura – soprattutto nel tentativo infatti di modernizzare e rivisitare il racconto, comunque andando a segno – questo capitolo della saga di Hellraiser riesce egregiamente a rimanere incatenato alle infernali atmosfere e alle tematiche sviscerate da Clive Barker sulla saga dei Cenobiti, proponendo anche derive sul tema della (tossico)dipendenza. Attraverso anche un gran lavoro sugli effetti speciali, la buona regia di Bruckner riesce ad inquietare nel giusto livello di tensione ed a concedere l’orrore nei momenti gore, con un’azzeccata ricostruzione foto-scenografica del fantasy-horror e personaggi abbastanza convincenti.
Intelligente operazione commerciale.

8) Terrifier 2 (Damien Leone)

Poco da dire invece sul nuovo capitolo della saga di Art il Clown firmato Damien Leone. Con una produzione che si poggia addirittura sul crowdfunding, Terrifier 2 non bada magicamente a spese per realizzare un film che, sì, riprende l’operazione di macelleria del suo protagonista attuata nel 2016, ma prova ad arricchirla sotto praticamente tutti i punti di vista. La trama (senza raggiungere chissà quali picchi) è decisamente più elaborata, la visione è più onirica e surreale, con secchiate di sangue a condire omicidi sempre più originali e che potrebbero, facilmente, fare il gioco degli amanti del genere, spingendo molto anche su elementi che potrebbero disturbare non poco quelli poco avvezzi.
Art il Clown è tornato ed è più letale di prima.

7) Nessuno ti salverà (Brian Duffield)

Arrivato a fari spenti sulla piattaforma di Disney+, il secondo film scritto e diretto da Brian Duffield ha saputo raccogliere in poco tempo un ampio consenso, anche da nomi del calibro di Stephen King e Guillermo Del Toro. Questo perché Nessuno ti salverà si presenta sì come horror fantascientifico con annessa invasione aliena, ma il suo modus operandi lo differenzia egregiamente dalla massa. Ci si sta riferendo, infatti, ad un film che non ha nessuna linea di dialogo, ad eccezione di un singolo cruciale momento nella sua visione.

Una scelta questa particolare ed a suo modo coraggiosa, ma non fine a sé stessa, dato che il mutismo selettivo si legherebbe anche funzionalmente alla trama di un film che comunque, dovendo per forza parlare per immagini, lo fa egregiamente. Questo non solo grazie ad un altissimo livello negli effetti speciali ma, anche e soprattutto, per la bravura del regista nel costruire un ottimo livello di tensione, senza considerare la difficile prova della sola protagonista Kaitlyn Dever portata molto bene a casa.
Silenzioso ed alieno.

6) Home Education (Andrea Niada)

Unico titolo italiano in lista, il primo film scritto e diretto da Andrea Niada si è rivelato una vera e propria sorpresa, per un folk horror fortemente suggestivo dal respiro internazionale. Home Education – Le regole del Male è un bucolico film dell’orrore che vive di tensione grazie ai suoi guizzi registici e alle scelte in sede di sceneggiatura, che intavola intelligentemente anche una tematica familiare e naturalistica drammaticamente viscerale, con il tutto messo in scena attraverso una realizzazione tecnica di alto livello. Ottime le interpretazioni delle attrici protagoniste, che intrecciano un convincente rapporto conflittuale tra madre e figlia, con un finale ad effetto che può “confermare o ribaltare il risultato”. Il cinema che meritiamo e di cui abbiamo bisogno.

5) Sorella morte (Paco Plaza)

Il regista spagnolo Paco Plaza è sicuramente avvezzo al genere horror, soprattutto ripensando allo splendido Rec del 2007 ed ora, a 2 anni di distanza dal precedente La abuela, torna dietro la macchina da presa con sostanzialmente questo prequel del film del 2017 Veronica. Il 15° lungometraggio del regista, Sorella Morte, che si mostra come una viscerale ghost-story ambientata nel periodo della guerra civile, dove il marcio del mondo politico continua ad inquinare una terra utopicamente alla ricerca della salvezza della propria anima.

Impostando gran parte della sceneggiatura anche sul sospirato conflitto spirituale interiore della protagonista (interpretata con devozione da Aria Bedmar), questo horror dell’anima diretto da Plaza gode di un’austera messa in scena dalle ottime geometrie, una semplice ma efficace costruzione dell’immagine dalla ricercata fotografia ed un climax in lenta crescita per il lato del terrore, il quale viene spinto anche da un sonoro decisivo. Il mormorio di un elegante lamento.

4) Pearl (Ti West)

Ambientato 60 anni prima “X: A sexy horror story“, il nono film prodotto, scritto, diretto e montato da Ti West segna la Origin Story del personaggio che dà nome al titolo del film, attraverso la favola di questa ballata macabra che si ciba di cinema (soprattutto per un parallelismo affascinante con Il mago di Oz di Victor Fleming, ma inevitabilmente anche il filone slasher legato a Non aprite quella porta, proprio il precedente film) per raccontare la gabbia del cambio generazionale.

Ottima la messa in scena di West che sfrutta appieno un comparto tecnico di altissimo valore e con un gran lavoro in sede di realizzazione di un prequel che, cambiando comunque quasi totalmente le carte in tavola (soprattutto estetiche), riesce a rimanere fedele tanto nello stile quanto nelle tematiche del suo soggetto di appartenenza. A dare piena vitalità a Pearl è poi il luciferino personaggio creato su misura per Mia Goth che, oltre a rubare perennemente la scena con una forte interpretazione, si vede anche in co-sceneggiatura, per una scrittura convincente ed efficace. Over the bloody rainbow.

3) Piscina Infinita (Brendan Cronenberg)

Sul terzo gradino del podio anche il terzo lungometraggio scritto e diretto da Brendan Cronenberg, figlio del già celebre padre David, è un’altra opera horror-scifi che, proprio come i precedenti Antiviral e Possessor, va dritto per la sua strada colpendo notevolmente il suo bersaglio. Eticamente scomodo e feroce nel suo approccio psicoanalitico, Piscina Infinita si addentra in un limbo infernale dove, in un metaforico e lussuoso resort pronto a togliere la sua maschera, uomini e donne tanto inetti quanto ricchi danno sfogo ad un teatro dell’assurdo.

Uno sconsolante tema sul doppelganger e la morte/rinascita artistica che viene riversata in una visione onirica ed orgiastica di violenza visiva e psicologica, dove la bella regia del suo autore indirizza i personaggi interpretati da un cast di livello, nel quale spuntano su tutti i nomi di Alexander Skarsgård e Mia Goth. Di padre in figlio.

2) Skinamarink (Kyle Edward Ball)

In alto, in questa appassionata classifica, non poteva sicuramente mancare un film che è stato molto etichettato come uno dei “più spaventosi di sempre”. Ovviamente non ci si può lasciar trarre in inganno dalle subdole strategie di marketing, anche ripensando a titoli a dir poco deludenti etichettati allo stesso modo, ma l’opera prima di Kyle Edward Ball resta sicuramente di grande fascino ed interesse. Con Skinamarink ci si trova dinnanzi ad un’operazione “sperimentale”, che ammiccherebbe all’esperienza visiva di Eraserhead di David Lynch o di un Begotten di E. Elias Merhige, con una messa in scena sporca e distorta, poche (se non inesistenti) linee di dialogo ed una narrazione che, a prima facie, sembrerebbe inesistente.

Richiedendo una certa “sensibilità” allo spettatore, una volta però immersi nell’atmosfera voluta dal regista il film lascia inevitabilmente un’esperienza agghiacciante e claustrofobica, che si pregna della paura forse più comune e forte: quella del buio. Tuttavia, oltre la fastidiosa messa in scena (nel senso qui positivo e funzionale del termine), il film presenta anche un velato sviluppo narrativo audace e stratificato. Skinamarink rappresenta così una di quelle opere forse unica nel suo genere, che non può essere il migliore dell’anno giusto per l’inamovibile consapevolezza della sua sperimentazione che potrebbe risultare a dir poco divisiva. Distorto e fastidioso…bellissimo!

1) Talk to me (Danny Philippou e Michael Philippou)

Il miglior film horror di quest’anno, invece, resta su binari sicuramente più “classici” rispetto a quelli dell’opera precedente, rappresentando forse l’unica unanimità (di questo genere) per il 2023, appunto la più importante. Il debutto cinematografico per i fratelli australiani Danny e Michael Philippou (noti con lo pseudonimo RackaRacka) con Talk to me è a dir poco folgorante, elogiato anche da colleghi illustri come Peter Jackson, Steven Spielberg, Ari Aster, Geroge Miller e Jordan Peele.

Attraverso un comparto tecnico strabiliante (basta rimanere a bocca aperta già dal piano sequenza iniziale) ed un’intelligente sceneggiatura, la coppia di registi realizza un’opera che sfrutta la possessione demoniaca quale metafora dalla dipendenza dalle droghe la quale, tuttavia, risulterebbe solo un satellite attorno al quale orbiterebbero un sofferto coming-of-age, elaborazione del lutto, paure, ansie e varie problematiche dell’adolescenza, come sessualità, solitudine, necessità di apparire per non sparire. Un ottimo film da tutti i punti di vista, che mette solo tanta curiosità sul prossimo progetto del duo proveniente dall’Australia. Buona la prima, anzi, decisamente ottima!